Eiyuden Chronicle Hundred Heroes è un titolo che arriva da lontano. C’è stato un periodo, negli anni ’90, in cui praticamente tutte le software house nipponiche hanno tentato di assicurarsi un posto importante sulla scena dei J-RPG. Alcuni franchise ormai celebri e che non hanno bisogno di menzione diretta sono nati o si sono evoluti per restare fino ai giorni nostri, altri si sono presto spenti all’interno di un mercato presto divenuto saturo vedasi, ad esempio, il Breath of Fire di Capcom. Anche Konami, ai tempi della prima PlayStation, aveva una serie di punta in tal genere: Suikoden, il progetto a cui il compianto designer Yoshitaka Murayama ha più legato la sua vita professionale e che tanto ha inciso nei cuori degli appassionati dell’epoca.
Stiamo parlando di un periodo pre-Final Fantasy VII, in cui quello dei J-RPG era un genere di nicchia e solo quelli di punta venivano tradotti in inglese: il successo non era scontato e i numeri che facevano i titoli di maggior successo erano comunque contenuti. Murayama lavorò ai primi tre titoli della serie, che poi finì in declino, concludendo la sua corsa col quinto capitolo, lasciando un piccolo vuoto nei cuori dei suoi fan. Fan che, nel 2020, covavano ancora in fondo all’animo il desiderio di un altro titolo della serie da lui diretto, cosa che Konami ha sempre evitato di fare, nonostante lo zoccolo duro di appassionati si sia fatto sentire tanto nel fandom, nel corso degli anni.
Eiyuden Chronicle Hundred Heroes è l’ultimo lascito di Murayama e del suo modo di intendere il J-RPG
All’annuncio della costituzione del Rabbit and Bear Studios, guidato da Murayama stesso e volto alla realizzazione di un effettivo “sequel spirituale” di Suikoden, la campagna Kickstarter è stata travolta da entusiasti backer, che hanno gettato il cuore oltre l’ostacolo dando fiducia immediata al progetto rendendolo uno dei videogiochi più supportati di sempre sulla piattaforma. Da allora abbiamo avuto una pandemia globale e vari ritardi (ampiamente giustificati) nella realizzazione del titolo, che ora tuttavia – finalmente – si appresta a essere giocato dalla sua platea dopo che i supporter e la stampa hanno potuto giocare una demo che comprendeva l’incipit della storia. In seguito al nostro primo provato, abbiamo potuto giocare senza restrizioni Eiyuden Chronicle Hundred Heroes con qualche giorno di anticipo per poterne ampiamente saggiare le qualità e, dopo quattro anni di attesa (intervallati dal divertente ma poco ambizioso spin-off/prequel Eiyuden Chronicle Rising) possiamo infine tirare le (difficili, vi avvisiamo già da ora) somme.
Allraan è un continente ricco di culture e società diverse, non sempre in armonia fra loro. Tra queste, l’Impero Galdeano sta acquisendo sempre più influenza e le sue ricerche riguardo alle mitiche Lenti Runiche le stanno assicurando anche una certa potenza sul campo, nonostante le sue rassicurazioni in merito a un uso pacifico e progressista delle stesse. Un giorno, i cammini di due giovani eroi – lo spensierato Nowa e il nobile Seign – si incontrano, dando vita a un’epopea che vedrà come terza forza protagonista la fiera guardiana della natura Marisa. Insieme a loro, altri cento avventurieri forgeranno il destino del mondo nel corso di una guerra che diverrà leggendaria.
La trama alla base di Eiyuden Chronicle Hundred Heroes rimanda molto ai temi cari a Murayama e alle storie viste nei suoi vari Suikoden, con intrighi politici su vasta scala che vanno a comporsi su scacchiere popolate da molteplici e variegate pedine, ciascuna con background, aspirazioni e abilità differenti. Vita, morte, libertà, ambizione, guerra e pace si mescolano dando vita a un affresco molto ricco, grazie al contributo di tutti i suoi attori. Ma questo è solo il primo degli innumerevoli elementi ripresi dalla saga Konami e riproposti ora in ECHH, che va direttamente a correlarsi con i “Cento Eroi” nominati nel titolo: proprio come in Suikoden, il party protagonista sarà oltremodo numeroso, finendo per essere un vero e proprio esercito. Al di là dei soldatini semplici, difatti, i ranghi degli Ufficiali che comporranno la nostra armata saranno piuttosto affollati, poiché oltre ai già numerosi personaggi mandatori per la trama principale saranno decine e decine i personaggi secondari che si uniranno a noi nel corso dell’avventura. E non stiamo parlando di PNG generici, ma di figure a tutto tondo estremamente caratterizzate e differenziate, anche all’interno delle stesse specializzazioni. Oltre ai ruoli e professioni più classici ne troveremo alcune decisamente originali, anche come semplici varianti dei concept più abusati (dai maghi ai “tank”, che qui possono essere delle maghette in stile majokko anime o dei luchador) che in alcuni casi sovvertono anche le regole basilari del gameplay, con abilità particolari ed esclusive.
