Pokémon

Blast from the Past – V mensile: Pokémon Genesi

Quando si parla di Pokémon si fa ormai riferimento a un fenomeno che travalica i confini culturali, generazionali e creativi. Come dichiarato da The Pokémon Company a marzo 2024, il brand nipponico per eccellenza targato Nintendo ad oggi ha venduto più di 480 milioni di videogiochi, distribuito le sue serie televisive in oltre 190 paesi e prodotto più di 52,9 miliardi di carte da collezione. Nel 2023 lo ritroviamo inoltre al quinto posto nella classifica delle vendite globali, come indicato nel report di License Global, con un fatturato complessivo di 11,6 miliardi di dollari. 

A quasi trent’anni dalla sua creazione, anniversario che si celebrerà nel 2026, noi di V ci siamo però chiesti come sia avvenuta la sua genesi e quali siano stati gli elementi che hanno portato Satoshi Tajiri, celebre creatore di Pokémon e oggi CEO di Game Freak, all’ideazione di questo universo.

Abbiamo infatti ripercorso la sua storia in qualità di autore, analizzando i particolari che hanno caratterizzato la sua infanzia e il suo inserimento nel settore videoludico, e lo abbiamo fatto indagando sul suo modo di pensare e sulla sua psicologia con l’aiuto di Susanna Bonanni, Psicologa e Psicodiagnosta che ci ha accompagnato nella nostra indagine.

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Da sinistra a destra: Koji Nishino, Tetsuya Watanabe, Shigeki Morimoto, Takenori Oota, Satoshi Tajiri, Junichi Masuda, Ken Sugimori, Motofumi Fujiwara, Atsuko Nishida

Le origini del fenomeno Pokémon

Per addentrarci nella mente di Satoshi Tajiri siamo partiti dalle origini: nato a Machida, Tokyo nel 1965, la sua infanzia è caratterizzata da un’attrazione particolare verso il mondo degli insetti e degli anfibi, portandolo a collezionarli in modo ossessivo, come lui stesso ha affermato in un’intervista del 2004 per la serie TV giapponese Game Center CX. 

Ha sempre raccontato come questa passione, risalente alla sua infanzia, fosse stata una delle componenti centrali per la creazione dei Pokémon, il cui primo titolo venne pubblicato in Giappone 1996 nelle versioni Pocket Monsters Rosso e Pocket Monsters Verde, arrivate poi in Occidente solo nel 1998 con il nome di Pokémon Versione Rossa e Pokémon Versione Blu.

I riferimenti all’infanzia di Tajiri, nonché alla cultura giapponese e alla società a livello globale, sono innumerevoli all’interno dell’universo Pokémon. In questo caso, un riferimento diretto alla sua passione per gli insetti si denota nella Categoria Allenatore Pigliamosche, che il giocatore incontra lungo il percorso, introdotta nella prima generazione. Un Pigliamosche nella Torre Lotta di Johto si chiama tra l’altro Tajiri, omaggio allo stesso Satoshi.

Qualche mese prima dell’uscita della Versione Rossa e Verde in Giappone, il fondatore di Game Freak scrisse un libro, pubblicato da Enix nel Dicembre del 1995, dal titolo New Game Design

La maggior parte del volume si incentrava sulla prospettiva dell’autore su giochi di Nintendo come Super Mario Bros e The Legend of Zelda, e alcuni giochi pubblicati dalla stessa Game Freak. Su 160 pagine solo quattro vennero dedicate ai Pokémon (156-159), sebbene la copertina fosse caratterizzata da 45 beta sprites di personaggi, luoghi ed evoluzioni.

In quelle quattro pagine sono però contenuti approfondimenti centrali per cui si deduce che l’entomologia non è stata di certo l’unico elemento che ha portato alla creazione della saga più celebre di Game Freak, nata in realtà da connubio di diversi fattori.

All’epoca, il Link Cable del Game Boy veniva principalmente utilizzato per competere con altri giocatori. Tuttavia, la visione di Tajiri sul funzionamento di questo collegamento era ispirata ai kaijū eiga (“film con mostri giganti”) che guardava da bambino. Immaginava infatti uno scambio di informazioni simile a un radar che rileva segnali, come ha affermato lui stesso in un’intervista, ad esempio “annunciando l’apparizione di un kaiju nella Baia di Tokyo”. Il Link Cable, però, nella maggior parte dei giochi dell’epoca, tra cui Tetris, serviva solo a mostrare lo schermo dell’avversario, una funzionalità aggiunta per motivi commerciali. 

