Affermarsi come erede spirituale di qualcosa, che sia di una produzione universalmente acclamata o di un piccolo titolo di culto, è sempre una questione molto spinosa. Se chi si fa carico dell’impresa finisce per modificare troppe cose, rischia di perdere il legame con l’antesignano che in primis aveva dato origine al progetto. Ma cambiare troppo poco è altrettanto rischioso, perché nessun team di sviluppo vorrebbe mai che i propri sforzi finissero per venire etichettati come una semplice copia carbone, senza idee proprie e neppure un briciolo di adeguatezza. Eiyuden Chronicle: Hundred Heroes si ritrova nella medesima situazione poiché non è un semplice JRPG, ma nasce da un team formato da un gruppo di veterani della saga di Suikoden ed è stato guidato da Yoshitaka Murayama, artefice dei primi due episodi ispirati al tradizionale componimento cinese Shui-Hu-Chuan (letteralmente, “Storia in Riva al Fiume”, riadattato da Bompiani con il titolo “I Briganti”), fino alla sua prematura dipartita: è una lunga e dettagliata dichiarazione d’amore ai suoi predecessori illegittimi, confezionata in maniera tale da essere un omaggio il più possibile perfetto. Dopo un fortunato finanziamento collettivo, grazie al quale è stata raccolta la considerevole cifra di oltre 4,5 milioni di dollari, e un ciclo di sviluppo durato quattro anni, Eiyuden Chronicle è finalmente nelle nostre mani e, sebbene non sia estraneo ad alcuni inconvenienti di varia portata, si tratta nel complesso di un JRPG dal gradevole sapore nostalgico che, ne sono certo, verrà apprezzato da molti.
Eiyuden Chronicle: guiderai un esercito al posto mio
La storia si svolge nell’immaginario continente di Allraan e inizia concentrandosi sulle crescenti tensioni tra il potente stato imperiale di Galdea e una regione limitrofa chiamata Lega delle Nazioni. Quantunque i protagonisti siano tecnicamente tre, il personaggio principale è Nowa, un giovane spensierato proveniente da un tranquillo villaggio di confine che si unisce a una piccola unità militare di pace della Lega. Nowa e la sua banda svolgono ronde regolari per sedare le incursioni dei banditi e aiutare la popolazione al meglio delle loro possibilità, ma ben presto si ritrovano invischiati tra tensioni politiche molto più grandi che alla fine sfociano in una guerra che vede le due potenze su fronti opposti della barricata. Per reclamare la sua patria e vendicare le perdite subite, Nowa si propone di costruire una resistenza e di sconfiggere i galdeani. Anche se in molti punti la narrazione procede a tentoni, non ho potuto esimermi dal contemplare la sua portata: sia quel che sia, bilanciare adeguatamente oltre cento personaggi unici e descrivere nel dettaglio tutti i vari conflitti transfrontalieri che li riguardano è un’impresa ardua per qualsiasi team di sceneggiatori, e ogni approfondimento disperso all’interno della trama generale viene recuperato nella caratterizzazione dei singoli soggetti. Per quanto non tutti i cento eroi titolari posseggano il medesimo spessore, c’è comunque uno zoccolo duro del cast che si sviluppa in modo assolutamente naturale man mano che entriamo nel vivo del conflitto e ci avviciniamo a svelarne le cause. Il racconto tutto sommato è valido, benché talvolta risulti poco scorrevole.
Vieni a dirmelo in faccia!
