L'Ultima Parola

L’Ultima Parola – V mensile: Another one bites the dust

Il recente annuncio della chiusura di Pieces Interactive, a seguito della mancata affermazione del reboot di Alone in the Dark, mi spinge a condividere con voi una nuova riflessione su quella che ormai è universalmente riconosciuta come la peggiore crisi economica registrata nel settore dal 1983. Onde evitare un equivoco in cui stanno iniziando a cadere in molti, trovo sia giunto in effetti il momento di isolare il concetto cardine dell’intera faccenda e chiarire, una volta per tutte, che detta crisi non interessi il videogioco in sé e per sé. Dati alla mano, è anzi possibile osservare che il mercato inerente al prodotto seguiti infatti a crescere, espandendosi, seppur in maniera disomogenea, ai quattro angoli del globo senza mostrare segni di flessione. In tal senso, è palese che qui non ci si ritrovi pertanto di fronte a un’improvvisa contrazione della domanda rispetto all’offerta come accaduto, ad esempio, per il DVD o il Blu-Ray, bensì ad uno squilibrio del rapporto costi-ricavi verificatosi a livello della sfera produttiva: quel delicatissimo macchinario composto da idee, fondi e dati vendita di cui sviluppatori, produttori e investitori si contendono da sempre i comandi. 

A primo acchito, questo scenario potrebbe apparire meno fosco di quanto non sia in realtà, del resto è facile intuire che se il problema fosse l’appeal esercitato dal videogame sui consumatori i margini di ripresa sarebbero pressoché nulli. Il fatto che a trovarsi in tale difficoltà sia l’intero modello di business dell’industria alle sue spalle, non costituisce tuttavia una prospettiva meno inquietante, a maggior ragione se messo in relazione agli sforzi che quest’ultima sarebbe chiamata sostenere per invertire gli equilibri economici del settore. Ma in cosa consisterebbero, all’atto pratico, questi sforzi? Come avevo anticipato un paio di mesi fa, proprio in questo spazio, allo stato attuale si ha l’impressione che le aziende leader del settore siano rimaste ferme al vaglio di vaghe ipotesi. Tradotto, si naviga a vista: piuttosto che “agire” al fine di innescare un qualsiasi processo di revisione della spesa, ci si limita cioè a “reagire” d’impulso ad ogni allarme intercettato. Ne consegue una spietata strategia di tagli e chiusure che potrà magari arginare l’emorragia sul breve, senza però assicurare in alcun modo la sopravvivenza del paziente. Tutt’altro. Proseguendo su questa strada, è infatti più probabile che gli investitori che contano davvero – e mi riferisco, nel dettaglio, a tutti i fondi privati, a tutte le banche, ai supporti statali e federali da cui le major attingono capitali, ricorrendo sempre più spesso al debito – inizino presto a identificare il videogame come una scommessa troppo rischiosa, o peggio, come un prodotto economicamente tossico da cui tenersi saggiamente alla larga. A quel punto, la crisi dell’industria potrebbe elevarsi a crisi di sistema ed esigere soluzioni tanto radicali da riconfigurare i connotati dell’intero business, con conseguenze imprevedibili non solo sull’appetibilità del medium, ma persino sul suo stesso avvenire… 

Pur con tutto il pessimismo che pervade la mia visione del domani, nessuno dei possibili futuri che riesco a immaginare sull’onda dell’attuale stasi vede il videogame estromesso dai vertici della sfera entertainment, ci mancherebbe. Ciò nonostante, in assenza di strategie commerciali non solo più sostenibili, ma anche più lungimiranti, il pericolo di un brusco ridimensionamento del suo potere mediatico, del giro d’affari che lo circonda e della sua stessa immagine rimane dannatamente concreto.

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Attivamente Impegnato nel settore editoriale dal 2003, ha scritto per le più note riviste videoludiche italiane, concentrandosi spesso nell'area Retrogaming. Dopo aver pubblicato il saggio Storia delle Avventure Grafiche: l’Eredità Sierra, svolge ruolo di docente presso l’Università degli Studi Link Campus di Roma in collaborazione con la Vigamus Academy rivestendo, in parallelo, la carica di Vice Direttore del mensile multipiattaforma V.