Era il 23 giugno del 2000 quando, tra le pagine della popolare rivista giapponese Weekly Shonen Jump, Sand Land piombò nel mondo come un fulmine a ciel sereno. Presentandosi come una singola storia divisa in 14 capitoli e successivamente racchiusa all’interno di un tankobon, l’avventura del principe dei demoni Beelzebub e dello sceriffo Rao divenne una delle opere del Toriyama Post-Dragon Ball più apprezzate, riuscendo ad ottenere consensi anche dai fan più hardcore che magari si erano stufati del canovaccio impostato dalla Serie Z della sua opera magna.
Fast forward di 24 anni e Sand Land diventa il fulcro del purtroppo ultimo progetto cross-mediale di Akira Toriyama prima della sua morte avvenuta lo scorso 1 marzo 2024, con un rilancio totale del brand attraverso non solo un film d’animazione, ma anche con un progetto ancora più ambizioso: arricchire ed espandere il deserto sconfinato (e non solo) di Sand Land in un mondo interattivo, con un gioco action-RPG open-world sviluppato da ILCA e distribuito dagli irriducibili fautori dei tie-in basati sugli anime, Bandai Namco. Una mega operazione che ha coinvolto in prima linea anche dell’editore Shueisha e soprattutto Toriyama stesso, e rappresentando quindi (e a malincuore) il canto del cigno del mangaka. Ma sarà abbastanza per sfatare lo stigma dei tie-in shonen, ormai sempre più relegati a un genere – gli arena fighters – che anno dopo anno diventa sempre più stantio? Scopriamolo insieme!
“Hey questa è la maxi-storia di come l’acqua a riva è tornata…”
Quando si parla di trasposizioni videoludiche di opere animate o manga, se ne parla sempre con un leggero scetticismo. Se da un lato l’idea di ripercorrere in prima persona il percorso dei nostri eroi preferiti sia intrigante, quest’ultima può presentare dei “compromessi” non indifferenti. Nel caso di opere come per esempio One Piece, Jujutsu Kaisen o Naruto – tutti manga trattati in qualche modo da Bandai Namco nel recente passato – i giocatori sono stati abituati a due approcci non proprio soddisfacenti: il primo è quello della “storia originale” creata ad hoc per il gioco, magari anche con il benestare e la supervisione del creatore dell’opera. E sebbene questa via possa risultare soddisfacente a un livello superficiale, alcuni fan potrebbero non apprezzare un livello di scrittura che tende a scendere di qualità rispetto a ciò che si legge su carta. Il secondo approccio e forse il più comune è quello della trasposizione degli eventi del manga/anime in formato ludico, inserendo gli eventi più iconici delle proprie opere preferite all’interno della formula di gameplay principale del gioco. Anche in questo caso però, il compromesso da dover accettare riguarda la “messa in scena”. Nel caso di Dragon Ball Z: Kakarot o la serie Naruto Ultimate Ninja Storm, Cyberconnect2 era riuscita a ricreare o migliorare gran parte delle coreografie spettacolari presenti nei combattimenti, altri prodotti come Saint Seiya: Soul of Gold, Jujutsu Kaisen: Cursed Clash e tanti altri arena fighter non hanno goduto di questo lusso, optando per una riproposizione statica e poco accattivante. E se a questo aggiungiamo anche il fatto che gran parte di questi titoli vengono il più delle volte sviluppati mentre l’opera originale è ancora in corso, la ricerca di titoli basati sugli anime che riescano a trovare il giusto bilanciamento tra “fabula” e “ludo” si fa particolarmente complicata.
In questo caso, Sand Land si propone come un caso più unico che raro, per il semplice motivo che stiamo parlando di un manga che nasce e finisce all’interno di quei 14 capitoli pubblicati nel 2000, offrendo a noi giocatori e soprattutto agli sviluppatori un canovaccio già consolidato. Per chi non lo conoscesse, Sand Land è una sorta di favola post apocalittica che segue il viaggio del Principe dei Demoni Beelzebub, il suo fidato “ladro-braccio destro e/o babbo natale part time” Thief e lo Sceriffo Rao. Nonostante i pregiudizi che sulle prime inaspriscono i rapporti tra umani e demoni, il gruppo instaura ben presto un rapporto d’amicizia e fiducia che gli aiuterà ad affrontare il viaggio alla ricerca di una fonte d’acqua non controllata dalle forze militari dell’avido Re di Sand Land, che ha approfittato della catastrofica siccità che si è abbattuta sulla regione per attuare una vera e propria operazione ultra capitalista, maggiorando il prezzo dell’acqua e ottenendone il monopolio totale. In occasione della trasposizione in formato videoludico, quella che si propone come una simpatica avventura sfogliabile in qualche oretta è stata espansa, andando a proporre tramite sub-quest, codec nascosti e templi da scoprire ulteriori retroscena di background sulla mitologia attorno alle Sand Land.
