Doctor Who – Boom è il terzo episodio della nuova serie britannica dedicata al nostro alieno preferito, che da oltre sessanta anni ha fatto breccia nei (due) cuori degli appassionati di fantascienza di qualità . Questa release in particolare era davvero attesissima dai fan storici. Si, perché se fino adesso abbiamo visto all’opera l’acclamato Russell T Davies, responsabile nell’ormai lontano 2005 della rinascita (o rigenerazione, per restare in tema) della saga, adesso è il turno di un altro fondamentale autore che ha reso grande Doctor Who Revival. Se state pensando ad un certo nome avete proprio ragione, si tratta esattamente dell’esplosivo ritorno di Steven Moffat! Nel senso letterale del termine. Andiamo ad analizzare “Boom”, prima prova di scrittura nella terza serie per il leggendario sceneggiatore.
“La fantascienza di qualità non si basa su combattimenti tra astronavi, ma nel trattare tematiche universali con l’escamotage dell’occhio alieno.”
Questa semplice ma significativa definizione calza a pennello a diverse importanti opere fantascientifiche, siano esse filmiche o seriali, o finanche d’animazione, come ad esempio Essi Vivono o 1997: Fuga da New York di John Carpenter, Ai confini della Realtà , Oltre i Limiti, Star Trek, Battlestar Galactica, Babylon 5, Firefly, Black Mirror o Futurama, ma è ancor di più corretta per una vera e propria leggenda televisiva come Doctor Who. Negli anni quest’ultima saga britannica ha offerto tantissime occasioni per riflettere sulle stranezze del mondo, utilizzando la mediazione narrativa di poter esaminare dall’esterno, con sguardo alieno appunto, abitudini, consuetudini e bizzarrie terrestri. Tutto ciò è davvero caro all’autore di “Boom”, episodio che è stato tradotto dai localizzatori italiani come “L’algoritmo della morte”, come al solito titolo più complesso e preciso, ma certamente meno immediato del semplice termine onomatopeico dello scoppio, il cui suono, derivato dall’immaginario fumettistico internazionale, ed usato persino dal primo fumetto della storia, Yellow Kid, pubblicato nell’ormai lontanissimo 1896, rimanda immediatamente all’immagine dell’esplosione di una bomba. O una mina aliena, nel nostro caso. Il granitico Steven Moffat non ha certo bisogno di presentazione, chiariamolo, ma se è la prima volta che vi avvicinate alla saga sci-fi più longeva di sempre, e siete giovani virgulti spettatori di Disney+, ricordiamone la vita e le opere.
Dopo aver abbandonato la pur promettente carriera di insegnante scolastico in Scozia, il giovane Steven preferisce sfruttare le conoscenze acquisite con la laura in letteratura per scrivere delle primordiali opere già tra la fine degli anni ottanta, e gli anni novanta. Tra queste spicca anche un musical, genere che resta una sua grande passione, e che gli avrà quindi parecchio fattto apprezzare il precedente episodio “The Chord of Devil” scritto dal collega per Doctor Who Modern. I primi successi arrivano grazie a due brillanti sit-com, Press Gang per Indipendent Television, scritta nel 1989 a quattro mani con il padre, a sua volta sceneggiatore, Bill Moffat, e soprattutto Coupling, che segna il passaggio al network BBC, datata 2000. Cinque anni dopo, la sua opere più celebre, ovvero Doctor Who Revival, di cui è secondo showrunner a partire dal 2009, e per la quale ha scritto ben 33 episodi in totale, tra i più memorabili. La coppia da lui ideata per lo show, il Dodicesimo Dottore, interpretato da Peter Capaldi, e la sua companion Clara Oswald, è tuttora tra le più amate dal pubblico. Indubbiamente le differenze autoriali tra il geniale ed istrionico Russell T Davies ed il più riflessivo e speculativo Steven Moffat sono evidenti. Il primo tende spesso al divertimento puro, con personaggi e dialoghi fuori dalle righe, il secondo preferisce invece approfondire grandi temi universali umani, travestiti da avvenimenti da Space Opera fantascientifica. Due anime diverse ma perfettamente complementari, dunque, che hanno fatto grande la saga del Doctor Who. Perlomeno la sua incarnazione del nuovo millennio. L’autore ha svelato alcuni particolari sulla genesi dell’episodio che trovate qui.
