Dead Space Remake Recensione| Approcciarsi al remake di un titolo con più di quindici anni alle spalle non è mai cosa semplice, specialmente se si riflette su di un franchise di forte impatto e con tante ripercussioni come quello di Dead Space. Un buon critico di videogiochi dovrebbe imparare a tenere lontane le maglie dell’hype dalla sua analisi, facendo il possibile per affrontare qualsiasi opera a sangue freddo e con la giusta attenzione. Questo è ciò che vogliamo provare a fare quest’oggi con la nostra nuova Recensione dedicata a Dead Space Remake, l’attesissimo restauro dell’opera originale di Glen Schofield e Steve Papoutsis; come Isaac Clarke ci approcciamo a questa missione con molta serietà ed attenzione, consapevoli che si tratta di un gioco molto atteso da tantissimi videogiocatori. Buona lettura a tutti, dunque, e attenti ai necromorfi!
Dead Space Remake e il restauro dell’Ishimura
C’è da dire che Dead Space Remake si era fatto attendere, e non ha fatto a meno di spiazzare tantissimi appassionati dopo il suo annuncio: sono passati ben quindici anni dalle nostre avventure a bordo dell’Ishimura, ma Motive Studio è riuscita a riproporci una interessante rivisitazione di quell’aria cupa e sinistra che si respirava nel passato. Un remake non solo nella forma, ma in qualche modo anche nella sostanza, che ci spinge a riflettere su cosa sia necessario fare per donare nuova vita ad un titolo con così tanti anni sul groppone. Certamente, l’attenzione ed uno sguardo al passato ci sono, in una rivisitazione in chiave moderna di un’esperienza survival horror già forte a quei tempi.
Ritorniamo ad interpretare il solitario ed assennato Isaac Clarke in una location dai contorni inquietanti, ispiratissima nelle sue visuali e in un sound design particolarmente pregevole, con dei soundscape dark sci fi decisamente di valore: l’astronave trema, tuona, gorgoglia, inghiottendo non solo la roccia e i necromorfi, ma anche la nostra anima. Precipitiamo in un abisso di inquietudine che non è solamente del nostro protagonista, ma anche e soprattutto la nostra, in un contesto molto credibile e in una ambientazione forte e ben caratterizzata. Se già quindici anni fa eravamo preoccupati ad aprire una porta automatica oppure a girare in un angolo poco illuminato dell’Ishimura, di certo il feeling dell’ambientazione è certamente migliorato.
Dead Space Remake: non avrai altra ansia all’infuori dei necromorfi
Nello spazio c’è un inquietante calma, un apparente stato stazionario, sereno… ma la verità è che nel mondo di Dead Space, lo spazio non dorme mai. E questa sensazione di irrequietezza ed inquietudine non la percepiamo solo nell’ambientazione, ma anche nel metagioco: proprio come in Alien Isolation, anche qui abbiamo un IA director che in questo caso si chiama Intensity Director, incaricato di tenere noi giocatori con il fiato sul collo. Ed ecco che durante l’ennesima passeggiata lungo i corridoi deserti ed abbandonati dell’astronave… potrebbe accadere qualcosa di inatteso. Un incidente, un incontro, un incubo. Tutti elementi che contribuiscono a tenere il contesto inquietante e la tensione a mille.
Dead Space Remake si costituisce come un’esperienza survival horror che sa cosa offre al giocatore: con dei nemici numerosi e coesi fra loro, i necromorfi. Un monster design coerente con l’ambientazione e con le circostanze ci fa comprendere chiaramente l’andazzo, con queste creature deformi e sinistre che proprio come il loro aspetto anormale utilizzano strategie e attacchi innaturali, mostruosi, in momenti in cui l’adrenalina si impossessa del nostro corpo. Da ciò nasce anche un combattimento carnoso e sanguinario, con animazioni fluide e distruttive fatte di smembramenti e urla inquietanti, con un deterioramento fisico dei nemici progressivo e tangibile durante gli scontri.
Dead Space Remake: i difetti di navigazione
Ma non c’è solo combattimento fisico in Dead Space Remake, ma anche e soprattutto una vasta scelta di armi di tipi diversi, con il remake che agisce modificando gli attacchi di svariate di queste, avendo ben chiari i progressi del medium di oggi. Bisogna notare come però, più della versione originale, sia necessario scegliere bene gli scontri e adottare una strategia ragionevole nella nostra esplorazione dell’astronave, per evitare di ritrovarci in situazioni spiacevoli. Mettere il giocatore nelle condizioni di evitare il backtracking è molto importante per titoli come questi, e nonostante questa componente sia stata molto mitigata, rimane ancora presente in una certa forma nel mix di gioco.
Sebbene non si debba ritornare sui propri passi come prima, in Dead Space Remake sono stati modificati svariati enigmi, lavorando per ripensare particolarmente quelli più ostici o poco collegati alla narrazione ambientale; nulla di grave in ogni caso, chiunque abbia già giocato al titolo originale non avrà difficoltà di sorta nel progredire. Un altra novità interessante, cosa su cui dobbiamo riflettere con attenzione, è la variazione delle aree a gravità zero, sequenze che chiunque abbia giocato a Dead Space ricorderà con sentimenti misti. Adesso infatti è possibile esplorarle liberamente in tutti gli assi di movimento, cosa che seppur dia maggiori libertà al giocatore rischia di disorientarlo.
In conclusione di questa recensione, vogliamo riflettere su cosa rischia di ostacolare la godibilità dell’esperienza. Appurato che il sopracitato backtracking sia stato contenuto, esso rimane in ogni caso in qualche forma necessario per completare le missioni secondarie e per ottenere armi aggiuntive. Si tratta di una scelta comprensibile, specialmente con il titolo originale alle spalle, tuttavia siamo sicuri che molti giocatori completisti non la vedranno di buon occhio. Altra incognita è quella del protagonista, che nonostante alcune modifiche nella trama rimane il poco timoroso e quasi remissivo Isaac Clarke, pronto a rischiare la vita per personalità manipolative ed egoiste, un personaggio che pecca di caratterizzazione e di personalità .
Dead Space Remake è una buona reimmaginazione del titolo originale, con un buon lavoro dal punto di vista artistico e con un restauro in termini di gameplay non invasivo ma ragionevole: con un’atmosfera ben totalizzata fatta di inquietudine e incontri indesiderati con i necromorfi e con delle meccaniche di sopravvivenza e di combattimento ben pensate, finisce per rivelarsi come un’esperienza piacevole, nonostante alcuni errori evitabili finiscono per lasciare l’amaro in bocca rispetto all’esperienza nella sua totalità . Un gioco adatto sia a chi ha apprezzato l’opera maestra, sia per chi non ha avuto l’occasione di sperimentarla, che porta con buoni risultati il franchise di Dead Space nella new gen videoludica.