Thymesia Recensione: un intrigante action-RPG ispirato a Bloodborne

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Thymesia Recensione| Il mondo dei videogiochi ha subito un cambiamento non indifferente quando le opere di Myazaki Hidetaka, creatore della saga dei Souls, Bloodborne, Sekiro e Elden Ring, hanno preso piede all’interno del panorama videoludico. La saga nota per la sua elevata difficoltà, ma anche dalla sua complessa lore e l’affascinante Art Design, ha impresso la sua impronta per sempre. Tanto che molti studi di sviluppo hanno preso ispirazione dalle suddette opere tentando di creare a loro volta un titolo imponente a livello di gameplay o che potesse ricordare le sensazioni prodotte da FromSoftware.

Grandi giochi come Nioh, Code Vein o Mortal Shell sono la prova di questo e di come siano riusciti a emergere nel loro campo e dei quali, gli sviluppatori, non nascondono le proprie muse ispiratrici. Attualmente l’ultima opera della società nipponica, Elden Ring, sta andando ancora forte e domina sul lato dei Soulslike, attirando a se fan di vecchia e nuova concezione dei titoli cosidetti “hardcore”. Però, in questo terreno, e sorta di recente un’opera che segue i passi del gigante giapponese e si mette a fronteggiare coraggiosamente, nei tempi attuali s’intende, l’opera open world di Hidetaka e George R.R. Martin: Thymesia.

Il titolo, opera d’esordio dello studio di sviluppo Taiwanese OverBoarder Studio ed editata invece dal noto Team17, non cela la sua alta ambizione, uscendo in questo periodo il 18 agosto, e la sua fonte d’ispirazione principale. L’entrata in gioco per un piccolo team di sviluppo indie in un mondo cosi vasto non è un’impresa semplice, tanto più se si vuole iniziare con un titolo che ambisce e si ispira a un opera come Bloodborne cercando di eguagliarla e/o superarla. Ci saranno riusciti? Questa recensione ha l’obbiettivo di farvelo capire perciò, bando alle ciance e cominciamo. Buona lettura!

Thymesia

Thymesia: Un regno, un uomo e una pestilenza

In un ambiente dominato da una foresta composta da immensi alberi si presenta il regno di Ermes, culla dell’alchimia e simbolo stesso della medesima arte. Questa maestria ha permesso al regno di arricchirsi e di dare speranza contro molti dei mali che si approcciavano, rendendo la capitale un faro per tutto il regno. O almeno, quello che vediamo noi è ciò che ne resta. Infatti l’epoca d’oro di questo vasto dominio è giunta al culmine quando un misterioso morbo ha iniziato a spargersi per la capitale, rendendola il fulcro di morte e orrori mai visti prima.

Ovviamente il tentativo di arginare tale piaga è stata affidata agli alchimisti, i quali ottennero l’effetto opposto creando cosi una pestilenza peggiore che inondò Ermes. Ora il destino di tutti giunge sulle spalle di Corvus, guerriero e protagonista principale del gioco, frutto di un esperimento che, oltre a renderlo immune al morbo, l’ha tramutato in un portentoso ibrido in grado di fronteggiare le avversità oltre i confini ancora non toccati dalla pestilenza.

Ma la storia, inaspettatamente, è già stata scritta. Infatti i giocatori verranno a sapere che Corvus ha già compiuto la sua missione, ma i suoi ricordi frammentati gli impediscono di creare la cura richiesta da Aisemy, principessa del regno scampata alla caduta di Ermes. Il gioco ci presenta quanto detto, e starà a voi scoprire il resto.

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Una base intrigante, ma dallo sviluppo confusionario

Come avrete capito, quindi, la nostra avventura è un viaggio nella mente del protagonista e nel suo tentativo di ricordare la formula che porterà la salvezza nel regno di Ermes. In linea con la classica struttura dei soulslike, per quanto riguarda la narrazione, la cosiddetta lore si ramifica in maniera indiretta. Ovvero, non ci sarà detto quanto accade faccia a faccia ma dovremmo scoprirlo e dedurlo noi stessi guardando gli ambienti che ci circondano e leggendo le criptiche annotazioni che raccoglieremo.

Sebbene la storia prenda chiaramente spunto da altre opere, e non eccella in originalità, è comunque apprezzabile e piacevole da vivere se, come noi, amate guardare i piccoli dettagli che circondano il mondo e i personaggi. La lore è gradevolmente strutturata anche se le uniche fonti per quel che riguarda la conoscenza della suddetta sono, per l’appunto, i manoscritti che troveremo in giro e qualche info concessa dai caricamenti dei livelli.

