akira toriyama

Akira Toriyama, ovvero le solide radici moderne dello storytelling per immagini nipponico

La notizia della morte di Akira Toriyama, ieri, è stata letteralmente un fulmine a ciel sereno: era ancora relativamente giovane (sessantotto anni) e non erano note situazioni di salute particolarmente problematiche. Nessuno temeva una sua prossima dipartita e, invece, il lutto ha improvvisamente colpito non solo il suo fandom o anche solo la comunità fumettistica in generale, come accaduto per altri suoi – comunque illustri – colleghi. La sua morte ha colpito al cuore diverse generazioni in modo trasversale, come e più di certe stelle del cinema o della musica, e come poche altre precedentemente nel mondo del fumetto e dell’animazione: alla sua stregua possiamo considerare, probabilmente, solo Walt Disney e Stan Lee, per penetrazione popolare dei rispettivi personaggi.

Akira Toriyama

Akira Toriyama: storie che uniscono, storie che ispirano

Quando ancora non c’era internet, gli anime erano semplicemente “i cartoni giapponesi” e di manga ne circolavano ben pochi, in occidente, Dragon Ball era già un’istituzione, e le opere di Toriyama hanno letteralmente cullato decine di milioni di giovani e giovanissimi, in tutto il mondo, che hanno poi trasmesso questa passione anche alla generazione successiva. Goku è un personaggio che conosce chiunque, non solo gli appassionati di anime e manga: è sempre stato l’anello di congiunzione tra gli “otaku” e chi crescendo smetteva di “guardare i cartoni” ma serbava sempre un posto speciale nel cuore per i super saiyan. I social sono inondati da ricordi e commemorazioni da parte di gente che ricorda ancora vividamente i pomeriggi passati davanti alla tv, in compagnia di fratelli, genitori, nonni, mentre sullo schermo scorrevano le immagini delle saghe più appassionanti, come quelle di Namecc o degli androidi.

Il solo fatto di creare ricordi familiari indelebili, oltre al far sognare e divertire così tanta gente, è meritorio. Ma non stiamo parlando semplicemente di un autore che ha plasmato un universo narrativo variegato e amatissimo, ma di qualcuno che ha sensibilmente influito sul corso della narrativa disegnata (e, in generale, per immagini) tutta. A partire dall’ecosistema dei manga su rivista, ha letteralmente rifondato il genere shonen settando gli standard e i mattoni fondamentali del Battle Shonen. Ha praticamente reinventato la ruota, perché pur restando nelle convenzioni classiche che imperavano su Shonen Jump (con il rivoluzionare le meccaniche delle sue storie e dei suoi personaggi, e al contempo reiterare le cose che facevano più presa sul pubblico) ha poi instaurato alcuni concept che, nel bene e nel male, tutti gli autori venuti dopo di lui hanno ripreso. E con sincera ammirazione: è più che normale che gli artisti traggano insegnamento da chi li ha ispirati da bambini, ma praticamente non esiste un autore di Shonen Jump nato dagli anni ’80 in poi che non veda Toriyama come un nume tutelare, anche se magari ha raggiunto un successo simile al suo. Vedasi Eiichiro Oda, col suo One Piece, che alla lunga è diventato persino più virale ma che, oggettivamente, non esisterebbe se non fosse esistito Dragon Ball. E, a conti fatti, molti manga tra i più celebri dell’ultimo quarto di secolo non esisterebbero se Toriyama non si fosse intestardito sul suo sogno e non avesse lasciato il suo impiego (già ben avviato) di designer industriale per liberare la fantasia e creare avventurosi mondi in cui far rivivere una sua speciale idea di far west in cui si muovevano avventurieri ispirati a Jackie Chan.

Stiamo parlando di qualcosa di epocale. Ci sono opere, pur mastodontiche, come Cowboy Bebop o Berserk, che se non fossero esistite lo scacchiere del genere non sarebbe poi così diverso da quello attuale. Perfino certi film di Miyazaki o Neon Genesis Evangelion, per quanto di enorme impatto artistico e culturale, non hanno ispirato e posto le basi che ha messo su Akira Toriyama nelle sue opere.

Qualcosa che quindi va al di là delle singole opere e anche dell’essere diventati emblemi, punti di riferimento, per più di una generazione. Oltretutto Toriyama, oltre ad avere realizzato opere come Dr Slump, Dragon Ball e Sand Land, non solo ha dato adito a un’infinità di videogiochi tratti dai suoi personaggi ma è stato anche parte attiva nell’industria videoludica, come character e tech designer d’eccezione in opere non sue, lavorando al design di molteplici videogiochi e, inoltre, consulente e designer per numerosi anime pensati a partire dalle sue storie. Certe suddivisioni in archi narrativi e saghe (anche con titoli diversi, come avvenuto per Dragon Ball Z) inizia in gran parte con le trasposizioni dei suoi anime, così come l’accresciuta proposta di speciali direct to video (OVA) e film cinematografici.
Insomma, quel che ci preme sottolineare è Toriyama ha attecchito radici nel fertile terreno del giardino degli anime e manga, ma ha anche messo radici così solide da aver fatto fiorire il mercato, generando fiori e frutti che, sbocciando, possono anche averlo superato per certi versi (sia narrativi, che grafici) ma che non sarebbero esistiti senza di lui, né possono ambire a essere altrettanto seminali.
Grazie sensei.

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