Doctor Who – Boom, una grande critica all’insensatezza assoluta della guerra…
Un episodio diametralmente opposto ai primi due di questa eccezionale nuova serie, che per ora, speciali inclusi, dobbiamo riconoscerlo non ha letteralmente sbagliato un colpo o uno “shootie”, per citare il soprannome britannico proprio di Ncuti Gatwa. Umorismo british, grandi ambientazioni colorate e coreografie da eleganti musical, appena viste, lasciano il posto ad una location altamente drammatica, dove si combatte una sanguinosa guerra contro un nemico sospettosamente invisibile, e dove le ambulanze robotiche e dotate di IA “dal volto noto”, piuttosto che curare i feriti, preferiscono spesso terminarli e ridurli a “cilindri organici della memoria”, nemmeno fossero dei letali Dalek. Con un outfit sempre diverso, e già i più tradizionalisti tra i “whovian” ( l’equivalente dei “trekker” per il Doctor Who), si lamentano, ecco infatti che il quindicesimo Dottore e Ruby si ritrovano in un ambiente cupo, freddo, arido ed apparentemente morto. Un pianeta che risulta spoglio, sofferente, senza vegetazione, quasi monocolore, caratterizzato solo da paesaggi sterrati e “fog of war”, come si direbbe negli RTS alla Command & Conquer. Una sinistra nebbia di guerra che, assieme ai fumi neri delle armi e lapilli rossi di fuochi continui, copre in maniera tetra il cielo.
I due viaggiatori si ritrovano all’inizio del sesto millennio terrestre, oltre l’anno 5000, nel misterioso pianeta Kastarion III, peraltro il primo che Ruby vede con i suoi occhi, e con enorme stupore. Ma mentre tutti si aspettano inizi l’esplorazione, succede un fatto particolare, che blocca il Dottore fermo in un solo punto del pianeta. Questo angolino, con buona pace di chi non ama gli episodi troppo statici, diventerà l’ambientazione unica e claustrofobica dell’episodio. Una mina intelligente potrebbe far saltare in aria il Dottore, forse senza dargli nemmeno il tempo di rigenerarsi, e trascinandosi dietro almeno metà del pianeta, vista la sua enorme energia vitale. Se avete temuto il peggio quando l’onnipresente Morgan ha fatto lo stesso passo falso in Fear The Walking Dead, avrete un brivido di terrore. Uno svolgimento, a soli otto minuti dall’inizio della trama, di tipo teatrale, basato su poche azioni scenografiche e dialoghi davvero intensi, con un clima altamente drammatico. L’episodio è ricco di phatos e davvero ben diretto dalla regista britannica Julie Anne Robinson, di cui abbiamo già parlato in occasione della recensione degli episodi “Space Babies” e “Maestro”, rispettivamente DWM 01×01 e DWM 01×02 di questa prima stagione della terza serie, che trovate in questo LINK. In Doctor Who – Boom la regia si rivela sapiente e molto adatta al contesto. Il messaggio di fondo dell’episodio è davvero forte, e parecchio adatto anche ai tempi attuali che stiamo vivendo, funestati da ben due importanti guerre sul fronte sovietico ed in Terra Santa. Forse la citazione non è casuale.
