Doctor Who – Rogue Recensione: cosplayer alieni ottocenteschi!

Doctor Who Modern propone un episodio storico ottocentesco ricco di passione per la musica ed il ballo che cita Bridgerton

Doctor Who – Rogue è il puntualissimo sesto episodio della terza serie pubblicato su Disney+, ormai nuova dimora stabile dell’alieno più fuori di testa del panorama televisivo. Una prima stagione breve che, purtroppo, giunge ormai verso la sua conclusione, pur promettendo un finale esplosivo. Altri soli due episodi ci dividono infatti dalla conclusione, ed il giudizio globale, fino adesso, è senza dubbio positivo, episodi mai banali, interessanti, pieni di spunti di riflessione e variegati nei contenuti. Cosa mancava rispetto alla Serie Classica o anche, senza tornare così indietro nel tempo, anche alla Serie Revival? Si, state pensando tutti la stessa cosa, un delizioso episodio storico in costume, ed ecco che Doctor Who Modern finalmente ci accontenta. Il TARDIS torna nel 1813, in una elegantissima Inghilterra vecchio stile, piena di personaggi interessanti, come un affascinante cacciatore di taglie e dei villain alieni appassionati di cosplay! Solo Doctor Who poteva osare tanto, ammettetelo!

Doctor Who - Rouge
I tre protagonisti in posa sulle scale in attesa del grande ballo… ma forse nascondono un segreto

Siete cordialmente invitati al grande ballo da sera nel castello della Duchessa di Pemberton

Come di consueto per questa stagione l’episodio salta allegramente la premessa ed i motivi del viaggio per catapultarci direttamente sulla scena dell’azione, con pochi fronzoli e nessuna spiegazione. L’anno è il 1813, la location è la cittadina di Bath, così chiamata perché costituente un antico e rinomato centro termale britannico della Contea dell’antico Somersetshire, nel Sud del continente, e più precisamente la magione nobiliare della Duchessa di Pemberton, dove il Dottore e Ruby si trovano, già vestiti con costumi adatti all’epoca, nel bel mezzo dell’importante evento danzante. L’utilizzo di un setting a tema storico, nel passato, nasceva da due precise esigenze: una narrativa ed un’altra prettamente economica. Doctor Who, negli anni sessanta, come sappiamo, viene ideata come serie destinata ad un pubblico televisivo giovane, con un preciso intento didascalico, e rappresentare un periodo storico davvero esistente era il modo migliore per far conoscere il nostro passato alle giovani menti voraci di imparare. Non mancano, specie nelle prime stagioni di Doctor Who Classic, parecchi “serial” (denominazione delle macro-storie, suddivise a sua volta in singoli episodi da circa venti minuti giornalieri) dedicati ad esempio agli Antichi Romani, a Marco Polo, al popolo degli Aztechi e così via, salvo dare spazio, alternativamente, ai serial prettamente dedicati alla fantascienza. La seconda motivazione è, inaspettatamente, molto più concreta e dovuta a semplici questioni di budget! Negli enormi archivi della BBC, ovviamente, si trovavano conservati all’epoca (come del resto oggi) vestiti ed accessori di scena di tantissime produzioni storiche degli anni precedenti, e quindi mettere in scena episodi in cui bisognava vestirsi da romani per visitare l’Antica Roma era di facile realizzazione. A costo bassissimo.

Col tempo questi serial sono diventati dei veri classici della saga, citati spesso anche dalla più moderna Serie Revival, come ad esempio l’indimenticabile “Finestre del Tempo”, quarto della seconda stagione, scritto da Steven Moffat, in cui appare in scena Madame de Pompadour. e rivedere, finalmente, un episodio in costume, dalle caratteristiche squisitamente da Period Drama, è uno dei maggiori motivi di fascino dello stesso. La trama di Doctor Who – Rogue è immediatamente accattivante, benché inizialmente sia impostata in modo leggero e quasi frivolo, più improntata alla messa in scena che alla narrazione, che resta semplice e senza troppe articolazioni contorte. Durante il ballo, Doctor e Ruby fanno la conoscenza del misterioso cacciatore di taglie spaziale, noto solo con il soprannome di Rogue, che da il titolo all’episodio, localizzato in italiano come “Nessuno è quel che sembra”. Questo affascinante e sfuggente figuro, che colpisce subito l’attenzione del Dottore, lo scambia però per uno dei suoi nemici a cui da la caccia, ovvero gli alieni noti come Chuldur, che hanno come passatempo quello del Cosplay. Con l’infelice caratteristica di indossare però corpi umani, dopo averli svuotati, carbonizzandoli. Che grave onta per il nobile Signore del Tempo di Gallifrey! Chiarito l’equivoco i due uniscono le forze contro la minaccia aliena. In una delle tradizionali carrellate dei vecchi volti del Doctor, piccola curiosità, appare pure la versione vista nella produzione animata Scream of the Shalka del 2003, resa in questo modo canonica!

 Doctor Who - Rouge
Finalmente un episodio di tipologia storica torna nella saga!