La giocabilità segue gli schemi tradizionali dei JRPG, che prevedono la visita di città, lo sgombero di mostri nei dungeon e la lenta esplorazione di un grande mondo pieno di avventure e potenziale. Nulla che non sia stato già sperimentato in mille altri analoghi, ma il ciclo ludico funziona a dovere grazie anche al sistema di reclutamento dei personaggi: qualora non l’aveste ancora capito, sono oltre cento i membri del party che è possibile convincere della bontà della nostra causa e, anche se non tutti possono essere utilizzati in battaglia, la loro semplice presenza aggiunge molta varietà all’avventura. Alcuni compagni di viaggio sono la ricompensa presentata al termine di missioni secondarie significative, come una maghetta incontrata all’inizio di un dungeon che affianchiamo per sconfiggere il temibile mostro annidato in fondo allo stesso, mentre altri si uniranno dopo un semplice scambio di opinioni. Certo, quanti rientrano in quest’ultima categoria sembrano un po’ vittime di contenuti tagliati per mancanza di tempo, ma ho apprezzato comunque il ritmo relativamente sostenuto con cui incontriamo i futuri seguaci e li coinvolgiamo nella nostra missione. E poi, anche se alcuni sono decisamente approssimativi e vengono definiti soltanto dalle loro abilità esclusive, ciascuno di essi è memorabile a modo suo e aggiunge qualcosa di utile al gruppo in continua crescita. La mia personale simpatia è andata a Francesca e Yusuke, rispettivamente una guaritrice dolce e gentile affetta da bipolarismo, che cade preda di una rabbia incontrollata alla minima provocazione, e un teppista con l’uniforme rosa che non sfigurerebbe in un manga scolastico, capace di infliggere ingenti danni corpo a corpo dopo aver caricato il suo spirito battagliero per un paio di turni. Gli scontri casuali che scattano durante l’esplorazione di mappe all’aperto e cunicoli sono l’omaggio più evidente a Suikoden, e ad una certa concezione degli RPG di quegli anni. I combattimenti a turni ci vedono al comando di una squadra composta da un massimo di sei personaggi, tre in prima fila e tre nelle retrovie, mentre una linea temporale nella parte superiore dello schermo mostra l’ordine in cui agiscono i contendenti, permettendoci di stabilire le opportune priorità. Altro aspetto che mi è piaciuto sono gli scontri coi boss, che spesso offrono l’occasione di eseguire azioni speciali per affrontarli: queste battaglie non sono solo un valido banco di prova per le nostre formazioni, ma aggiungono una stratificazione tattica interessante che spezza la routine e ci costringe a tenere conto di alcune variabili aggiuntive per avere la meglio sugli avversari, quasi come se stessimo risolvendo un enigma.
Eiyuden Chronicle: oh, non scorderei mai un traditore
Determinati momenti della storia vengono rimarcati da scenografici duelli uno contro uno, basati su un sistema simile alla morra cinese che richiede di pianificare attacco e difesa a seconda di ciò che viene detto dagli sfidanti, come fossero delle cutscene interattive pregne di drammaticità, finché non è possibile sferrare un colpo di rottura che spezza la guardia del rivale e ci consente di passare alla scena successiva. In queste contese la tensione è palpabile, perché una singola leggerezza potrebbe vanificare ogni sforzo e costringerci alla resa, mentre l’adrenalina scorre grazie agli sfondi, alle animazioni, alle inquadrature e alla musica che incorniciano il frangente, elevandone a potenza la straordinaria epicità. Restando al di fuori del consueto ciclo di gioco, ci sono altre meccaniche che vale la pena menzionare. Durante i passaggi salienti dell’avventura, verremo coinvolti in una serie di battaglie su larga scala con la Modalità Guerra, che si svolge come una versione semplificata dei livelli di Advance Wars, in cui i membri del party comandano i propri plotoni ordinati su una piccola griglia. Affrontare i plotoni nemici potrebbe sembrare interessante di primo acchito, ma l’impegno cerebrale richiesto è davvero esiguo e ben presto ho compreso che si tratta più che altro di un modo per scorrere il lunghissimo elenco di sostenitori del Kickstarter, riportati come nomi dei soldati delle varie legioni, mentre ci giriamo i pollici nell’attesa di riprendere i comandi. Ulteriori “distrazioni” includono la pesca, il beigoma (sfida tra trottole in un recipiente concavo, che prende il nome dal corrispettivo reale nato in Giappone agli inizi del ‘900), un gioco di carte, un sistema di scambio di beni tra varie città, un simulatore agricolo e persino un minigioco di cucina, tutte integrate in maniera più o meno sbrigativa: capisco che non siano parti fondamentali della produzione, ma era lecito attendersi qualcosa di più che semplici contentini dopo aver sbloccato tutti gli obiettivi del crowdfunding. Se non altro, la cittadella che possiamo ricostruire ed espandere superata la fase introduttiva è una delle attività secondarie più coinvolgenti: investire risorse e assegnare nuove reclute per edificare varie parti della fortezza e del villaggio tutt’intorno, ottenendo peraltro svariati vantaggi sia pratici che estetici, è un altro palese richiamo alle basi presenti nei diversi Suikoden. Il solo fatto di avere una casa in cui tornare dopo aver completato l’ennesimo mandato regala una grande soddisfazione, soprattutto quando la vediamo crescere ed evolversi nel tempo.
