Il principe persiano più celebre del mondo sta tornando. Mentre i fan attendono che la complicata situazione del remake di Prince of Persia: Le Sabbie del Tempo si dipani, Ubisoft lancia sul mercato The Rogue Prince of Persia, un rogue-lite in due dimensioni che richiama non poco le atmosfere del capostipite della saga, ma senza perdere l’occasione di fare riferimento anche agli episodi più moderni. The Rogue Prince of Persia sembra voler di fatto omaggiare l’intero brand, eppure l’opera cerca a sua volta di ritagliarsi un’identità autonoma, che la distanzi dai suoi illustri predecessori e che le consenta a pieno titolo di ottenere il favore dei fan. Per capire se sia o meno riuscito a raggiungere questo delicato equilibrio, abbiamo dedicato diverse ore a testare l’Early Access, incappando in un sentimento dolceamaro in cui si intessono dubbi e speranze.
Il retaggio di The Rogue Prince of Persia
Basta adocchiare un paio di immagini per comprendere immediatamente che The Rogue Prince of Persia sia stato pensato e seguito con cura e dedizione. La cosa, d’altronde, non stupisce affatto. Il team che lo sta sviluppando è Evil Empire, una costola di Motion Twin che si è già lungamente fatta le ossa nel settore lavorando ad un titolo che ha suscitato molti consensi: Dead Cells. Sebbene le differenze che differenziano i due videogiochi siano marcate, altrettanto marcate sono anche le loro affinità, soprattutto per quanto concerne il sistema di traversamento dei rispettivi protagonisti, nonché le strategie di combattimento messe a disposizione degli utenti.
La presenza di Evil Empire garantisce di fatto un sigillo di qualità che viene confermato dall’indiscutibile eleganza che si riscontra in The Rogue Prince of Persia. Il gioco si presenta in una veste grafica stilizzata e riconoscibile che per design e colori si dimostra immediatamente leggibile e memorabile. Il look adottato enfatizza i movimenti del principe così da rendere più comprensibili le fasi d’azione concitata e da evidenziare i movimenti di parkour completati dal giocatore. Il level design presenta indizi visivi che guidano elegantemente l’occhio dei gamer nella direzione che dovrebbe intraprendere, un’attenzione che permette di non rallentare quasi mai il frenetico flusso delle partite. Si tratta di traguardi semplici, ma per nulla scontati, ancor più se si considera che ogni livello viene generato in maniera procedurale. Almeno in parte.
La formula del rogue-lite viene in effetti enfatizzata dall’assemblaggio semi-casuale delle mappe di gioco, tuttavia i modelli proposti tendono a replicare delle soluzioni modulari molto specifiche. Alcuni punti nevralgici dell’avventura e le aree platform più intricate si ripetono con formule ben definite, le quali sono quasi certamente state modellate da un intelletto umano al fine di garantire un adeguato grado di sfida e per assicurarsi che personaggi chiave della trama non si perdano dietro a un level design privo di logica. Questa scelta autoriale appiana di molto l’imprevedibilità tipica dei generatori procedurali, eppure tutela e valorizza il ritmo di gioco, frangente che è evidentemente molto caro allo staff di Motion Twin.
Invasioni e vendette, musiche e colori
Nella sua essenza, The Rogue Prince of Persia vede il Principe impegnato nel reclamare la propria città, la quale è caduta nelle mani dei barbari e dei loro servitori demoniaci. Per compiere la sua missione, l’eroico protagonista dovrà inerpicarsi su di un numero sorprendente di pareti e sconfiggere nemici progressivamente più agguerriti e violenti, confrontandosi peraltro con l’occasionale boss di turno. Ogni volta che viene sconfitto, il Principe può fare affidamento sui poteri magici di un medaglione, il quale lo riporta all’inizio della sua avventura, incolume, ma anche depotenziato. Armi e accessori acquisiti durante la partita vengono azzerati, tuttavia alcune interazioni con personaggi e coi paesaggi possono manifestare conseguenze durature, cementando i progressi del giocatore.