Eiyuden Chronicle Hundred Heroes ci riporta ai “bei tempi” della PSX
Fondamentalmente, i combattimenti avvengono con il più abusato dei sistemi a turni vecchia scuola, con attacchi, difese, mosse speciali (attivate tramite punti abilità che si ricaricano a poco a poco) e abilità magiche grazie al potere delle Lenti runiche (e l’utilizzo dei relativi MP). Entrano in gioco anche abilità singolari esclusive o situazionali (relative a certi combattimenti contro i boss o in certi ambienti di gioco) e le potenti mosse combinate tra personaggi che vantano sinergie specifiche, oltre a svariate build strategiche settabili inserendo i combattenti giusti negli slot a loro più adatti, tra prima linea, retrovie e supporto. Vista la quantità di variabili in gioco, le possibilità sono davvero numerose, ma non è detto che riuscirete sempre a sfruttarle al meglio o ne valga la pena, per quanto il gioco vi istighi a studiare le soluzioni migliori e addirittura a impostare delle routine automatizzate per la gestione degli scontri casuali, dato che potete impostare l’Autobattle intelligente in cui i personaggi agiranno secondo pattern da voi prefigurati. Di fatto, non sempre il gioco vale la candela, a meno che non siate davvero meticolosi in ogni aspetto per natura e non giocate con i settaggi più difficili, dato che di base il livello di difficoltà è piuttosto basso e non abbisogna di chissà che preparazione. Senza contare che sperimentare e settare build con cento personaggi a disposizione è un lavoro che di per sé porta via ore… oltretutto sfruttando menù volutamente retrò.
Squisitamente retrò è anche la veste grafica, invero croce e delizia dell’intero titolo: la commistione 2.5D tra accattivanti sprite pixellosi e fondali poligonali è quello che tutti si ricordano con affetto e generalmente gradevole, anche in virtù di ottime animazioni, bei giochi di luce, tanta personalità nel design, ma anche spoglio e incoerente in altri frangenti, quando si notano texture poco definite, poligoni spogli, stuttering, incertezze di telecamera. A questo proposito, risulta irritante avere inquadrature fisse per le location – con fastidiosi movimenti automatici a conferire finta prospettiva ad alcuni passaggi – quando però trovandoci di fronte a dei bivi dobbiamo scegliere praticamente a caso la direzione senza poter “dare un’occhiata” girando la telecamera come oramai normale. Calcolando inoltre che comunque sulla mappa del mondo la visuale si può girare (e ci mancherebbe pure).
Ma ECHH è un coacervo di soluzioni stilistiche e di game design d’altri tempi, come i punti di salvataggio fissi, i combattimenti casuali mentre si cammina in zone pericolose (tarati oltretutto male a livello di frequenza e grinding), i log delle decine di quest secondarie praticamente inesistenti… Il problema è quando la nostalgia si fa così canaglia da incatenarci a cose che ci hanno svezzato ma che proprio come degli omogeneizzati sono difficilmente appetibili per un pubblico ormai cresciuto e abituato a soluzioni molto più comode ed efficaci. Tutto molto bello, ma anche tutto molto faticoso! Non bolleremmo mai il gioco come noioso in sé, anche perché tra una campagna base lunga più di quaranta ore e almeno altrettante di quest secondarie c’è sempre qualcosa di nuovo da fare… senza neanche contare i numerosi mini-giochi presenti e la smania di personalizzare la propria roccaforte! Il problema è che le lungaggini dovute a un approccio davvero volutamente old-school rischia di far venire il tutto immeritatamente a noia prima del previsto. Le poche differenze (bada bene, non “innovazioni”) sembra quasi stiano lì proprio per evitare l’accusa di auto-plagio diretto, più che per offrire qualcosa “di più” o di diverso. Senza contare che viene quasi il dubbio che si sia usata direttamente la scusa dell’approccio classico proprio per evitare di spendere buona parte del lavoro sull’ottimizzazione del tutto… cosa che però non può passare davvero in secondo piano. Anche perché il tutto è aggravato da una certa lentezza operativa, una meccanicità stantia dei menù e da continui caricamenti nonostante l’SSD e le ambientazioni in questione.
“Retrò” dunque è proprio il termine perfetto perché ECHH nasce dalla volontà di ripercorrere i passi dei mostri sacri del passato, come successo precedentemente per titoli come Bloodstained: Ritual of the Night o Teenage Mutant Ninja Turtles: Shredder’s Revenge, andando a cercare il favore dei nostalgici più che quello di nuovi giocatori. Si legge nei documenti ufficiali di presentazione del gioco:
Eiyuden Chronicle Hundred Heroes non è solo una rivisitazione dei classici JRPG degli anni ’90; è un omaggio sincero che li onora con meccaniche di gioco e design che riprendono deliberatamente l’epoca, anziché seguire le tendenze moderne dei JRPG.
Dichiarazione d’intenti molto veritiera… fin troppo, in verità. Perché l’idea è proprio quella di rifare un gioco di trent’anni fa, non solo coi suoi pregi ma anche coi suoi limiti. Tutto o quasi quello che trovavate in un Suikoden dell’epoca più o meno lo trovate anche qui, nel bene e nel male, con la differenza che sono passati tre decenni e per quanto l’aura nostalgica affascini certe innovazioni non sono più accessorie.
Eiyuden Chronicle Hundred Heroes è un titolo fuori dal tempo, che dimostra come le glorie del passato abbiano tanto da dire e da tramandare ma abbiano anche bisogno di un tocco di effettiva modernità per essere apprezzate al meglio. Propone e ripropone alcune meccaniche ed idee eccellenti della saga di Suikoden, ma è a tutti gli effetti un gioco che sembra uscito da un’epoca che non c’è più, in cui la “quality of life” dell’esperienza non era messa debitamente in conto. Ed è un vero peccato, perché di carne al fuoco ce n’è davvero tanta, ma rischia di non venire apprezzata come merita, anche in piccoli e grandi dettagli come certi design, i dialoghi ambientali, le musiche e il doppiaggio (superbo, sia in giapponese che in inglese). Non resta che sperare in patch di intervento pesante – perlomeno su alcuni aspetti di gameplay – nel periodo post-lancio, che vedrà comunque l’uscita di diversi DLC già annunciati.
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