Il secondo fattore che portò alla nascita dei Pokémon è senza dubbio la visione di Tajiri, che desiderava colmare il divario tra l’idea dell’utilizzo della connessione che aveva in mente e le capacità effettive del Link Cable.

A tutto ciò poi ha associato la passione per il collezionismo. Tajiri ha affermato infatti che, quando spiegò l’idea del gioco al suo socio Ken Sugimori (autore della maggior parte delle illustrazioni della saga), la paragonò allo scambio delle carte Menko, suo hobby da bambino, combinato con i kaiju. La possibilità di poter scambiare i propri Pokémon, dopo averli catturati o allevati facendo sviluppare loro abilità specifiche, è considerato da Tajiri tra i punti di forza del game design: qualità come forza, abilità, capacità di evolversi sono desiderabili e comprensibili da chiunque. Scambiando esemplari poi si può capire come vengono allenati dalle altre persone, anche lo stesso Pokémon, perché allenato in modo diverso. 

Tra le influenze videoludiche che contribuirono a questa intuizione, vi è inoltre Dragon Quest II, titolo che giocò la sua parte nell’ideazione dello scambio di Pokémon. Tajiri cita spesso infatti il Mad Cap, oggetto che riduce il consumo di MP di due terzi quando si usa la magia, sostenendo di non essere mai riuscito a ottenerne uno, al contrario del suo amico che ne aveva ottenuti ben due. Il Mad Cap veniva rilasciato da pochi mostri e con un tasso di rilascio incredibilmente basso, queste componenti diedero a Tajiri l’idea per la meccanica di scambio di Pokémon che offre una soluzione a questo tipo di situazioni.

Un’allusione interessante che Tajiri fa in un’intervista del 2000, riguarda la “forma della foresta”, che definisce “diversa per ognuno”, parlando della sua idea originale per la prima generazione di Pokémon. L’intervista venne poi pubblicata solo in Giappone nel libro Pokémon Story, ed è la più estensiva mai rilasciata da Tajiri.

Con “la forma della foresta” Tajiri volle trasmettere l’idea di base per cui ogni copia del gioco voleva essere unica. Spiegò infatti che inizialmente il team di Game Freak aveva deciso di assegnare casualmente numeri ID generati automaticamente da 1 a 65.000 a ogni cartuccia di gioco. Con l’ID della cartuccia determinato casualmente, i Pokémon catturati avrebbero portato quell’ID. Le probabilità di scambiare con qualcuno con lo stesso numero ID erano quindi improbabili, rendendo i Pokémon scambiati parte di mondi diversi. L’idea però, parlandone con Miyamoto, sembrava troppo difficile da far capire agli utenti; il grande game designer suggerì quindi a Tajiri che l’unicità dovesse essere trasmessa in modo più immediato, semplicemente guardando la cartuccia. Da lì nacque l’idea di utilizzare i colori: se non si potevano differenziare i numeri ID, si potevano almeno cambiare simbolicamente i colori.

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La strada del game designer 

Ma come si è avvicinato un ragazzo di Machida all’industria videoludica? A quanto pare, per Tajiri tutto è iniziato durante il secondo anno delle scuole medie, momento in cui si registrò un boom di successo per Space Invaders (1978). Tajiri iniziò a giocare regolarmente, diventando appassionato anche di titoli come Space King e Space Fever, e frequentando assiduamente gli arcade di Machida, dove ogni partita costava 100 yen. Il primo contatto da designer e non da fruitore lo ottenne però tramite il contest Game Idea Awards: acquistò un PC-8000 per imparare a programmare e vinse 100.000 yen con un’idea per un gioco chiamato Spring Stranger. Invitato da SEGA alla cerimonia di premiazione, ebbe così il suo primo contatto diretto con il mondo del gaming professionale. Prima di diventare a tutti gli effetti un designer professionista e pubblicare i primi titoli, però, nel 1982, insieme ad alcuni amici tra cui Ken Sugimori, fondò una rivista chiamata Game Freak, che conteneva principalmente consigli e guide strategiche dedicati ai prodotti dell’epoca, si trattava di una rivista scritta a mano e rilegata con la pinzatrice. Il progetto, in ogni caso, ottenne un buon successo e riuscì a vendere più di 10.000 copie in totale.

