Ancor prima che il fulcro della discussione fossero le forme della protagonista, e in particolar modo il suo lato B, Stellar Blade aveva fin da subito catturato il mio interesse, quando ancora era sotto il nome in codice Project EVE, lontano dalle polemiche e dai tuttologi dei social. Un progetto che, sin dal primissimo teaser presentato durante lo State of Play, aveva dimostrato potenziale da vendere per elevarsi a grandiosa IP, tant’è che da prodotto minore si è trasformato poi in un vero e proprio tripla A finanziato addirittura da Sony che, in SHIFT UP, ha intravisto un team di talentuosi, convincendosi così di stringere l’accordo esclusivo con lo studio di sviluppo coreano che li porterà nei prossimi anni a sviluppare ulteriori titoli che potremmo definire second party del colosso giapponese. È il caso di dirlo: Shuhei Yoshida ci aveva visto giusto a puntare sul team capitanato da HyungTae Kim, e il motivo è presto detto.
Stellar Blade: umanità vs Naytiba
Una grande guerra ha causato la distruzione della Terra. Le sorti del nostro pianeta dipendono da plotoni di guerriere mandate dalla Colonia capitanata dalla Sfera Madre (una misteriosa entità che porterà i personaggi, e noi con loro, a porsi svariati dubbi e riflessioni), una delle quali è la protagonista di Stellar Blade, ovvero EVE. L’obiettivo? Debellare la minaccia causata dai Naytiba, spietate e mostruose creature che hanno messo in ginocchio l’umanità, trovare e sconfiggere una volta per tutte il Naytiba Antico. Questa battaglia tuttavia non sarà una passeggiata e il lungo cammino che intraprenderemo ci farà vivere una moltitudine di emozioni, colpi di scena più o meno prevedibili (ma comunque di grande impatto) e tantissimi momenti di spessore, capaci di segnarci inevitabilmente dando risalto alle infinite sofferenze causate dal conflitto. Il viaggio di Stellar Blade, con i suoi tre finali, riuscirà ad imprimersi nel cuore, ma solo se non si parte con il pregiudizio della sessualizzazione al di sopra di tutto, perché di fatto è maledettamente falso. L’estetica della sensuale protagonista non sarà mai (e sottolineo mai) l’elemento cardine dell’esperienza, anzi il fatto di ritrovarci ad impersonare una guerriera sexy passa sempre in secondo piano, questo perché non saranno dei costumini succinti a distogliere l’attenzione (costumi che esistono in una moltitudine di produzioni, sia orientali che occidentali, e che non hanno però mai generato polemiche tanto accese come accaduto con Stellar Blade), senza contare che la bella EVE è un personaggio ottimamente caratterizzato, nonché un piacevolissimo catalizzatore di emozioni: ci chiederemo spesso assieme a lei se stiamo facendo la cosa giusta, così come proveremo le gioie e i dolori che sarà chiamata a vivere in prima persona durante l’avventura. EVE è una grande protagonista, non una bambola gonfiabile, e proprio come in NieR:Automata c’è molto di più oltre al sinuoso sedere. Certo, i due giochi hanno qualche elemento in comune, ma sono comunque assai diversi, e sebbene l’opera di Yoko Taro si faccia forte di elementi filosofici di una profondità disarmante, le tematiche di Stellar Blade non sono comunque da meno. Notevoli anche tutte le altre comparse, in particolare i comprimari Adam e Lily, i quali saranno i nostri principali compagni di viaggio. Inutile dirvi di godere rigorosamente del doppiaggio originale coreano.
Sapore old school
L’opera di SHIFT UP si contraddistingue da tutti gli altri action / action adventure odierni presenti sul mercato per un semplice motivo: ha quel sapore tipico di una old school ormai sempre più lontana (viva solo nei ricordi del passato), ma allo stesso tempo riesce ad essere dannatamente moderno e per certi versi next gen. Insomma, la giusta evoluzione che il genere meritava dai tempi di Devil May Cry (il primo), Ninja Gaiden Black e God of War (sì, il primo anche in questo caso). Un titolo che non si limita solo a farci avanzare e combattere, bensì ha invece il coraggio di osare senza proporre ovviamente nulla di rivoluzionario, ma facendolo con grande stile e varietà. Si spazia dai frenetici combattimenti con lama ed armi da fuoco all’esplorazione ragionata in un level design fatto di molteplici passaggi e diramazioni, sino al platforming meticoloso e spesso tipico dei trial and error più crudeli (con ostacoli e trappole non da poco), senza lasciare in disparte momenti degni di un survival horror e aree più grandi da esplorare – proprio come si farebbe in un classico open world – per poi ritrovarsi a risolvere puzzle di ogni tipo e a scovare note che vanno ad approfondire tutta la lore e i contenuti di Stellar Blade. Il bello è che il gioco riesce sempre a risultare fresco e brillante nelle sue circa 30-50 ore di contenuti; non vi è mai un momento in cui si avverta la stanca o un calo di idee (tutt’altro) e quando pensi di aver visto tutto l’opera ti sfoggia ancora qualche asso nella manica. Non mi divertivo così dai tempi del primo Ninja Gaiden del 2004 (2005 con la versione Black) di Tomonobu Itagaki e Team Ninja (che per chi vi scrive è il miglior action mai creato).
