Capcom ha puntato sulla decisione strategica di rivitalizzare l’acclamata saga di Dragon’s Dogma, brand di culto che in Occidente non ha fino a oggi trovato la fortuna che si sarebbe altrimenti meritato. L’atteso rilancio prende dunque la forma di Dragon’s Dogma 2, un sequel che sa molto di soft-reboot, ma anche una scommessa importante su cui il distributore e produttore nipponico sembra voler credere molto. Dal punto di vista commerciale, Dragon’s Dogma 2 rappresenta infatti per Capcom una sfida audace e a tratti rischiosa.
L’opera si presenta ufficialmente come il secondo capitolo di una serie perlopiù sconosciuta al grande pubblico, inoltre il suo avvento è caratterizzato da un prezzo di listino rialzato e che nei mesi scorsi ha già fatto storcere il naso a qualche gamer incredulo. Anche tenendo solamente da conto il fronte ludico-artistico, la situazione non risulta tanto più semplice da metabolizzare. Di per noi, abbiamo dedicato decine di ore a esplorare ogni anfratto del gioco, ma il tempo investito nell’impresa non ha fatto altro che regalarci un insieme sfaccettato e dolceamaro di stimoli, un delta di emozioni che spaziano dall’estasi alla biliosa frustrazione.
Come mappare il mondo di Dragon’s Dogma 2
Ma che cosa rappresenta, in sostanza, Dragon’s Dogma 2? Tecnicamente si tratta di un autentico sequel, tuttavia i suoi rimandi sono sufficientemente remoti da far sì che il titolo possa reggersi autonomamente sulle proprie gambe, consentendo alla trama di acquisire quell’indipendenza essenziale a rende le sue vicende comprensibili anche a coloro che non sono familiari con la mitologia della serie. Sebbene vi siano riferimenti al passato, questi sono presentati con sagacia e lasciano ampio margine interpretativo per considerare gli avvenimenti del primo episodio come appartenenti a un’era remota o, addirittura, a eventi accaduti in un universo parallelo. C’è sicuramente del fanservice, ma viene presentato con animo dotto ed elegante, non danneggia i neofiti, piuttosto rafforza quel senso di ambiguità che permea sin dalle fondamenta le tematiche di gioco, gettando un’ombra di opportuno dubbio sul come vengono presentati gli accadimenti di trama.
Sotto una lenta analitica più pragmatica, Dragon’s Dogma 2 può invece essere descritto come un’avventura fantasy dotata degli elementi tipici dei giochi di ruolo. Si tratta di un format ibrido che è ormai consolidato, ma che nel contesto si pone in maniera tanto atipica da garantire un’esperienza di gioco del tutto autentica. Il game designer Hideaki Itsuno è riuscito in tal senso a replicare magnificamente le insolite dinamiche che hanno reso unico il primo episodio della saga, tratteggiando un sistema di gioco che amalgama sapientemente gli stilemi orientali e occidentali al fine di partorire un qualcosa che non cessa mai di sorprendere.
Nonostante la mappa offra un vasto mondo aperto da esplorare, per esempio, risulta difficile considerare l’opera al pari di un classico sandbox. Almeno non se adottiamo i canoni a cui siamo solitamente abituati. Immaginatevi gli open world di The Legend of Zelda: Breath of the Wild o Elden Ring, vaste ambientazioni che delegano alla paesaggistica una parte dello storytelling, ora aggiungete loro le impostazioni di trama di Skyrim, le quali sono invece fortemente ancorate alle relazioni sociali tra personaggi, il risultato finale sarà qualcosa di affine a Dragon’s Dogma 2. La tecnologia a disposizione al giorno d’oggi non permette di incrociare queste due divergenti filosofie progettuali in maniera efficace, tuttavia Hideaki è riuscito a imbastire spunti narrativi che riescono a fomentare un’illusione di coerenza. Perlomeno fintanto che non si decide di scavare troppo a fondo.
Il risveglio da un lungo sogno
Dragon’s Dogma 2 colloca il giocatore nei panni di uno schiavo che, colpito da amnesia, si ritrova costretto ai lavori forzati. Durante il suo primo giorno di fatica, il protagonista riesce ad approfittare del caos scaturito dall’attacco di una gorgone ed evade dalla sua cattività cavalcando un grifone selvatico. In seguito a un atterraggio tumultuoso, l’ormai ex schiavo si rende conto di essere il “Risvegliato“, una figura straordinaria venerata e assistita da simulacri umanoidi conosciuti come “pedine”, il cui compito è sconfiggere un drago leggendario strettamente legato al proprio destino. Questa successione di eventi sopra le righe si manifesta nei primi quindici minuti di gioco, palesando sin da subito la cifra autoriale a cui il team di sviluppatori Capcom ha voluto puntare. In risposta alle critiche che lamentavano la lentezza e la scarsità di contenuti in riguardo al primo Dragon’s Dogma, Hideaki ha deliberatamente concepito un mondo di gioco pieno zeppo di avvenimenti che vengono presentati con una cadenza a dir poco martellante. I personaggi non giocanti corrono letteralmente verso il giocatore pur di offrirgli nuove missioni, ma neanche il vagare senza meta è in grado di offrire un attimo di quiete.
