Dragon’s Dogma 2 provato: due anime si intrecciano e si scontrano

Ormai manca meno di un mese dall’uscita di Dragon’s Dogma 2, l’atteso sequel di un brand che sin dalla sua nascita non è mai riuscito a ottenere in Occidente quel livello di gloria che invece si sarebbe meritato. Con questo secondo episodio, Capcom vuole evidentemente correggere il torto subito in passato, volontà che si evince dal fatto che l’azienda nipponica sta spingendo con enfasi verso la reclamizzazione del proprio prodotto, assicurandosi che tutti ne parlino. Complice questa vena esibizionista, la casa nipponica ci ha invitato nuovamente a collaudare una demo del gioco, l’ultima, quella che precederà il lancio effettivo. É stato un bene. Dragon’s Dogma 2 si presenta come un’opera particolarmente vasta e le diverse campionature che ci sono state somministrate hanno rivelato sfaccettature diverse e contrastanti delle modalità di fruizione del titolo, aprendoci un delta di possibilità che ha decisamente ampliato i nostri orizzonti su ciò che i gamer dovranno aspettarsi. Questo hands-on  finale non risulta corrispondere alla versione definitiva del titolo, quindi è possibile che gli sviluppatori eseguano delle alterazioni dell’ultimissimo minuto, tuttavia manca veramente poco tempo al lancio, quindi siamo certi che quanto da noi vissuto possa rappresentare degnamente un spaccato di ciò che finirà sugli scaffali. 

Le ambientazioni di Dragon’s Dogma sanno essere suggestive.

Dragon’s Dogma 2, la nostra esperienza

Come si sarà compreso dall’apertura, non è la prima volta che ci è capitato di avere per le mani Dragon’s Dogma 2, tutt’altro. Abbiamo braccato da vicino il progetto sin dal suo annuncio, lo abbiamo vissuto attraverso diversi periodi e con molteplici modalità, accumulando nel tempo un’esperienza che è stata opportunamente coronata da quest’ultima avventura, la quale rappresenta l’apoteosi delle esperienze gameplay messe a oggi a disposizione dal distributore. In occasione di quest’ultima esperienza, Capcom ci ha dato accesso a due distinti salvataggi ambientati in quello che, almeno in apparenza, sembrerebbe essere una partita a uno stadio avanzato. Decisamente non in end-game, ma ad avventura abbastanza inoltrata da permettere all’avatar di mettere in mostra tecniche e abilità decisamente devastanti.

Per iniziare, abbiamo vestito i panni del Mystic Sperhand, del lanciere mistico, avviando la nostra avventura alla vivace cittadina di Checkpoint Town. Senza neppure rivolgere la parola a un passante, abbiamo immediatamente abbandonato l’insediamento imbarcandoci su di una carovana trainata da un peloso bovino. Per partire, abbiamo dovuto imporre al nostro avatar di schiacciarsi un pisolino, un escamotage utile a nascondere il caricamento di quello che, fondamentalmente, è un sistema di viaggio rapido. Ci siamo dunque seduti, abbiamo chiuso un attimo gli occhi, poi le cose sono andate disastrosamente. Calata la notte, a un tiro di schioppo dal punto di partenza, siamo stati svegliati da un caos fatto di sciabolate e attacchi magici perpetrati da un’orda di non-morti putrescenti. Pur peccando di una certa goffaggine, siamo riusciti a eliminare la minaccia e a sgomberare gli ostacoli fisici che erano stati posti a bloccare la via. Tornati al carro, il conducente non è stato in grado di riconoscere il contesto della situazione e ha preteso che pagassimo nuovamente la somma pattuita. Non senza un certo fastidio, abbiamo rinnovato l’investimento e siamo risaliti a bordo. Nuovamente, la situazione è deragliata. Appena chiusi gli occhi, a pochi passi da dov’eravamo partiti, la carovana si è imbattuta in un orco, il quale ha trucidato la bestia da soma, lasciandoci definitivamente a piedi. Liquidato il bruto, non ci è restato che sfidare il buio profondo della notte con la nostra lanterna, così da incamminarci verso la prossima tappa della nostra avventura.