E non finisce qui! Come detto all’inizio, questo revival di Sand Land nasce come un mega progetto cross-mediale che coinvolge la produzione di media legati al manga non solo come riproposizioni dell’opera originale, ma anche e soprattutto come apripista per un diretto sequel di Sand Land, interamente redatto da Toriyama in quella che è a conti fatti la sua ultima opera originale. Senza andare incontro ad eventuali spoiler, sappiate che l’arco di Forest Land porterà Beelzebub, Rao e Thief ad esplorare un luogo fino ad ora mai menzionato prima all’interno del mondo narrativo, approfondendo gli avvenimenti inerenti a un particolare elemento che ha caratterizzato il background della prima parte di questa storia e che culmina in un finale al cardiopalma, trasformando quella che nasceva come una tranquilla serie comedy con leggeri elementi shonen, in una favola epica del genere. Anche se, almeno nel contesto di un’avventura open world, ci sono delle piccole note di demerito. Vero, questo stilema ha permesso di raccontare nuove storie ed espandere altri elementi già esistenti, ma allo stesso tempo il modo in cui alcune fasi di esse vengono raccontate con una prolissità e una staticità troppo evidente. Capisco il dover rientrare all’interno di un quantitativo di ore adeguato al genere e dover risparmiare gli animatori per la produzione delle scene che contano – quest’ultime ben congegnate e cariche d’adrenalina – ma forse una ricerca di materiali, deviazione improvvisa o un pelino di esposizione in meno avrebbero giovato alla fluidità della narrazione.
Sand Land e gli scontri matti tra mecha
Una volta terminata la lunga ma abbastanza focalizzata introduzione sulle dinamiche e meccaniche principali di gameplay, il giocatore è catapultato al comando di Beelzebub e “lasciato a se stesso” nel bel mezzo del – a prima vista – sconfinato deserto delle Sand Land, con un singolo obiettivo primario dedicato alla prosecuzione della trama e pressoché carta bianca sul come approcciarsi all’esplorazione. Nonostante questo, non stiamo di certo parlando di una libertà di movimento totale in stile sandbox di altri titoli, e infatti fin da subito alcune zone della mappa non possono essere esplorate con le semplici “mani nude ultraforzute” di Beelze. Muri troppo elevati, blocchi di roccia, strutture inamovibili avranno bisogno di un ulteriore supporto per essere superati ed è qui che entrano in gioco i robot costruibili all’interno dell’officina di Spino, l’hub principale in cui si concentrano tutti i servizi, negozi e gli upgrade ottenibili nel gioco. Macchine, gambe meccaniche, moto, carri armati e chi più ne ha più ne metta, il vero punto di forza di Sand Land risiede nella vasta gamma di mezzi pilotabili, intercambiabili con la semplice pressione di un tasto direzionale del controller in quello che può essere considerato un simpatico rimando alle Hoi Poi prodotte da una certa Capsule Corp fondata da una certa Bulma. Ognuno di questi mezzi presenta un set di ben due armi a corto e lungo raggio come fucili, cannoni e lanciarazzi di diverse misure, permettendo anche una piccola ma comunque ben differenziata personalizzazione tramite la costruzione e/o l’ottenimento di nuovi pezzi, necessari per incrementare le statistiche dei mezzi, ricevere bonus e soprattutto mettere in mostra il tanto amato design mecha che ha caratterizzato la carriera di Toriyama. Tutto questo al costo di qualche Zenni e soprattutto di un bel po’ di materiale ottenibile tramite varie chest sparse nelle Sand Land, riserve minerali oppure delle sane ed esplosive scazzottate nel deserto.
Ed è qui che abbiamo l’appiglio per parlare del combat-system di Sand Land, suddiviso in due fasi ben distinte: gli scontri armati con le insidie del deserto e i combattimenti ravvicinati a mani nude, ed è qui che incappiamo in uno dei problemi giganteschi nel design del gioco. Perché se da un lato abbiamo dei momenti di gameplay piacevoli, dove creare il chaos, chiamare aiuti esterni o anche solo sperimentare con le varie armi speciali decimando centinaia di nemici tra creature selvagge, teppisti e forze militari risulta effettivamente un qualcosa di divertente, dall’altro le scazzottate e il moveset di Beelze sembrano essere stati estrapolati da un altro gioco. E al netto di tutti i modi in cui l’esperienza “CQC” possa essere migliorata tramite l’ottenimento di nuove abilità tramite una piccola spesa in PA (punti abilità) e una manciata di nemici molto specifici che possono essere affrontati solo in questo modo, l’utilizzo di questo metodo di combattimento in qualsiasi altro contesto è solo controproducente e a tratti frustrante. Si vede chiaramente che il 90% del design dei mostri, sia in caso di hitbox/hurtbox che di animazioni, sia stato progettato in modo da supportare l’uso dei mezzi in primis (che ci sta), ma che allo stesso tempo rende inutile o comunque incompleta una parte fondamentale dei sistemi del gioco. Il secondo problema con il gameplay di Sand Land risiede poi in come è stata strutturata l’esperienza open world. Ora, non vorrei essere troppo crudele comparare questo progetto – destinato per forza di cose ad un pubblico molto più vasto data la sua natura cross-mediale – con i mostri sacri del genere come i recenti The Legend of Zelda, ma se guardiamo alla varietà di veicoli e mecha proposti dal gioco, il loro funzionamento e soprattutto le possibilità in termini di situazioni giocose che possono essere costruite attorno a tutto questo, Sand Land preferisce attenersi a una formula di sub-quest basilare e appartenente ormai a due generazioni fa: missioni di soccorso, missioni di raccolta materiali e le occasionali corse in moto. Un’offerta ludica piuttosto carente, soprattutto se viene replicata all’interno di svariate regioni della mappa principale, per un numero considerevole di ore di gioco.
