Lo “spirito” dei Ghostbusters si ravviva ogni qual volta che sentiamo qualcuno intonare il motivetto che accompagna la campagna pubblicitaria dei nostri “Acchiappafantasmi” di fiducia. Entrati di prepotenza – a bordo della loro automobile, la mitica Ecto-1! – nella cultura pop dal 1984 grazie all’omonimo film Ghostbusters – Acchiappafantasmi diretto da Ivan Reitman e scritto e sceneggiato da Harold Ramis e l’ideatore (nonché co-protagonista nei panni di Ray Stantz) Dan Akryod, che mescolò la sua reale fascinazione per i fenomeni paranormali (un tratto distintivo di famiglia, a suo dire) con il modello di storia proposto nel cortometraggio Disney del 1937 “Topolino e i fantasmi”. Il film ebbe un grande successo al botteghino, così nel 1989 venne prodotto un non altrettanto fortunato seguito, Ghostbusters II. Il secondo film venne poi rivalutato come film cult negli anni a venire e il tutto diede origine ad un franchise (in cui inseriamo anche una mitica serie animata, nonché diversi videogiochi). Il merito fu anche del cast e della chimica che legava i quattro protagonisti, che avevano esordito come attori comici nel programma televisivo statunitense Saturday Night Live. Tuttavia i tre film successivi, usciti a molti anni di distanza per motivi disparati, non hanno mai spezzato davvero la “maledizione” del secondo film. Tralasciando completamente il remake al femminile del 2016, Ghostbusters è ritornato alla vita grazie al figlio di Ivan Reitman, Jason, con un nuovo filone cominciato nel 2021, con il film Ghostbusters: Legacy, di cui questo Ghostbusters Minaccia Glaciale con al timone da Gil Kenan è il diretto seguito.
Ghostbusters Minaccia Glaciale: noi redivivi, loro redimorti
Un’antica sfera misteriosa finisce nelle mani sbagliate ed una forza malvagia si risveglia: a rispondere alla chiamata per la salvezza è la famiglia Spengler. L’abbiamo conosciuta in Ghosbusters: Legacy ed è composta da Phoebe (Grace McKenna), mente geniale del gruppo che segue le orme del nonno Egon, suo fratello Trevor (Finn Wolfard, che già dalla serie Netflix Stranger Things aveva un’affinità con questo franchise) sua madre Callie (Carrie Coon) ed il suo nuovo compagno, ex insegnante sui generis dei due ragazzi Mr. Grooberson, interpretato da Paul Rudd. Dopo aver rilevato la ex caserma dei pompieri sede del primo gruppo di Acchiappafantasmi i quattro hanno avuto a che fare con la ristrutturazione: se prima il palazzo fatiscente era stato rimesso a nuovo, ora dallo scantinato si odono voci inquietanti, la camera di contenimento dei fantasmi infatti non è mai stata svuotata, ogni fantasma birichino intrappolato si trova ancora nel caveau e smania per uscire. Tra le anime in pena che infestano New York c’è Melody (Emily Alyn Lind) il fantasma di una povera ragazza, morta in un incendio, che passa la sua eternità a giocare da sola a scacchi nel giardino pubblico, fino a quando non incontra Phoebe, che per qualche ragione inspiegabile riesce a vederla e a parlare con lei. Tra le due nasce un feeling: entrambe sono fuori posto, entrambe vorrebbero chiudere i conti con il passato… Phoebe però non può parlare a nessuno di lei. Intanto la vecchia guardia di componenti della famosa squadra si è divisa: Peter Venkman (Bill Murray) vorrebbe godersi la pensione, Ray Stanz (Dan Aykroyd) si è riciclato come conduttore di un podcast dove vengono mostrati oggetti di dubbia carica spiritica e continua a studiare i fantasmi sognando nuove avventure, Janine Melnitz (Annie Potts), la segretaria tutto fare, è sempre in attività e Winston Zeddemore (Ernie Hudson) ha messo in piedi un grande progetto segreto in cui ha coinvolto anche le altre due leve che abbiamo conosciuto in Legacy, Podcast (Logan Kim) e Lucky (Celeste O’Connor). Alla porta di Ray si presenta con un lotto di oggetti misteriosi da vendere Nadeem (Kumail Najiani), un ragazzo modesto di origini indiane che vuole solo racimolare qualche soldo.
La trama non brilla di originalità ma cerca di dare spazio ad ogni personaggio, gettando le basi per nuove possibili storie. Il film viene anche fagocitato dalle citazioni, che strappano un sorriso e sono anche pertinenti, ma continuano a costruire le basi per qualcosa di cui ancora non sappiamo l’utilizzo: in definitiva c’è dell’insicurezza di base che non permette alla storia di avere una sua completa identità.
Leggendo le note di produzione capiamo che questo film si porta dietro un carico emotivo legato al bisogno di Jason Reitman di proseguire quello che è stato al centro della vita di suo padre, scomparso nel 2022. Ha difatti dichiarato:
Una delle più grandi esperienze della mia vita è stata dirigere Ghostbusters: Legacy con mio padre seduto accanto a me sul set. Andare alle prime proiezioni con lui, poi fare con lui il tour promozionale, lo annunciavano dicendo “Signori e signore, Ivan Reitman” io li guardavo alzarsi in piedi e applaudire e in quei momenti mio padre inevitabilmente piangeva è stata l’esperienza di una vita, è bello sentire di far parte della famiglia che ha creato Ghostbusters.
Per questo bisogna riconoscere l’impegno messo nel cercare di rendere giustizia con rispetto all’originale, anche da parte del regista Gil Kenan che ha motivato la sua scelta di dirigere Minaccia Glaciale in questo modo:
Ghostbusters mi ha cambiato la vita da bambino, quel gusto unico di commedia e paura, non ho mai sperimentato niente di simile guardando un film prima di allora. Vedere qualcosa che è al contempo divertente e spaventoso è sempre spassoso. Minaccia Glaciale non è solo dedicato ai fan ormai adulti del franchise ma è pensato anche per i ragazzini, quelli che oggi hanno la stessa età di quando io vidi Ghostbusters, ragazzini che spero scopriranno in questo film lo stesso brivido e voglia di conoscere tutto quello che ruota intorno al mondo di Ghostbusters che ho percepito io nel 1984.
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Facendo una riflessione più attenta si percepisce che il tono serioso di Legacy (almeno nella prima porzione del film) era fuori luogo, quando invece la comicità e il demenziale sono parte integrante del tutto; indirizzare un film comico a diverse fasce di età non è affatto un compito facile ed è forse questo il motivo per cui c’è stato un corto circuito e l’operazione nel primo film non è del tutto riuscita, nel momento in cui volendo accontentare tutti, si sono incrociati i flussi. Questo secondo capitolo risulta decisamente più “digeribile”.
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