In questo momento, il titolo conta 8 armi, 6 equipaggiamenti secondari e 30 ciondoli. Armi ed equipaggiamenti non sono rivoluzionari, si limitano a consentire di adottare approcci di gioco leggermente diversi, tuttavia i ciondoli rappresentano un importante fulcro per la natura rogue-lite del titolo. Questi forniscono Power Up che possono fornire bonus alla salute, al ricavo di valute o altri letali effetti particolari, quali la possibilità di scatenare ondate di fuoco o nubi di fumo, elementi che a loro volta possono essere combinati alchemicamente per scatenare effetti devastanti. Nella sua semplicità, il sistema si dimostra efficiente e a tratti persino elegante, tuttavia l’attuale quantità di ciondoli è veramente troppo esigua, una carenza che è rappresentativa di un problema ben più vasto.
Il Principe può infatti godere contemporaneamente dei poteri di quattro ciondoli: se si considera che alcuni di questi garantiscono un’utilità estremamente limitata, è fin troppo facile sviluppare in ogni partita un set di talenti che tende a imitarsi costantemente. Gli sviluppatori promettono di aggiungerne di nuovi nel prossimo futuro, tuttavia, a meno che non sia prevista una gigantesca patch in occasione del lancio del titolo, è facile intuire che l’aggiornamento verrà eseguito più avanti, quando il gioco uscirà definitivamente dal suo stato di Early Access.
The Rogue Prince of Persia è un diamante grezzo
La dimensione “Accesso Anticipato” di The Rogue Prince of Persia è evidente, marcata e fin troppo evidente. Le variazioni tra una partita e l’altra sono estremamente contenute: le diverse ramificazioni della mappa si ricongiungono per consolidarsi in un medesimo filone, i boss sono sempre gli stessi e i poteri decisionali del Principe sono condizionati spesso e volentieri al caso. Non viene neppure considerata la possibilità di selezionare l’arma iniziale, neppure quando questa è resa virtualmente disponibile dal fabbro locale. Inoltre manca un finale. Superato il secondo boss, il titolo si arrende, ammettendo di essere incompleto.
Ancora più problematico è lo sviluppo della trama. Non tanto per quanto concerne la profondità dell’intreccio – nessuno si aspetterebbe un’opera di alta letteratura –, quanto per la sua esposizione. I rogue-like sono pensati per essere giocati ciclicamente, tuttavia i personaggi non giocanti hanno una quantità esigua di linee di dialogo, col risultato che nell’arco di poche ore si finisce con il rivivere sempre le medesime battute e le stesse interazioni. Un problema minore, certo, ma che rimarca a sua volta la già notevole carenza di contenuti, esacerbando indirettamente la frustrazione e il disinteresse che i gamer potrebbero patire. Che ci si areni contro un boss o che si arrivi a fondo dell’esperienza, il titolo rischia di non essere in grado di fornire quel grado di novità che è necessario a mantenere vivo il loop di gioco.
Titoli come Hades e il suo sequel sono stati capaci di proporre sistemi tecnici e narrativi per cui anche il giocatore meno competente è in grado di percepire che i suoi sforzi non siano vani. Tutti vengono premiati da un qualche genere di evoluzione: nuovi personaggi compaiono in scena, si acquisiscono potenziamenti inediti, si scoprono segreti e percorsi alternativi. Ben diversa è la situazione di The Rogue Prince of Persia, il quale può al massimo concede al Principe di acquistare armi e accessori che, però, si manifestano comunque solo ed esclusivamente quando si affrontano i vari livelli. Ne risultano corsi e ricorsi molto simili tra di loro, un dedalo oscuro che rischia di soffocare la voglia di sperimentare un gioco che, di base, si fregia invece di una struttura fondamentalmente solida e pregna di potenziale.
The Rogue Prince of Persia incarna nei suoi elementi essenziali tutto ciò che di buono ha da offrire il team di sviluppo Evil Empire, già coautore di Dead Cells. Il look è colorato e vivace, le animazioni sono fluide ed appaganti, il level design è intuitivo ed elegante. Tutti gli elementi evidenziano che Ubisoft stia distribuendo un ottimo prodotto. Un ottimo prodotto che, però, manca drammaticamente di contenuti. La dimensione “Early Access” fiacca al momento la rigiocabilità del titolo e non c’è garanzia che il distributore sia disposto a investire le risorse necessarie a completare lo sviluppo di un videogame che, ora come ora, è zoppo e ancora notevolmente acerbo. The Rogue Prince of Persia ha tutte le carte in regola per essere un ottimo budget game, tuttavia manca di un epilogo e di molte di quelle funzioni che ormai sono indispensabili per qualsiasi roguelike, per quanto questi possa definirsi “lite”.
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