Ciò segnò la vera nascita di Game Freak come software house. Il loro primo videogioco ufficiale fu Quinty (Mendel Palace), pubblicato su NES nel 1989.

Intitolato Quinty in Giappone e Mendel Palace in America, il primo gioco completamente sviluppato e pubblicato da Satoshi Tajiri era un puzzle game. Il gioco si basava sul capovolgere tessere che interagivano con i nemici sullo schermo. I giocatori vincevano un round sconfiggendo tutti i nemici o capovolgendo tutte le tessere nel giusto schema.

Satoshi creò il gioco come omaggio ai classici giochi Namco come Pac-Man e Dig Dug. Interessante notare che Mendel Palace presentava una prospettiva dall’alto molto simile a quella che i giochi 2D di Pokémon avrebbero poi utilizzato.

Yoshi è stato invece il primo titolo (puzzle game del 1991 rilasciato sia per Game Boy che per NES) in cui Shigeru Miyamoto e Tsunekazu Ishihara hanno lavorato come produttori, Tajiri come Director e Junichi Masuda come compositore. Un’altro titolo successivo fu Mario & Wario, puzzle game a scorrimento laterale giocato con un mouse, rilasciato esclusivamente per il Super Famicom, mai pubblicato di conseguenza al di fuori del Giappone. Un riferimento a Mario & Yoshi è stato tra l’altro successivamente incluso come easter egg a Zafferanopoli: è il gioco che viene visualizzato sulla TV della stanza di Copycat.

All’interno della saga sono innumerevoli gli easter egg e riferimenti storico-culturali inseriti nei diversi capitoli.

Tra i più celebri nell’ambito della culturalizzazione, per creare interconnessioni con utenti in altre aree geografiche, ritroviamo il riferimento a Stand By Me come film in TV, per cui se il giocatore interagisce con il televisore scopre che “quattro ragazzi passeggiano sui binari di un treno”. Tajiri ha spiegato che è stato un riferimento inserito per aumentare la familiarizzazione del prodotto per i ragazzi americani, aumentando la sensazione positiva che avrebbero potuto provare esplorando l’ambiente di gioco.

L’importanza del Pokédex e l’influenza dei kaiju

Per completare e pubblicare Pokémon Rosso e Verde il team di Game Freak impiegò circa 6 anni, di cui 4 di vera e propria produzione. Nell’intervista per Game Center CX Tajiri racconta come i primi Pokémon del Pokédex nacquero da un brainstorming del team di Game Freak, per cui crearono dei concept del proprio Pocket Monster ideale. In un’intervista al Times, Tajiri ha affermato di dormire circa 12 ore e lavorare per 24: questa routine irregolare lo aiutava a creare idee per il game design.

La creazione del Pokédex è derivata dall’attenzione verso il collezionismo e gli album di carte di Kamen Rider, che custodiva gelosamente nel periodo dell’infanzia. Anche se inserito non come componente iniziale, ma a metà dello sviluppo del concept, il Pokédex ha reso il gioco più completo, diventando un obiettivo principale. Tajiri racconta come un quaderno di Ultra Kaiju che comprò quando era piccolo contribuì a definire le caratteristiche del Pokédex grazie al fatto che, oltre ai dati sui classici kaiju, conteneva un disco che riproduceva i versi di diversi mostri. Per questo anche nel Pokédex tra gli elementi centrali si ritrovano i versi dei Pokémon: Tajiri fece ascoltare il disco degli Ultra Kaiju al loro esperto di suoni, Junichi Masuda, da cui prese ispirazione per i versi di oltre 100 Pokémon.

In sintesi, il Pokédex è una combinazione degli album di carte collezionabili di Kamen Rider e del quaderno Ultra Kaiju con il disco flessibile dei versi riproducibili. Tajiri ha quindi combinato elementi della sua infanzia anche per creare il Pokédex.

