Quando abbiamo messo le mani su Rainbow Six Siege per la prima volta al party di Microsoft in occasione dell’E3 di Los Angeles, la nostra mente si è immediatamente proiettata al futuro. Un futuro costellato di lobby competitive, riempite da cinque giocatori per squadra comodamente seduti sul loro divano con pizza e birra gelata per passare la serata in compagnia nel migliore dei modi. Rainbow Six Siege è questo, e non solo. E’ un tocco di hardcore in un mondo di soft-pop, in cui la mano protesa verso il giocatore consumatore è dovuta e spesso garantita, altrimenti sei autorizzato a tornare per chiedere il rimborso dell’acquisto. Siege è un pugno nello stomaco di chi spegne il cervello quando accende il PC o la console per giocare, poiché richiede concentrazione, impegno e soprattutto tattica. E’ impensabile approcciare il novello sparatutto di Ubisoft senza la volontà di collaborare con i propri quattro fedeli compagni di squadra, pena la sconfitta. Quando accederete al menù di gioco lo intuirete fin da subito: pochi fronzoli, ma anche poche modalità. Sì, avete capito benissimo. La recensione ha tutta l’intenzione di partire con ciò che di più brutto ha da (non) offrire il neonato di Ubisoft: le modalità di gioco. Rainbow Six Siege mette sul piatto apparentemente pochi contenuti. Solo apparentemente? La risposta è comunque sì: le modalità sono fondamentalmente tre, fino al livello 20. Dal livello 20 in poi si sblocca la parte competitiva classificata del titolo, in cui matchmaking e abilità vengono fuse in una salsa agrodolce, a metà tra e-sports e MOBA-like.
Alla difficoltà più bassa l’intelligenza artificiale sarà letteralmente ottusa e veramente troppo semplice da aggirare, viceversa avremo un aumento vertiginoso e a tratti spropositato a difficoltà realistico.
Ubisoft ha ben chiara la strada da perseguire con Rainbow Six Siege: creare una community affiatata di giocatori esperti che diano l’anima per portare il titolo nel panorama competitivo del gaming che si merita. Le modalità proposte da Rainbow Six Siege sono fondamentalmente le stesse che avete avuto modo di provare nelle diverse versioni beta uscite nel corso di quest’anno. Il classico deathmatch a squadre consiste nell’eliminare la squadra nemica o in alternativa liberare l’ostaggio. Oltre a questa tipologia di deathmatch, è presente una variante in cui dovrete difendere o attaccare un obiettivo prestabilito e conquistarlo mediante un disinnesco di una bomba o semplicemente posizionandovici sopra per qualche secondo. La terza ed ultima modalità consiste in Caccia ai Terroristi (TerroHunt) e vi vedrà protagonisti nello sgomberare interi edifici saturi di terroristi, previa selezione della loro abilità, che potrà variare con diversi livelli di difficoltà. E qui, purtroppo, arrivano gli altri dolori: alla difficoltà più bassa l’intelligenza artificiale sarà letteralmente ottusa e veramente troppo semplice da aggirare, viceversa avremo un aumento vertiginoso e a tratti spropositato a difficoltà realistico. Non sarà infatti difficile intravedere delle manovre offensive e difensive veramente ben congeniate da parte dei terroristi qualora affrontati con leggerezza, tuttavia se i movimenti della squadra sono ben sincronizzati non vi sarà per nulla difficile spazzare via i terroristi in un baleno.
Lasciata alle spalle l’IA non brillantissima, passiamo al piatto forte della produzione: il gameplay ed il gunplay. Il feeling delle bocche da fuoco disponibili è eccezionale, una perla che sa dire la sua in questo anno solare costellato da ottimi shooter con gunplay di livello, tra i quali impossibile non citare Halo 5: Guardians e Call of Duty: Black Ops III. Rainbow Six Siege ha tuttavia un altro tipo di feeling, dannatamente sporco e grezzo, capace di conferire al gameplay sensazioni uniche, le quali verranno indubbiamente apprezzate da puristi e non solo. Difficilmente dimenticherete la scarica di adrenalina veicolata dal controller quando sarete l’ultimo rimasto a difendere l’obiettivo. Siege non punta a proporre un feeling arcade, piuttosto prova a porsi nel mezzo, con la bilancia che pende senza ombra di dubbio verso il lato tattico, per cui non stupitevi se le armi rinculeranno non poco e l’auto-mira è per ovvi motivi un lontano miraggio rispetto allo sparatutto di Treyarch. A differenza del blockbuster di Activision, Rainbow Six Siege basa la sua differenziazione tattica delle classi con la selezione degli operatori, venti in tutto e divisi tra offensivi e difensivi, sbloccabili tramite preziosi punti guadagnati in partita. Gli operatori costituiscono una chiara scelta di game design per permettere al team una sincronizzazione e coordinazione ottimale, dal momento che una volta che un vostro compagno avrà scelto un operatore, voi dovrete per forza di cose ripiegare su un’altra classe e così via.
