Doctor Who – Dot and Bubble, intitolato nella localizzazione italiana “Il Pianeta dei mostri”, nome più semplice ma meno efficace, è l’attesissimo quinto episodio di Doctor Who Modern, che arriva nella seconda metà della stagione, ricordandoci purtroppo la sua brevità , visto che ormai mancano solo tre episodi per il gran finale. Un episodio più tradizionale e meno sperimentale, che si inserisce nel filone di quelli in cui il principale obiettivo è la critica sociale della tecnologia, spesso usata dal genere umano in maniera superficiale e poco accorta. La misteriosa Città bella è in pericolo, non sappiamo dove, ne quando, privi di ogni riferimento temporale, ed i suoi abitanti stanno sparendo uno ad uno. Solo il Dottore e Ruby potranno (forse) salvarli da un infausto destino, anche se spesso qualcuno non merita di essere salvato…
“Il Pianeta dei mostri”, una storia che proviene dal passato
Iniziamo subito con una peculiarità dell’episodio svelata in concomitanza della sua pubblicazione sui canali ufficiali della serie. Si tratta infatti di una storia che viene dal passato, scritta oltre quindici anni fa, e poi scartata perché in sovrannumero per la stagione a cui apparteneva originariamente. In particolare “Dot and Bubble” era stato ideato come episodio per il ciclo narrativo dell’Undicesimo Dottore, interpretato da Matt Smith, e la sua compagna Amelia Pond, col volto di Karen Gilliam, in cui i due si ritrovavano appunta in una città popolata da soli teenager totalmente gestiti da una Intelligenza Artificiale. Un storia purtroppo fino ad oggi perduta, come ci ha raccontato lo stesso showrunner Russel T Davies, e che, finalmente, ha visto la luce, in questa recente trance di episodi della rinascita. Alla storia originale è stata aggiunta la presenza di un nuovo tema, quello del razzismo, suggerito dal collega Steven Moffat, inizialmente assente, che approfondiremo in seguito.
Un episodio in cui nuovamente il Doctor appare poco, ed in cui il TARDIS è totalmente assente, appartenente al filone Doctor-Lite, ovvero con poca presenza scenica del protagonista, seppur non con la sua quasi totale assenza, come nel precedente “73 Yards”, che abbiamo recensito in questa pagina. Il motivo di queste assenze è presto detto, e Russell T Davis ha ammesso, beffardo come suo solito, che semplicemente si tratta del primo episodio girato per Doctor Who Modern, a cui è seguito appunto l’episodio della mina, quando ancora l’attore era impegnato sul set della precedente serie Sex Education, e che quindi bazzicava poco negli studi di BBC! Questo, quindi, è il primo reale incontro tra i due attori Ncuti Gatwa e Millie Gibson sulle scene. Ironico, ma assolutamente nello stile del canale britannico, che fin dagli anni sessanta utilizzava queste trame, chiamate Doctorless, Doctor-Lite e Low Doctor dai fan, per supplire all’assenza degli attori. Davvero interessanti questi “making of” di cui ci parla Russel T Davies, per scoprire “Dietro Le Quinte” insospettabili.
Doctor Who – Dot and Bubble, non sottovalutate i pericoli di una bolla mediatica!
Questo episodio DWM 01×05 inizia in modo solare, rilassato, coloratissimo, e quasi riesce ad ingannarci sulla natura in realtà “Dangerous and Evil” dell’abuso tecnologico, come da sempre è dipinto dalla saga di Doctor Who. Lo sceneggiatore non fornisce appositamente alcun riferimento temporale e logistico, poiché, come chiaro dal messaggio, quelli potremmo essere noi, tra poco o molto tempo non importa, ne tantomeno su un lontano pianeta o sulla Terra stessa, perché il rischio è reale. Una delle dichiarate ispirazioni per “Dot and Bubble” è la splendida serie britannica Black Mirror, ideata dallo scrittore e critico videoludico Charlie Brooker, e l’impostazione iniziale è davvero evidente. Un notevole omaggio per una delle serie più amate da Russell T Davies, che non perde occasione per citarla. Ma cosa succede realmente? Città bella (il cui nome più adatto sarebbe Città bolla, e che in originale si chiama Finetime) è una città ideale in stile quasi rinascimentale quattrocentesco, dove gli abitanti, che sono i soli teenager separati dai loro genitori rimasti in un nucleo esterno, è costruita sotto una cupola impenetrabile, che protegge non solo da possibili attacchi esterni, ma offre anche un clima perennemente estivo e temperato.
