Retrogaming: fenomeno boomer o delle nuove generazioni?

Ogni anno, miliardi di dollari di investimenti in sviluppo, distribuzione, marketing, commercializzazione, fiere, eventi, riviste di settore; un’influenza diretta ed indiretta sullo sviluppo tecnologico di hardware e software e, non da ultimo, sulla crescita della realtà virtuale e dell’intelligenza artificiale: stiamo parlando del settore del gaming.


Ma la produzione e la commercializzazione di video giochi sempre nuovi e dalle scenografie sempre più evolute e di consolle sempre più performanti sotto l’aspetto della grafica e della velocità non riescono a frenare il fenomeno del retrogaming.

 

Retrogame, classic game e old school game: tre nomi per lo stesso fenomeno

A voler recuperare personal computer, console e videogiochi degli anni Ottanta e Novanta è ben il 41% dei 2,2 miliardi di appassionati di video giochi di tutto il mondo!

Un retrogamer su cinque ha meno di 18 anni e uno su cinque è over 50; il 40% ha tra 18 e 35 anni, il 18% tra 36 e 49 anni: sono loro che, nell’ultimo ventennio del secolo scorso, scoprivano per la prima volta lo “sparatutto” Soul Force di Sarah Jane Ivory per il Commodore 64, Travel Trough Time per lo ZX Spectrum, Nox Archaist per l’Apple II. Sono loro che, negli stessi anni, appena tornati a casa, aprivano con ansia la confezione di Donkey Kong, Super Mario, Zelda, Space Invaders, Missile Command, Final Fantasy.

Atari 2600,  Nintendo Entertainment System, Sega Mega Drive (la console di maggior successo di casa Sega, con oltre 30 milioni di unità vendute in tutto il mondo), questi e altri sistemi obsoleti, non più in commercio, sono oggi l’oggetto di ricerche spasmodiche da parte di giocatori “preistorici”, appassionati collezionisti di consolle dell’epoca d’oro dei video giochi.

Chi non riesce ad “impossessarsi” dell’hardware necessario rimedia con gli emulatori, software creati per riprodurre l’ambiente operativo necessario a far girare programmi e giochi che non potrebbero girare sui sistemi informatici di oggi. E in questo le software house intervengono periodicamente, proponendo riedizioni di giochi del passato o adattamenti vintage di titoli più attuali. Ma non potrà mai essere la stessa cosa!

Parlando nello specifico del nostro Paese, tra un gioco e l’altro, gli appassionati di videogame italiani decidono di far girare i rulli delle migliori slot online, approfittando di uno dei tanti casino online che pagano subito disponibili per giocatori italiani.

 

Un tuffo nel passato per salvare gli anni Ottanta?

C’è chi lo fa per puro divertimento, per nostalgia o per entrambi i motivi; e, poi, c’è chi lo fa perché quella piattaforma o quel videogioco non vengano persi per sempre, cancellati dall’evoluzione tecnologica e dal sopravvento del digitale: è la cosiddetta preservazione di un prodotto culturale.

Chi si occupa di studio, catalogazione e conservazione dei giochi del passato è l’Archivio Videoludico della Fondazione Cineteca di Bologna, attivo dal 2009. Qui, a dire il vero, ci si lamenta perché non vi sono archivi diffusi sul territorio, i quali consentirebbero ad ognuno di accedere non solo al gioco (inteso come divertimento e come medium), ma anche a tutti i “paratesti” necessari per l’approfondimento e la conoscenza, come libri e riviste.

 

Nostalgia per la fisicità del videogame

Cosa spinge bambini, ragazzi ed adulti a scegliere un retrogame, anziché un videogioco di ultimissima generazione? Di certo, non sono né la storia, che fa da filo conduttore alle avventure dei personaggi (negli anni ’80 gli schemi narrativi erano estremamente semplici, addirittura banali), né tanto meno la grafica.

È, in molti casi, la nostalgia, dettata da riferimenti all’oggetto videogioco: è una sensazione al contempo dolce e amara, per quello che i gamers stessi erano negli anni Ottanta, per il logo che, inserendo la cartuccia nel lettore, appariva sullo schermo, per il suono così diverso da quello dei moderni videogame, per le relazioni affettive che si sviluppavano nei confronti tanto dei personaggi dei giochi, quanto degli amici con cui i videogame erano condivisi.

Poco importa se la grafica non è in 4K e se la velocità è quella, per l’appunto, di “altri tempi”.  I retrogamer, giocando, tornano all’epoca in cui erano bambini, riprovano la stessa fisicità del gioco: l’apertura dalla confezione, l’estrazione della cartuccia o del dischetto e il loro inserimento nel lettore sono sensazioni completamente scomparse, oggi che i giochi sono completamente “immateriali”!

 

Nostalgia per l’immediatezza del videogame

Nella relazione con il gioco, non vi è solo l’aspetto legato alla sua fisicità, ma anche quello dell’immediatezza dell’azione: le istruzioni sono del tutto assenti o quasi; la dinamica e le regole del gioco si scoprono solo giocando o confrontandosi con gli amici (di persona e non sulla chat di WhatsApp).

Oggi, invece, tutorial di decine di minuti, da una parte procrastinano l’inizio del gioco, dall’altro eliminano ogni effetto sorpresa. Insomma, oggi la spinta al “tutto e subito” priva del piacere e della soddisfazione di una scoperta sofferta e progressiva del gioco.

 

Una questione di tempo … a disposizione

Un altro aspetto che distingue il retrogaming dai moderni video giochi è la durata: chi, tra coloro che giocavano negli anni Ottanta, avrebbe oggi il tempo di portare a compimento un titolo che, quando tutto fila liscio, richiede una cinquantina di ore di impegno?

I giochi “del passato” potevano essere conclusi in poche ore, sicuramente in meno di una giornata, e davano, quindi, un senso di completezza difficilmente raggiungibile oggi, a meno di essere giovanissimi studenti durante le vacanze estive!

 

E i più giovani?

Se i motivi per cui i “boomer” decidono di tornare ai giochi della loro infanzia sono chiari, non lo sono altrettanto le ragioni che portano Millenial, Gen Z e Gen Alpha a complicarsi la vita, per confrontarsi con prodotti che da un punto di vista grafico, sonoro e narrativo sono lontani anni luci dal loro mondo.

Una delle ragioni è che oggi i retrogame sono riprodotti su sistemi moderni (grazie agli emulatori, ormai presenti anche su App Store) e sono, quindi, alla portata anche di chi voglia restare fedele al digitale puro, pur desiderando riscoprire i giochi del passato.

Anche quando l’industria del video game si proietta, per così dire, nel passato, lo fa tenendo un piede nel presente: i video giochi ispirati al retrogaming sono più “evoluti” rispetto a quelli del passato, ma, riprendendo le medesime tematiche, offrono esperienze più basilari ed essenziali.

Il mondo – sistema del videogame moderno è determinato da licenze milionarie, comandi sempre più complicati, giochi in rete, connessioni sempre attive, presenza sempre più pressante dell’AI e un modello di business come quello dei video giochi free-to-play, dove dopo aver scaricato gratis il titolo, è necessario comprare gli aggiornamenti per proseguire nei livelli.

Allora, forse, possiamo interpretare il ritorno al retrogaming come un tentativo di ribellione? Almeno fino a quando il business (se già non lo ha fatto) non si infiltrerà anche lì!

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