“Questo telaio sembra un po’ ammaccato”
Se come detto in precedenza, a livello di gameplay Sand Land riesce a proporre – seppur con qualche singhiozzo – un’esperienza di gioco open-world al pari dallo standard settato da franchise come i FarCry e gli Assassin’s Creed di Ubisoft, da sempre utilizzati come “modello base” del genere, non si può dire lo stesso della resa tecnica del titolo. Chiariamoci, ILCA non è assolutamente né una software house ultra blasonata né una fabbrica di “orrori” videoludici, e sono più che sicuro che l’infamia che si è purtroppo guadagnata tra il pubblico più hardcore a causa degli innumerevoli bug di Pokémon Diamante Lucente e Perla Splendente sia nata dalle tempistiche stringenti che The Pokémon Company applica su qualsiasi suo prodotto. Anche perché, se dobbiamo proprio essere onesti, la nostra esperienza con Sand Land è stata pressoché immacolata. Al dì là di un singolo scenario di crash anticipato dallo stesso sviluppatore, e che tramite una patch al day one verrà subito sistemato, non c’è stato un momento in cui il gioco non girasse in maniera fluida e senza singhiozzi significativi in termini di stabilità e/o frame rate. Certo, gran parte di questi plus nascono da una presentazione visiva non proprio “spaccamascella”, e con un mondo di gioco che sì riesce a non sfigurare nel contesto dello stile artistico di Toriyama ma che (salvo i caricamenti fulminei su SSD) non sfrutta al 100% l’hardware di PlayStation 5. E va benissimo, per carità, trattandosi di un titolo tie-in il classico “graficone™” sicuramente non era uno degli obiettivi principali del team di sviluppo che magari ha preferito investire le proprie risorse in altro. Tuttavia, se dovessi indicare un difetto che può essere considerato imperdonabile e addirittura controproducente a Sand Land, non posso fare altro che puntare il dito sulla gestione dei dialoghi di contorno durante l’esplorazione.
Per quel che mi riguarda ci sono due estremi: il primo è rappresentato da personaggi come Zagreus di Hades o comunque surrogati del giocatore che riescono a spezzare il silenzio tra un’azione di gioco e l’altra con dei dialoghi semplici, che vanno dritti al punto e che soprattutto risultano funzionali nel contesto/momento in cui vengono detti; e poi hai dall’altra parte abbiamo invece Atreus di God of War Ragnarok con i suoi costanti rimandi all’obiettivo principale, alla soluzione di un enigma o semplicemente un bombardamento di informazioni basilari che il giocatore subisce durante ogni minuto della partita. Ecco, partendo da questa premessa, i dialoghi di intermezzo in Sand Land rappresentano un nuovo punto basso per quest’ultima categoria: già dopo le prime 3 ore di gioco, Rao, Thief e Beelzebub inizieranno a ripetere senza sosta (a volte anche con intervalli striminziti) gli stessi medesimi dialoghi, meccaniche e contesti che il più delle volte mal si incastravano con quello che effettivamente veniva mostrato a schermo. Un malus pesantissimo per l’intera esperienza e che a un certo punto mi ha più volte “buttato fuori” dall’immedesimazione, soprattutto quando alcuni di questi scambi non tenevano conto degli eventi accaduti durante la campagna. Magari anche questo problema verrà risolto il giorno dell’uscita, ma al momento rimane uno dei nei più evidenti e fastidiosi dell’intera produzione.
Nonostante gli acciacchi di una struttura di game design ormai fuori tempo massimo e qualche incertezza tecnica, SAND LAND è la prova che in casa Bandai Namco le idee sul come proporre trasposizioni fedeli e soprattutto rispettose dei manga shonen più apprezzati non mancano. La storia inedita redatta da Akira Toriyama funziona e riesce a incastrarsi più che bene con la narrazione fiabesca autoconclusiva che permeava la (a questo punto) primissima parte dell’opera. I mecha invece rappresentano un vero e proprio showcase delle abilità del mangaka nell’immaginare figure tozze ma allo stesso tempo complesse, e i mostri da lui ideati ci ricordano come la deriva shonen sia solo una parte della sua illustre carriera. In Sand Land quindi, vediamo una sublimazione del suo modo di vivere l’industria videoludica, tra creatività e ironia. Sicuramente, un titolo da acquistare se siete fan del maestro o anche se non riuscite ad aspettare l’arrivo del nuovo batch di episodi della serie animata.