Cast tecnico, artistico e realizzazione tecnica

Una storia semplice, veloce e scorrevole, che rappresenta anche la prima non scritta dai mostri sacri dello show, ovvero Russell T Davies & Steven Moffat, ma da due talentuose autrici che fanno il loro debutto nella saga. Si tratta di Kate Herron e Briony Redman, la prima nota per la serie LOKI di Marvel Studios, di cui è anche produttrice esecutiva, oltre che Sex Education, dove ha già lavorato con Ncuti Gatwa. La seconda, anche attrice, ha vinto il BAFTA Awards ed è nota per la commedia poliziesca Pont Brec ed il cortometraggio Forget-Me-Not, oltre ad aver scritto per BBC Radio 4 la serie comica radiofonica Laura Solon. Nelle vesti di regista dell’episodio ritroviamo invece Ben Chessell, celebre autore della serie Dance Academy, responsabile di uno degli episodi scenograficamente più belli di questa stagione, ovvero “Maestro” di cui abbiamo parlato in questa pagina. A differenza della precedente prova registica, decisamente più nelle sue corde, con una esplosiva festa di colori e suoni, stavolta, pur condividendo le ambientazioni musicali, grazie alla rappresentazione del gran ballo di palazzo, il tutto ha una impostazione più tetra, con un buio quasi perenne, soprattutto in esterna, ma anche sui set interni, tranne che nella splendente sala da ballo, un effetto di certo voluto, ma che non convince. Siamo nell’ottocento, senza luci elettriche e la sola luce fioca delle candele, è ovvio, ma i toni troppo scuri paiono stridere con l’ambiente gioioso, seppur solo inizialmente.

Oltre ai due protagonisti, Ncuti Gatwa e Millie Gibson, perfettamente a loro agio in questo mini Period Drama, spicca e brilla di luce quasi propria l’attore e cantante che interpreta Rogue, un volto decisamente noto agli amanti dei musical, ovvero lo statunitense Jonathan Drew Groff, protagonista della serie TV musicale Glee, ma anche dell’eccezionale film Motel Woodstock di Ang Lee. Gli appassionati di fantascienza, però, lo ricordano come il nuovo Agente Smith visto nel recente Matrix Resurrections. L’attore è una vera e propria icona del mondo gay, e quale migliore occasione per fargli vivere un momento romantico con il nostro Doctor? Un ottimo modo per celebrare il Pride Month, che cade giusto nel mese di giugno. Il personaggio richiama, in alcuni atteggiamenti, l’indimenticabile Capitano Jack Harkness. Nel ruolo della Duchessa troviamo una vecchia conoscenza, ovvero l’attrice indiana Indira Varma, già vista nello spin-off Torchwood, in Obi One Kenobi di Disney+ e in Il trono di Spade, vera veterana delle serie TV, che ha debuttato però al cinema nel lontano 1996, con Kamasutra, film indo-britannico scritto e diretto della regista Mira Nair. E Susan Twist? Si chiederanno i complottisti all’ascolto! Ebbene, la misteriosa attrice appare solo in un cameo, sotto forma di ritratto di  una nobile ottocentesca deceduta e dipinta. Non vediamo l’ora di conoscere il suo segreto e vederla all’opera. 

L’irrefrenabile passione per i Musical colpisce ancora!

Le incursioni del genere Musical nell’insospettabile filone della fantascienza si fanno sempre più frequenti, e se persino una saga tradizionalissima come Star Trek ha “osato” proporre un episodio a tema musicale per la serie Strange New Worlds, tutto è possibile! Se avete amato il precedente episodio della stagione “Maestro” preparatevi, perché stavolta non si canta, ma si balla, con un gusto citazionistico forte dell’intero genere. Una delle fonti di ispirazione per la realizzazione dell’episodio è infine, lo avrete intuito, la serie cult statunitense Bridgerton, ideata da Chris Van Dusen per Netflix nel 2020, traendo spunti da una serie di romanzi sulla nobiltà britannica scritti da Julia Quinn e pubblicati a partire dai primi anni duemila. L’omaggio è chiaro per chi conosce la serie, ma, se proprio vi dovesse essere sfuggita o non la conoscevate affatto, è la stessa Ruby a citarla più volte, notando la somiglianza dell’ambiente in cui sono finiti. Da Bridgerton è mutuata anche parte della colonna sonora dell’episodio, eseguito dalla cover band Vitamin String Quartet, che reinterpretano brani celebri pop e rock in versione sinfonica, come potete ascoltare qui. Se vi piace il genere, adorerete questo episodio storico tematico.

 


Non ce lo aspettavamo, è vero. Doctor Who – Rogue mescola musical, coreografie da ballo ottocentesche, misteriosi alieni con la passione per il Cosplay ed atmosfere dark ed oscure, con tanto di spruzzata LGBT+ per celebrare il corrente evento internazionale Pride Month. Una vera esplosione di libertà creativa, guizzi artistici e plot narrativi dai twist bizzarri. Principalmente una grande storia d’amore estiva, che dura il tempo di una puntata, e di cui non si conosce nemmeno il nome. Un episodio che cita apertamente Bridgerton, quindi molto particolare, magari meno tradizionale o stupefacente come altri della stagione, ma che dimostra ancora una volta come la duttilità di un personaggio poliedrico come il Doctor, specialmente nella sua quindicesima incarnazione, a cui da vita il brillante e folle Ncuti Gatwua, riesca ogni volta a stupire con nuove ed incredibili trovate. Nonostante la bruttezza del nuovo cacciavite sonico, ormai preso in giro pure dagli autori stessi. Appuntamento a tra pochissimo per l’atteso gran finale di stagione! 


 

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V008 Mensile
Appassionato e storico del videogioco, Fabio D'Anna scrive di opere videoludiche, film e serie tv dal 2008. Tra le tante realtà del settore ha collaborato con Art of Games e siti come Retrogaming History, Games Collection, Games Replay, Games Village e riviste come PS Mania, PSM, Game Republic, Retrogame Magazine, Game Pro, oltre che col Museo VIGAMUS. Ha anche organizzato due edizioni della Mostra Archeoludica ed ha scritto due libri dedicati a PAC-MAN e Star Trek. Nella vita colleziona console PONG based ed alleva cagnoline, tra cui spicca Zelda.