Ne ho fin sopra i capelli dell’aristocrazia locale
L’ho già detto, ma lo ribadisco: Eiyuden Chronicle è stato ovviamente concepito per essere un inno appassionato ai JRPG di un tempo, ma a volte sembra che aderisca un po’ troppo agli stilemi più tediosi e arcaici del genere: che sia la gestione estremamente limitata dell’inventario, l’andirivieni obbligatorio tra locanda o punti di salvataggio e negozi per equipaggiare al meglio ciascun personaggio, la configurazione macchinosa delle lenti runiche o la struttura della maggior parte delle missioni, il suo legame con gli illustri precursori spesso pesa come una zavorra, che non riesco a giustificare in toto con la deliberata contiguità all’epoca d’oro dei giochi di ruolo di stampo giapponese. Dopotutto, se produzioni quali Octopath Traveler o Chained Echoes, quest’ultimo sviluppato con 1/10 delle risorse che Rabbit & Bear Studios ha avuto a disposizione, sono state in grado di aggiungere un tocco di sensibilità moderna alla loro essenza squisitamente retrò, come mai nessuno ha ritenuto opportuno farlo anche con il titolo qui presente? Quantomeno, i dungeon hanno saputo raccogliere gli spunti migliori dalla filosofia degli anni ‘90, incentrati come sono su un rompicapo centrale che cavalca con sapienza la linea tra frustrazione e appagamento. Ingegnosi, articolati e lunghi quasi sempre il giusto, i suddetti stratagemmi che caratterizzano le lotte con i boss al termine, uniti all’obbligo di bilanciare oggetti e punti magia per mantenere il party in salute, contribuiscono a rendere la conquista di ogni labirinto una meritatissima vittoria. Inoltre, benché sia ancora funestato da piccoli e grandi problemi tecnici che rendono l’esperienza complessiva meno piacevole di quanto avrebbe dovuto essere, in particolar modo su Nintendo Switch, la presentazione di Hundred Heroes è straordinaria e rivaleggia con l’estetica di altri prodotti simili in HD-2D: malgrado gli elementi tridimensionali appaiano un po’ troppo squadrati e nebulosi, l’alta qualità degli sprite aiuta a compensare, lasciando nel complesso una buona impressione. La colonna sonora è altrettanto piacevole, con una serie di brani musicali apprezzabili che catturano adeguatamente la portata dell’avventura, pur lasciando ampio spazio ai momenti più tranquilli.
Conclusioni
Eiyuden Chronicle: Hundred Heroes conquisterà di sicuro una folta schiera di appassionati, ma le sue legittime mancanze sono difficili da ignorare. Non posso negare di averlo apprezzato, tuttavia resto ben consapevole che ogni singolo pregio si è scontrato con uno spiacevole difetto. Forse il tempo di sviluppo speso per integrare tutti gli extra ha compromesso l’avventura di Nowa, impedendole di divenire qualcosa di leggendario come la sua principale fonte di ispirazione.
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