L’ispirazione dai kaiju si nota infatti anche dai primi Pokémon mai creati: Rhydon e Lapras, come affermato dal designer storico Ken Sugimori in un’intervista per Nintendo Online Magazine del 2000. Oltre al design che rimanda a creature come Godzilla, l’idea era quella di realizzare creature che vivessero insieme agli umani dando supporto in modo utile. A conferma di ciò, Tajiri ha affermato infatti che il Pokémon secondo lui più adatto per il surf è sicuramente Lapras, sia per la sua conformazione a tartaruga sia per le abilità marine.

Il primo Pokémon “da compagnia” mai creato invece, proprio da Sugimori, fu Clefairy, con l’idea di creare una creatura “carina” che potesse essere simile a un animale domestico.

Il concept interculturale e intergenerazionale di Pokémon 

Lo stesso concetto si applica se si analizzano alcuni Pokémon, che presentano un riferimento culturale o sociale molto elevato o comune. Un esempio può essere Grimer. Tajiri infatti affermò in un’intervista che il suo design voleva rimandare all’inquinamento ambientale che, così come la contaminazione, non sono problemi unici del Giappone. Quando lo spiegò, fece un esempio specifico, raccontando come anche nella sua città natale spesso si ritrovavano i girini e le rane ricoperte di patine melmose.

Porygon è stato invece creato quasi come provocazione. Tajiri racconta che sviluppando giochi per il Game Boy molte persone gli dicevano che avrebbe dovuto iniziare a creare giochi poligonali per le console di nuova generazione, ha quindi deciso di includere questo Pokémon “artificiale” come riferimento a questo “tormento”.

Tra le creature Pokémon sono diversi gli omaggi che riportano invece al folklore giapponese, tra cui Ninetales, ispirato al “kitsune”, una volpe mitologica con poteri soprannaturali. Secondo la leggenda, i kitsune possono avere più code, fino a nove, e acquisiscono maggiore saggezza e poteri man mano che invecchiano. Anche Jynx potrebbe essere ispirato a varie figure del folklore giapponese, tra cui lo “yama-uba” (una strega delle montagne) e lo “yurei” (fantasma). La sua danza e il suo aspetto bizzarro ricordano anche la tradizione degli “yokai”, spiriti e demoni della mitologia giapponese.

Froslass è invece basato sulla “yuki-onna”, uno spirito femminile che appare nelle storie popolari giapponesi. La yuki-onna è spesso descritta come una bellissima donna che vive nelle montagne innevate e può far morire di freddo chiunque incontri. Infine, Nihilego, un Pokémon Ultra Creatura, ha un design che ricorda le “hitodama”, le sfere di fuoco associate agli spiriti dei defunti nella tradizione giapponese. La sua forma eterea e i suoi poteri misteriosi evocano queste apparizioni spettrali.

Questi esempi dimostrano come Tajiri e Sugimori per primi hanno saputo fondere elementi del folklore giapponese con la loro creatività, dando vita a creature uniche che arricchiscono l’universo dei Pokémon e rendono omaggio alle ricche tradizioni culturali del Giappone.

L’universo Pokémon è caratterizzato da sfaccettature culturali, intrinseche a meccaniche di gioco quasi basilari ma comuni a tutte le tipologie di utente, comprensibili dai bambini ma dinamiche per l’evoluzione della consapevolezza dei contenuti artistici e culturali per i giocatori più adulti. La storia di Satoshi Tajiri e la creazione dei Pokémon è un perfetto connubio tra ricordi d’infanzia, creatività e innovazione tecnologica, elementi che si rispecchiano nelle generazioni degli anni ’90 cresciute con questa saga. Tajiri ha trasformato la sua passione per la raccolta di insetti in un fenomeno globale, sfruttando le potenzialità del Game Boy e del Link Cable per promuovere l’interazione sociale tra i giocatori. La sua visione e determinazione hanno lasciato un’impronta duratura nella cultura pop, dimostrando il potere della creatività e della tecnologia nel creare connessioni significative tra le persone di tutto il mondo, che continuano a perpetuarsi grazie alle nuove versioni della saga e eventi a livello mondiale come il Pokémon GO Fest 2024 attualmente in corso.

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