Le vie, anche quelle principali, sono assiepate da nemici e predoni, quindi ogni singola battaglia non è che l’antefatto di ulteriori scontri, un’escalation che raggiunge in tempi brevi proporzioni leggendarie, ma che risulta presto stancante e persino un po’ ridicola. La cosa è doppiamente vera se si considera che in Dragon’s Dogma 2 si viaggia e si viaggia un sacco. La vastità della mappa richiede sforzi di resistenza notevoli da parte del giocatore, se non altro perché il sistema di movimento è principalmente limitato alla corsa a piedi, la quale deve fare i conti con una barra della stamina che è tutt’altro che eterna. Sebbene siano disponibili diligenze a pagamento, la loro utilità è limitata poiché queste coprono solo tratte selezionate, inoltre i carri vengono spesso interrotti dagli attacchi nemici. Allo stesso modo, il sistema di trasporto rapido è dipendente dall’uso di oggetti consumabili relativamente rari e offre la possibilità di raggiungere un numero limitatissimo di destinazioni. Per questi motivi, è essenziale che i giocatori si preparino mentalmente e materialmente a percorrere lunghi tragitti, certi che la straordinaria ferocia dell’ambiente circostante finirà con il rappresentare un ostacolo da cui non sarà facile liberarsi.
Da grandi poteri, derivano tante meccaniche di gioco
La struttura dell’opera si dimostra su certi aspetti poco profonda, tuttavia è innegabile che le sue meccaniche siano estremamente articolate. Ogni singola sfida presente nel titolo è stata concepita affinché gli utenti possano individuare sempre e comunque una strategia vincente. L’utente non viene quasi mai giudicato per le sue scelte. Estendendo l’ethos della trama anche al gameplay, gli sviluppatori hanno deciso di astenersi dal fornire soluzioni “giuste” o “sbagliate”, tutte le vie sono legittime, qualora portino dei risultati. Un personaggio offre al Risvegliato un lasciapassare per superare un cancello? Nessuno gli impedisce di venderlo per una somma ragguardevole per poi cercare di superare eventuali blocchi stradali adottando stratagemmi collaterali.
Una tale versatilità esige che l’impostazione del level design e della progettazione di gioco si dimostrino entrambi grandemente flessibili. In questo, Dragon’s Dogma 2 eccelle come nessun altro. La base di tutto è la gestione delle classi di combattimento – le “vocazioni” –, la quale si colora sin da subito di scelte e opzioni che possono grandemente alterare l’esperienza di gioco. Le classi iniziali, sebbene siano elementari, offrono infatti una gamma notevole di alternative. Il mago, ad esempio, può sembrare maldestro, ma ha la capacità di superare gli ostacoli più difficili fluttuando, mentre l’arciere e il ladro si muovono con agilità e possono arrampicarsi rapidamente su pareti o creature giganti. I guerrieri, d’altra parte, sono come carri armati che possono attraversare gli ostacoli frontalmente, senza esitazione o conseguenze negative.
Naturalmente, la scelta della vocazione porta stravolgimenti che impattano anche sul sistema di combattimento e sulle strategie belliche che ne derivano. Qualora ci si stufi di rivestire un ruolo specifico è tuttavia sufficiente cambiare vocazione così da sperimentare nuovi approcci. Il livello del protagonista si muove d’altronde parallelamente a quello dei mestieri, quindi il perseguimento di nuovi percorsi di carriera non si dimostra castigante come invece potrebbe essere in altri videogiochi. I limiti di ogni singola vocazione vengono per oltre attenuati dal fatto che il Risvegliato può sempre fare affidamento sulla compagnia di tre pedine, una di propria creazione e due prese in prestito da quelle create dagli altri giocatori, le quali possono compensare ogni mancanza attraverso a una scelta oculata delle sinergie di gruppo.