Sfortunatamente i testi saranno incentrati principalmente sul luogo in cui staremo giocando, concedendo si una più chiara evoluzione del “perché” è successo qualcosa ma non espandendo in maniera più vasta la nostra sapienza degli eventi all’infuori di esso. Questo ha come risultate una progressione poco chiara, soprattutto nell’apprendere cosa è accaduto e lasciando quindi molta perplessità nel giocatore nel capire chi sia nel torto e chi invece no.

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Questo ha un’ulteriore conseguenza che si ripercuote nel finale. Pur offrendo alla una nutrita gamma di finali, tutti subordinati ad una precisa scelta da compiere subito dopo l’ultima battaglia, tale scelta ci risulterà difficile da compiere proprio per la confusione lasciata dalla lore da noi appresa.

Inoltre ci preme aggiungere che, nonostante la vasta scelta che potremmo intraprendere, il finale in generale ci è parso un po’ frettoloso e che quindi ha avuto la risultante di calare proprio sul punto cardine della vicenda, creando una situazione tristemente anticlimatica.

Questo anche sulla base della sua durata per intero, dalle 6 alle 8 ore circa, e del suo corrispettivo contenuto il quale ci è infatti sembrato un po’ ridotto, anche per quel che riguarda le aree esplorabili e dei boss.

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Thymesia e il suo gameplay frenetico…

Va da se che, come avete potuto leggere poc’anzi, se Thymesia non punta troppo sulla sua narrazione, il suo pilastro centrale risiede nel gameplay. Anche qui il titolo farà sentire i giocatori di Bloodborne abbastanza a loro agio, anche se per quanto ci riguarda il combat system e i suoi elementi ci ha fatto venire in mente dei ricordi più legati a un miscuglio tra Sekiro e Vampyr. Inoltre, noi consigliamo caldamente di avviare l’avventura con un gamepad in quanto vi sarà più semplice gestire il tutto.

Tornando a noi; armato di sciabola, pugnale e del suo artiglio, Corvus è un guerriero agile ma soprattutto feroce. Questo è una unicità propria dell’opera in questione, legata quindi alla routine d’attacco: incentrata su rapidi colpi eseguiti con la lama, essi vanno a danneggiare principalmente “l’armatura” dei nemici e successivamente la salute. Alla suddetta però è stata affiliata la seconda tecnica d’attacco che è quella dell’artiglio, incentrato proprio per farla calare in maniera più efficace. Dunque vi chiederete, dove sta la frenesia?

Presto detto. Gli attacchi fatti con la sciabola saranno molto veloci e atti a eliminare la prima linea di difesa dei nemici, essa però non sarà eternamente distrutta. Infatti ci sarà un lasso di tempo, che varia da nemico a nemico, in cui questa ad un certo punto si rigenererà. E non potremmo eliminare un avversario senza che questa venga superata. Il risultato è quindi ovvio: attaccare furiosamente e senza sosta, garantendoci cosi la vittoria rapida la quale, per dirsi completa, sarà accompagnata da una specie di esecuzione in stile Sekiro.

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Successivamente ci viene inoltrata un’altra peculiarità: le “Armi Pestileziali“. Queste saranno utilizzabili solo dopo aver fatto un attacco caricato completo verso un nemico, il quale se andrà segno ci permetterà di acquisire un nuovo tipo di attacco basato sull’arma dell’avversario. Ogni nemico ne ha una e quindi garantisce che ogni giocatore trovi il suo metodo di combattimento personale, una qualità che abbiamo molto apprezzato.

Sul versante della personalizzazione, Thymesia fa un grande lavoro nel suo gameplay. Se non potremmo creare un nostro personaggio, avremmo libero spazio a creare la nostra originale configurazione sull’albero delle abilità (sia passive che attivabili) il quale si dirama in maniera abbastanza ampia garantendo molteplici approcci. Questo anche perché, dopo aver sbloccato ad esempio un ramo con determinate abilità, potremmo disattivarle e utilizzare i punti su altre senza limiti.

Lo stesso non si può dire sui potenziamenti delle statistiche, le quali saranno semplicemente i punti vita, i punti energia (per utilizzare le armi pestilenziali e l’artiglio) e i punti forza legati ai danni che faremo. Ebbene si, come avrete notato la stamina è assente e lo si nota sin da subito in quanto potremmo muoverci, schivare e attaccare senza effettivi limiti. Tutto ciò sarà potenziabile e organizzabile nei classici falò, che qui prendono il nome di “Lumi”, e nell’HUB centrale al quale torneremo ogni volta finita una missione.