Grazie al numero di operatori selezionabili è impossibile che un deathmatch sia in alcun modo uguale al precedente.
I venti operatori realizzati da Ubisoft meritano indubbiamente più di qualche riga di menzione, vista la complessità e profondità che forniscono al gameplay. Dato il rispettabilissimo numero e le peculiarità uniche conferite agli operatori è impossibile che un deathmatch sia in definitiva uguale al precedente, in relazione all’utilizzo che i giocatori possono fare delle abilità in dotazione. Dopo che spenderete i primi 500 punti sblocco per il primo operatore di una tal fazione, noterete immediatamente l’aumento di prezzo del secondo, qualora sia sempre parte integrante della stessa compagine. In questo modo gli sviluppatori hanno voluto spingere il giocatore a non soffermarsi ed invece esplorare in modo paritario tutte le fazioni presenti in Rainbow Six Siege, che spaziano dai classici SAS agli Spetsnaz, passando per GIGN e FBI Swat. E’ pertanto dovere di cronaca riportare che gli sviluppatori hanno voluto enfatizzare la differenza di approccio delle varie forze speciali, con bocche da fuoco che ovviamente variano sia in base alla nazionalità sia per le dotazione reali che Ubisoft ha voluto ricreare, facendo dannatamente centro e che costituisce una porzione delle scelte che abbiamo apprezzato completamente. Non si può dire lo stesso circa il Tutorial, composto da diverse Situations, così denominate dalla software house canadese, certamente trascurabili per i problemi relativi all’IA di cui vi parlavo qualche riga sopra. Ubisoft ha infatti concepito le Situations come preambolo al prodotto, strutturandole come diverse occasioni per imparare al meglio le meccaniche di Rainbow Six Siege senza buttarsi immediatamente nella mischia.
Come al solito chiudiamo la recensione con un’analisi tecnica del titolo che graficamente si difende bene e non singhiozza più come avevamo avuto modo di notare nelle beta messe a disposizione da Ubisoft nel corso dell’autunno. Capiamoci, non siamo di fronte ad un titolo spacca mascella, tuttavia Rainbow Six Siege mette sul piatto un discreto numero di poligoni ed alcuni effetti particellari delle esplosioni ci hanno piacevolmente colpito. Un’altra nota di demerito la dobbiamo appuntare alla componente distruttibilità procedurale degli ambienti promessa dagli sviluppatori che, rispetto alla beta, ci è sembrata più limitata e ridotta, rimanendo tuttavia di buona fattura ed uno dei punti di forza della produzione. In conclusione Rainbow Six Siege si dimostra essere un buon titolo, capace di rapire se giocato con un team, ma altrettanto divertente se approcciato con la giusta tattica in matchmaking da soli. Se si è disposti a giocare di squadra siamo di fronte al titolo che in assoluto premia maggiormente la cooperazione tra gli shooter odierni; viceversa qualora preferiate buttarvi nella mischia spegnendo il cervello siamo consapevoli che non siete di fronte al prodotto che fa per voi. Tuttavia sappiate che dare una chance a questo titolo con una squadra vi gratificherà con moltissime soddisfazioni che solo una produzione come Rainbow Six Siege saprà capace di darvi. Per tenere la fiamma della community sempre accesa, come ben sapete Ubisoft ha deciso di dilazionare nel corso del tempo dei contenuti gratuiti come mappe e, perchè no, altre modalità di gioco, al fine di tenere sempre aggiornato il suo ultimo pargolo che sembra intenzionato a prendersi di prepotenza la scena dell’e-sports degli sparatutto. Non possiamo far altro che augurarvi una buona…irruzione!
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