Tra nemici, pawn e personaggio giocante, l’azione tende a essere concitata.

Un mondo denso fino allo stremo

Questo incipit riassume con una certa fedeltà le sensazioni che ci hanno accompagnato per l’intera esperienza. Prima di giungere a destinazione siamo infatti incappati in un drago, diversi grifoni, un golem e un numero imprecisato di lupi, goblin e mostriciattoli vari. Tutti gli incontri si sono alternati in rapida sequenza gli uni con gli altri, con il risultato che la conclusione di ogni singola sfida – o di ogni fuga – si incanalava direttamente in uno scontro o un’insidia ben peggiore di quella appena superata. L’effetto è stato tanto straniante da spingerci a chiedere allo staff se una simile distribuzione dei nemici fosse la norma o se rappresentasse un’eccezione pensata per rendere più adrenalinica la demo. Ebbene, è la norma! Una delle critiche mosse al primo Dragon’s Dogma è che le sue vaste lande fossero eccessivamente vuote e noiose. Si tratta di un’opinione tutt’altro che universale – noi, per esempio, abbiamo imparato ad apprezzare i lunghi momenti di quiete offerti dal gioco originale –, ma che deve avere fatto breccia nell’attenzione di Capcom, la quale ha deciso di sovracompensare creando una cacofonia di creature leggendarie che si affastellano le une sopra le altre.

Non siamo certi di come questa profonda variazione alla norma del primo titolo possa impattare sulla godibilità dell’esperienza globale, tuttavia possiamo tranquillamente certificare che gli incontri con le creature rimangono tutt’oggi estremamente appaganti e memorabili. Ogni scontro ha buona possibilità di trasformarsi in una memoria epica, a prescindere dal fatto che si vinca, si perda o ce la si dia a gambe levate. L’incontro col drago, per esempio, era chiaramente pensato per essere soverchiante e spaventoso, la nostra fuga è stata immediata, ma non priva di colpi di scena: rifugiatici in un boschetto, abbiamo visto la creatura incedere verso la nostra direzione, noncurante degli alberi che venivano abbattuti al suo passaggio. Persino gli scontri con creature apparentemente più innocue possono tradursi in situazioni avventurose, basta per esempio afferrare ingenuamente la zampa di un’arpia per trovarsi a volare per mezza mappa senza alcun controllo della propria destinazione. Le belve e la presentazione delle stesse, insomma, si riconferma il punto forte del brand e Dragon’s Dogma 2 promette di generare in tal senso decine e decine di ore di contenuti tanto esilaranti, quanto eccitanti.

E poi ci sono attimi in cui ci si sente al centro di un set cinematografico.

La classe non è acqua, anche perché l’acqua è da evitare

In passato, le nostre vicende all’interno del mondo di Dragon’s Dogma 2 si sono sempre e comunque orientate verso classi di combattimento – le propriamente dette “vocazioni” – relativamente tradizionali che venivano incanalate da personaggi di livello mediamente basso. Questo format si è dimostrato utile a comprendere al meglio il grado di sfida rappresentato dal mondo di gioco, tuttavia sudore e sofferenza sono divertenti solo fino a un certo punto, soprattutto se, memori del titolo originale, si è consapevoli che la saga sia in grado di regalare squisite fantasie di potere. Questa volta, le cose sono andate diversamente e abbiamo avuto accesso a classi di combattimento più articolate e d’intrattenimento, nonché a uno schema di abilità maggiormente sviluppato ed appagante. La differenza è stata disarmante.