Il sadico contrappasso derivante dall’avere così tanta carne sul fuoco si manifesta nell’inevitabile necessità di dover far fronte a una serie considerevole di meccaniche di gioco, le quali sono frequentemente accompagnate da risvolti frustranti. Nella sua avventura per sconfiggere il drago, il protagonista dovrà badare al contenuto del suo portafoglio, ma anche ai già menzionati consumabili di viaggio e agli innumerevoli ingredienti per il crafting e una valuta specifica che viene adoperata per reclutare pedine più forti. A questi si aggiungono i rari e pesanti cuori di drago, necessari a resuscitare, e altri fattori che non vi esporremo per evitare in toto di cadere nel territorio dello spoiler. Non si raggiungono le dinamiche tossiche dei modelli di gestione delle risorse che ormai fanno parte di tutti i live service, ma ci si va vicino. Tenere traccia di tutto non è peraltro cosa immediata, ancor più perché Risvegliato e pedine hanno una capacità di carico relativamente contenuta, con il risultato che non è raro trovarsi sprovvisti dell’oggetto di cui si ha bisogno nel momento in cui più lo si vorrebbe utilizzare.
Il Dragon’s Dogma 2 che guarda al passato
L’impostazione dell’ultima fatica Capcom è per molti versi arcaica e castigante, rigidamente disegnata per riflettere pedissequamente il primo episodio della saga, il quale, vale la pena ricordarlo, è stato commercializzato più di dieci anni fa. I menù risultano ingessati, la mappatura dei controlli è sorprendentemente barocca e intricata, non esiste la possibilità di agganciare la telecamera sull’avversario e mancano tutta una serie di miglioramenti di vita che il gamer contemporaneo considera ormai consolidati. Si tratta in tutti i casi di scelte consapevoli, non di grossolanità, tuttavia fatichiamo a credere che non fosse possibile svecchiare l’impostazione del titolo senza compromettere la visione autoriale di Hideaki. Neppure l’impianto grafico brilla per eccellenza: su console siamo incappati frequentemente in significativi cali del frame rate, mentre più raramente abbiamo notato alcuni fenomeni di smearing che ci hanno strappato dall’immersione narrativa più profonda. Siamo incappati in alcuni fastidi anche per quanto riguarda la programmazione dei personaggi non giocanti. Nel migliore dei casi, questi si trovano a correre disperatamente attorno al Risvegliato quasi fossero infanti nel pieno di un picco di zuccheri, nel peggiore finiscono a creare situazioni problematiche. Supponiamo che, per rimanere al passo con i movimenti del giocatore, sia stato progettato un sistema di spawning/despawning che però non risulta tarato nel migliore dei modi, con il risultato che pedine e passanti possono scomparire senza un perchè o manifestarsi direttamente all’interno della mappa di gioco. Questi bug possono essere divertenti, ma possono anche ledere le possibilità di successo delle missioni o addirittura condizionarle in una situazione di stallo.
Dragon’s Dogma 2 si presenta indubbiamente come un’opera spettacolare, tuttavia, per comprendere appieno le sue qualità effettive, è fondamentale accettare e rispettare i suoi limiti. Il titolo non è un passatempo adatto a essere affrontato con un atteggiamento passivo, richiede invece una dose considerevole di attenzione e occasionalmente persino un certo livello di ragionamento e strategia. E non solo nei combattimenti! In più situazioni ci è capitato che il successo delle quest fosse determinato dalla nostra capacità di analizzare il contesto e unire i puntini, un assunto che ha fatto la nostra gioia, ma che potrebbe dare noia a coloro che preferiscono dedicarsi a esperienze videoludiche più incentrate sull’escapismo puro. La situazione viene dunque complicata dalla presenza di notevoli picchi di difficoltà, i quali estendono ulteriormente il grado di sfida imposto del gioco. Tutte queste peculiarità rendono il titolo unico e distintivo, lo elevano dalla mediocrità e lo pongono in controtendenza a quanto viene dettato dal mainstream, tuttavia, questi elementi caratteristici sono anche screziati da imperfezioni, difetti e gravosità gratuite, peccati cardinali che possono essere somatizzati, ma non ignorati.
Dragon’s Dogma 2 si presenta con un carattere arcaico e una struttura imperfetta, tuttavia esplora peculiarità e percorsi che lo distinguono in modo univoco, privo di compromessi. Il gioco si staglia anzi per la sua decisione quasi sfacciata di non perseguire i canoni del gaming contemporaneo, preferendo piuttosto offrire un’esperienza fantasy che sembra emergere da epoche passate con l’obiettivo di regalare un gameplay intriso di scelte strategiche ardite e di combattimenti ricchi d’azione spettacolare. Sebbene Dragon’s Dogma 2 non sia adatto a tutti, coloro che abbracciano la sua peculiare eccentricità non potranno fare a meno di accumulare memorie indelebili, pregando per l’uscita di un terzo capitolo della saga.