“Anche la morte ha il suo mercato” (Il Dottore sul pianeta Kastarion III)
Spesso, ci ricorda Steven Moffat, le guerre sono principalmente una questione economica, in cui i soldati morti servono a bilanciare il territorio e a far vendere nuove armi alle grosse corporazioni senza scrupoli. La società multi planetaria Villengard, nel caso specifico del pianeta. Ricordate il commovente episodio con Mark Gatiss, coautore anche di Sherlock, nei panni di un soldato? Preparatevi a tirare fuori di nuovo i fazzoletti. Altri interessanti temi dell’episodio sono una riflessione etica sulle potenzialità dell’Intelligenza Artificiale, non incapace di superare la propria programmazione ma invece in grado di abbracciare una morale superiore, ed una blanda ma decisa critica alle religioni, impersonata dai soldati dell’episodio, i bizzarri Marine Anglicani, che rivestono anche una figura religiosa. Moffat ha già messo in scena i controversi Marines Anglicani con i precedenti episodi “The Time Of The Angels”, “Flesh And Stone” e “A Good Man Goes To War”. La fede troppo chiusa in qualcosa può rendere ciechi, letteralmente, e non far capire che si stanno perseguendo magari interessi altrui basati su motivi non proprio etici. Altri importanti protagonisti che incarnano questi temi sono impersonati da attori comprimari talentuosi. Il primo è il britannico Joe Anderson, che molti ricorderanno per la sua partecipazione al remake La città verrà distrutta all’alba, tratto dal classico di George Romero, ed alla serie TV Hannibal, da cui proviene anche la vecchia conoscenza Susan Twist, intravista in diversi cameo, ad esempio nel precedente episodio nel ruolo della signora del The, in “Space Babies” e negli speciali dei sessanta anni, ed ora nei panni, più importanti, della IA dell’ambulanza. Non può certo trattarsi di una semplice figurante della BBC! Ben sei apparizioni, incluso il prossimo episodio, “73 Yards”, dove appare già nei credits! La rivedremo, dunque, e le teorie su chi sia davvero già si sprecano. Ma soprattutto anche una terza attrice che sarà un volto noto proprio di Doctor Who, ma.. nel futuro. Misteri del casting ed anticipazioni velate. Da una saga così un po’ ce lo aspettavamo, ammettetelo. Di chi si tratta? L’attrice indiana Varada Sethu, che si è fatta conoscere dal grande pubblico grazie alla serie Star Wars Andor.
Una curiosità parecchio interessante per la prima apparizione di un volto che, non sappiamo se in diversa forma o nei panni dello stesso personaggio qui interpretato, apparirà infatti nella seconda stagione del nuovo “nuovo” corso di Doctor Who Modern. Si, infatti BBC stessa e Disney+ hanno già abbondantemente spoilerato chi sarà la nuova companion nella prossima stagione del Quindicesimo Dottore, sempre interpretato dall’eclettico Ncuti Gatwa, che, se ve lo state chiedendo, in lingua ruandese si pronuncia “Sciuti”. Ora il suo soprannome “Shootie” è chiaro. Il talentuoso attore scozzese, infatti, ha una storia drammatica alle spalle ed è uno dei tanti bambini sopravvissuti al genocidio del Ruanda degli anni novanta. Storia che, magari, approfondiremo prima o poi su queste pagine. Peraltro Varada Sethu anticipa se stessa, come ha fatto a suo tempo Clara, svelata da alcune apparizioni bizzarre in ruoli collegati alcuni episodi prima. Che dire poi della la clamorosa apparizione di Peter Capaldi stesso nell’episodio “Le fiamme di Pompei”, in cui appare nei panni di un antico romano, salvo poi prestare il suo volto ad una successiva incarnazione del Doctor? Scelte narrative che mescolano passato e presente, spazio e tempo, in perfetta linea con la saga stessa. Ci piace considerare Doctor Who – Boom come se fosse già un piccolo classico, poiché è un diamante narrativo perfettamente inserito nella prima stagione, che promette di essere di una qualità davvero alta. Ancora cinque settimane per vedere cosa ci riserva questa eccezionale saga.
Un episodio statico, ricco di dramma e paura ed anche di messaggi profondi, questo Doctor Who – Boom. Il ritorno esplosivo di Steven Moffat come sceneggiatore è perfettamente rappresentato da una mina che sta per esplodere, su cui il Dottore ha messo un piede e che un algoritmo computerizzato sta per trasformare in una delle più potenti bombe dell’universo. I temi dell’Intelligenza Artificiale, della religione, della guerra, inclusa la sua inutile insensatezza, degli interessi commerciali che valgono più delle vite umane, e della paternità , in ultima analisi, si mescolano alla perfezione in un episodio dal gusto teatrale e ricco di pathos. Appuntamento quindi da qualche parte nell’universo in un giorno qualsiasi, cari terrestri all’ascolto, presumibilmente sabato prossimo sul canale tematico Disney+, la nuova grande casa internazionale di Doctor Who. E non dimenticate i bastoncini di pesce!