Si, la citazione di Under The Dome di Stephen King è facilmente intuibile, anche se l’idea originale, come ammette lo stesso Re del Terrore del Maine deriva dal film dei Simpson! La caratteristica più importante è però il fatto che questi ragazzi, appartenenti alla Generazione Z (terrestre perlomeno) vivano in maniera praticamente simbiotica con due elementi gestiti dalla IA, ovvero il “Dot” e la “Bubble”, con una vera e propria bolla mediatica che circonda le loro teste, isolandoli dal mondo reale, ed aiutandoli persino a camminare, come una sorta di navigatore pedestre. Terrificante, lo ammettiamo. Il solo contatto con gli altri è ovviamente via schermo, in una rappresentazione estremizzata degli attuali network sociali online, come Facebook, Instagram o (peggio ancora) TikTok. Una critica feroce ai Social Media, ma soprattutto al loro abuso. Mentre la vita scorre idilliaca, però, non tutto pare andare per il verso giusto, ed alcuni tra i ragazzi “perennemente online” iniziano a sparire in modo definitivo. E qualcuno crede di aver visto bizzarri mostri a forma di lumaconi giganti. Il Dottore, da una imprecisata location esterna, dovrà intervenire, per cercare di salvare la situazione e, soprattutto, capire cosa sta succedendo.Â
Dalla bolla digitale alla bolla mentale, il tema del razzismo aggiunto da Steven Moffat
Per la felicità dei “moffatiani” all’ascolto, al già interessante tema della pericolosità rappresentata dall’Intelligenza Artificiale si unisce un ulteriore spunto di riflessione. Come aggiunta alla sceneggiatura originale di Russell T Davies, infatti, il collega Steven Moffat, ha ben pensato di mettere in scena un tema a lui molto caro, ovvero quello del razzismo. Inizialmente il tutto appare un po’ velato ed impercettibile, facendosi via via sempre più forte nel corso della narrazione. Del resto le caratteristiche di uniformità , snobbismo di classe e pensiero unico ghettizzante per l’alieno o semplicemente il diverso, da parte della comunità di teenageer digital-dipendenti, sono parecchio chiare ad una occhiata più approfondita. E la reazione del Dottore è anche molto nobile, nel voler salvare comunque tutti, ad ogni costo. Anche se lui, solo per il fatto di non essere parte del loro gruppo sociale, è automaticamente non solo escluso, ma anche di poca credibilità . Una schiera di biondissimi e stereotipati giovani superficiali alla Paris Hilton, che gestiscono un mondo ideale e coloniale, ereditato dai genitori non sappiamo in che modo, e che, nel loro vivere alla giornata, circondati solo da input positivi, ignorano il reale rischio che stanno correndo. Meglio rischiare che essere contaminati dal diverso, nella loro filosofia.
Ascoltare un cantante social che intona la versione originale di una canzone cult degli anni sessanta, è senza dubbio più rilassante rispetto alla verità , ovvero che i propri amici stanno morendo uno ad uno. Eccezionale nel contempo la presenza di un brano che ha fatto la storia del pop, ovvero Itsy Bitsy Teenie Weenie Yellow Polka Dot Bikini del cantante statunitense  Brian Hyland, che conosciamo anche in Italia, grazie alle numerose cover, importata da Dalila con il titolo Pezzettini di Bikini, che potete ascoltare anche su YouTube se non la conoscete. L’assonanza tra il “Dot” dell’episodio ed il Dot della canzone è geniale. A proposito del cantante (nella fiction) appena citato, ecco lo spunto per approfondire il cast attoriale ed artistico dell’episodio. “Dot and Bubble” vede come maggiori protagonisti proprio i teenager, mettendo in secondo piano il Doctor e la sua companion, presentando personaggi davvero ben realizzati, come Ricky September, chiara parodia degli influencer odierni, ma che si rivelerà un elemento chiave per la risoluzione dell’episodio stesso, interpretato da Tom Rhys Harries, oltre alla reale protagonista dell’episodio, l’irritante e superficiale Lindy Pepper-Bean, interpretata dalla giovane e talentuosa attrice Callie Cooke. Impossibile non citare il divertentissimo Dr. Pee, medico online che si occupa solo di flussi urinari ed urgenze a tema, col volto di Max Boast. In mezzo a tutta questa beata gioventù non poteva mancare, ovviamente, l’enigmatica ed anziana Susan Twist, nel ruolo stavolta di un genitore, Penny Pepper,-Bean, ma riconosciuta da Ruby. Il mistero ci attanagli ancora una volta. La splendida sceneggiatura di Russell T Davies è messa in scena dal regista Dylan Holmes Williams, di cui abbiamo parlato nella precedente puntata. Un quinto episodio quindi gradevole, ben realizzato e che, partendo da un tema leggero, vira verso il drammatico offrendo ottimi spunti di riflessione.
Doctor Who – Dot and Bubble inizia la lunga corsa verso l’attesissimo finale di stagione di Doctor Who Modern, ancora solo tre episodi prima della conclusione. In particolare questo quinto episodio è stato girato per primo, come ci ha svelato lo stesso Russell T Davies, e rappresenta al contempo il recupero di una sceneggiatura perduta risalente ai tempi della “Matt Smith Era”, che per fortuna ha visto finalmente la luce. Il mondo di Città bella è affascinante, solare e ben realizzato, ma nasconde insidie letali. Ad alcuni sembra di aver visto orribili mostri a forma di lumaconi giganti alieni, che potrebbero non essere quello che sembrano…
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