Oltre al già citato lanciere, tatticamente versatile ed estremamente agile, abbiamo avuto a che fare con il Magic Archer, ruolo dotato della capacità di scoccare frecce multiple di ogni tipo: a ricerca, elettrificate, esplosive, di cura, congelanti. Tutto estremamente appagante, ma, una volta presa confidenza coi comandi, non abbiamo potuto fare a meno di collaudare una terza classe, la più anomala e bizzarra tra quelle introdotto in questo sequel: il Trickster. La vocazione in questione ha un nonché di psicotico e allucinato, si basa sulla provocazione e repulsione dei bersagli nemici, nonché sul depistaggio della loro ira. Essendo il trickster estremamente fragile, ci siamo trovati a dover imparare con una certa precisione il set di abilità, così da non lasciare alcun margine di errore. Dopo una quindicina di minuti, avevamo sviluppato una strategia perversa e di dubbia etica morale in cui alternavamo possessioni spirituali e muri illusori, scatenando il caos tra le fila nemiche. Abbiamo adorato ogni attimo delle nostre azioni ignobili.

Volete cambiare vocazione? Preparatevi ad acquistare ogni singolo pezzo di equipaggiamento per la vostra nuova classe.

La compagnia di Dragon’s Dogma 2

Nella remota possibilità che ci fosse venuta a noia la vocazione, le classi possono essere sostituite presso le “gilde della vocazione”, un’operazione non propriamente agile, ma neppure tanto punitiva da impedire di sperimentare con i molteplici stili di gioco presentati dal titolo. Un certo grado di varietà emerge comunque e in ogni caso dal fatto che una gran parte dei mestieri selezionabili possono essere assegnati ai tre personaggi non giocanti che accompagnano il protagonista, i “pawn“. Questi assistenti semi-programmabili fungono in tutto e per tutto da “party” di avventurieri, con il risultato che il giocatore di turno ha tutto l’interesse di collaudare le varie combinazioni di combattimento, così da trovare la formula che è più congegnale al suo stile di gioco. Se poi si nota che il bot sta compiendo gesta invidiabili, si fa sempre in tempo a “rubargli” il ruolo per esplorarne a fondo le potenzialità. Anche se i pawn si dimostrano utili, infatti, questi sono comunque flagellati da un’intelligenza artificiale tutt’altro che perfetta. Durante il nostro periodo di collaudo, uno dei nostri gregari è rimasto bloccato su di una rupe, mentre un altro è caduto malamente in acqua, incappando in una morte istantanea.

I pawn sono fondamentalmente carne da macello ed è certo che prima o poi sono destinati a tirare le cuoia, un contesto che viene eventualmente rimarcato all’interno del gioco da un fastidiosissimo allarme sonoro che, fortunatamente, può essere disattivato. Gli sviluppatori hanno altresì trovato uno stratagemma utile a compensare la caducità dei propri compagni di ventura: il sistema di gioco analizza in tempo reale il contesto vissuto dal protagonista e gli assicura che in giro per il mondo ci siano dei personaggi non giocanti pronti per essere reclutanti nel momento più opportuno. Siete in un’area pregna di avversari volanti? Il deus ex machina che alimenta Dragon’s Dogma 2 vi fornirà arcieri o stregoni. Avete appena cambiato vocazione passando da guerriero corazzato a gracile assassino? Un soldato busserà prontamente alla vostra porta, così da incassare ogni colpo inferto dal nemico. L’escamotage è forse innaturale, così come innaturali sono molte delle altre interazioni di gioco, ma queste soluzioni dal tono “arcade” sono a loro modo rinfrescanti.


Come il suo predecessore, Dragon’s Dogma 2 sembra vestirsi di peculiarità più uniche che rare, un tratto la cui valenza qualitativa sarà certamente motivo di accesi dibattiti. Virtualmente, ci sono i presupposti perché l’ultima fatica di Capcom possa diventare un classico del genere action-fantasy, magari riproducendo in chiave moderna quelle frenesie videoludiche dei Golden Axe anni Ottanta. Le sfaccettature del titolo che abbiamo avuto modo di vivere fino a questo momento ci hanno regalato sentimenti profondamente contrastanti e non vediamo l’ora di vedere come l’esperienza completa, vissuta nella sua linearità, possa impattare sul nostro giudizio finale.


 

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