Stellar Blade: anche l’occhio vuole la sua parte
Eh no, non per quello che penserete voi, quanto piuttosto per direzione artistica e comparto tecnico, parametri in cui Stellar Blade sfoggia ottime qualità. Graficamente il gioco offre tre possibili settaggi che spaziano dalle immancabili modalità fedeltà e performance, con in più una via di mezzo tra le due che è ‘bilanciata’. Personalmente per un prodotto di questo stampo il mio consiglio è di andare di performance e godere così della massima fluidità possibile (60fps piuttosto granitici con cali molto sporadici). Dal punto di vista estetico ritroviamo una marea di location diverse tra loro, una città, Xion, che funge da hub centrale davvero ben caratterizzata e le aree open map, sì forse un po’ simili tra loro come stile e palette di colori, tuttavia rimane una scelta contestualizzata proprio perché la Terra non è più il pianeta che conosciamo, bensì una distesa di sabbia. Si poteva fare di sicuro qualcosina in più, ma a ripagare ci pensa il level design di queste macroaree e il peculiare modo di esplorarle che spinge il giocatore ad adottare approcci diversi per raggiungere i punti di interesse o scovare segreti vari. Le animazioni sono di pregevole fattura, sebbene non ci si debba aspettare espressioni facciali al pari di un prodotto Naughty Dog o Santa Monica Studio, ma il lavoro svolto è più che funzionale per trasmettere a dovere tutti gli stati d’animo dei personaggi. Non da meno la caratterizzazione delle varie tipologie di Naytiba, dai boss ai nemici minori; creature incredibilmente ispirate e in notevole quantità. Ottimo lavoro anche da parte dei compositori, e tra questi figura anche la presenza di due veterani dello Studio MONACA capitanato da Keiichi Okabe. Quest’ultimo non ha partecipato alla realizzazione dei brani di Stellar Blade, tuttavia non possiamo sapere se e quanto sia stato coinvolto anche solo per dei pareri e consigli dai due membri del team. Cosa certa è che le sue influenze musicali sono sicuramente vive e presenti, tuttavia si avverte che lo stile sia nel complesso diverso (e questo non necessariamente è un male), adattandosi perfettamente alle atmosfere e alle vibes dell’opera di SHIFT UP. Una colonna sonora davvero eccezionale, fatta di tracce che sanno come imprimersi nel cervello grazie a melodie meravigliose, dolci ed epiche e brani che pompano l’adrenalina nelle vene durante gli spietati combattimenti coi boss. Questi ultimi regaleranno d’altronde battaglie incredibilmente memorabili. Non per altro il combat system di Stellar Blade è davvero profondo, complesso ed intricato, meno stylish di quello che si poteva percepire dai primissimi trailer, ma comunque dannatamente brutale, adrenalinico ed avvincente. Sulle prime potrebbe risultare pesante e poco reattivo, ma una volta padroneggiato il tutto, presa confidenza con i comandi e sbloccate la maggior parte delle abilità con la possibilità di inanellare combo micidiali il prodotto diventa pura gioia videoludica e si farà davvero fatica a tornare indietro.
Schiva e para
Ottimo pure il sistema di parry e deviazione ripreso in parte da Sekiro, fondamentale ma non unico per la buona riuscita degli scontri, siccome sarà necessario sfruttare sapientemente anche la schivata (in particolare quella perfetta). Insomma, giocare Stellar Blade sarà un piacere immenso, sia per i fantastici ed adrenalinici combattimenti che per tutto quello che il gioco offre in ogni suo segmento di gameplay. Volendo trovare giusto qualche sbavatura potremmo dire che la gestione delle missioni secondarie (non la loro qualità che è nella media) ha di sicuro margini di miglioramento (del tipo che ci sono luoghi importanti dove non accade assolutamente nulla finché non si sblocca la relativa missione), qualche arma in più oltre alla spada non avrebbe guastato e che – senza svelarvi nulla – il boss del true ending è meno ispirato e più forzato rispetto a quello meraviglioso del bad ending. Tra l’altro per vederli tutti e tre è necessario per forza giocare tre run, ma considerando che non ci sono chissà quante differenze durante il percorso (se non per una fase in particolare) sarebbe stato più opportuno inserire slot di salvataggio multipli, sebbene sia da un lato un incentivo a rigiocare il titolo alla difficoltà più alta e in new game+, cosa che di sicuro non dispiace. Ritroviamo poi sicuramente qua e là qualche imperfezione o elementi un pelo più grezzi rispetto ad altri di gran rilievo, ma nel complesso gli splendidi pregi soppesano i sorvolabili difetti. Confidiamo in futuro nell’aggiunta della modalità foto che potrebbe dar vita a scatti sicuramente discutibili, ma anche altri di gran rilievo.
Conclusioni
Avevamo proprio bisogno di un prodotto del calibro di Stellar Blade, tra cinematografico moderno e puro arcade. Considerando poi che si tratta del primo progetto serio di SHIFT UP, c’è solo di che gioire per ciò che riserva loro il futuro. Il potenziale per uno Stellar Blade 2 ancora più bello e curato c’è tutto, e noi non vediamo l’ora che arrivi.
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