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…con delle evidenti incertezze tecniche

Tristemente arriviamo a una sezione negativa di Thymesia. Infatti il gameplay non è per niente esente da problemi e mancanze tecniche. Le prime problematiche sorgono dalle basi del combattimento, create da un set di tempistiche e invulnerabilità con le quali dovremmo fare ben presto i conti. I nemici hanno parecchie finestre di opportunità, ciò non implica che quando li attaccheremo direttamente subiranno sempre sbilanciamenti.

Per farvi un esempio, l’attacco caricato può essere eseguito anche nel pieno del combattimento, ma si tratta di una strategia rischiosa. Questo perché la mossa in questione impone un calcolo minuzioso di tempi e distanze, non assicura il barcollamento del nemico e pertanto rende difficile concludere l’assalto senza ricevere qualche percossa. Allo stesso modo, anche i colpi messi a segno con le “Armi Pestilenziali” possono facilmente garantire agli oppositori una preziosa opportunità.

Ovviamente specifichiamo che alcune armi sono più efficaci di altre, ma è chiaro che l’intero sistema necessita di qualche ritocco. La meccanica di parry, che non abbiamo nominato prima proprio per parlarvene qua, appare ad esempio fin troppo punitiva: la necessità di sfruttare più parate perfette per aprirsi un varco nella difesa avversaria risulta sbilanciato. Questo soprattutto tenendo conto di un discorso che coinvolge anche il lavoro svolto sul versante delle animazioni, che non sempre donano all’azione la giusta leggibilità.

In genere le schivate tendono quindi a concedere benefici più immediati e consistenti, per quanto anche questo sistema non sia del tutto privo di asperità. Per riassumere: per quanto il sistema di combattimento sia funzionale e capace di divertire, è innegabile come alcuni aspetti siano stati gestiti con una certa superficialità e che quindi necessitino di una rivisitazione.

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Thymesia: una progressione….pestilenziale

La progressione nel gioco è abbastanza lineare a nostro dire, seppur questo sia controbilanciato da una buona esplorazione dei livelli. Ciò non toglie che finita la prima missione capiremo subito l’andazzo: iniziare un ricordo, seguire la strada per arrivare al boss, battere quest’ultimo, passare al prossimo. A tentare di variare un po’ la situazione ci pensano delle missioni secondarie che saranno avviabili solo dopo aver completato il livello.

Queste non saranno altro che un ritorno al suddetto con obbiettivi diversi, similmente in come accadeva in Nioh. Sfortunatamente molte di esse non saranno granché avvincenti e per goderne appieno dovremmo completarle tutte in quanto, in alcuni casi, può capitare di affrontare un boss unico e degno di attenzione. Sfortunatamente, come già detto, i livelli sono pochi quindi a lungo andare potrebbe diventare ridondate fare questa attività.

Ad aggiungersi alle problematiche sopracitate, va a infierire un iniquo sbilanciamento generale nella parte della progressione legata alla difficoltà-ricompensa. Il sistema di avanzamento concede non poche difficoltà iniziali, soprattutto nell’imparare bene le meccaniche e i tempismi. Inoltre ci renderemo ben con che il “farming” non è per nulla incentivato nella progressione; infatti apparirà chiaro che, attuati i primi potenziamenti, sarà molto difficile e dispendioso passare tempo ad aumentare di livello.

Noi all’inizio siamo riusciti a portarci a casa circa sei potenziamenti, ma più si avanza nel gioco e più diventano difficili i nemici altrettanto diventa complesso ottenere abbastanza punti per livellare le nostre statistiche. Una nota che sicuramente creerà qualche disagio e frustrazione, accompagnate dal fatto che i nemici non sono molti e variegati e quindi rendendo poi l’avanzamento alquanto sottotono in alcune sequenze. Ovviamente spiccano per originalità e meccaniche i boss e qualche nemico a sorpresa tra quelli base.

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Una scelta stilistica azzeccata, sia agli occhi che alle orecchie

Avviandoci alla conclusione, vogliamo discutere della parte artistica di Thymesia. Su questo fronte, pur non proponendo qualcosa che spicchi in originalità visiva, riesce comunque a far entrare il giocatore nel tetro regno in decadenza di Ermes. Poche aree, ma ben definite dal punto di vista del design, degli ambienti, degli elementi e dei colori, anche se molte volte può capitare di avere quelle sensazioni del tipo “lo già visto” in quanto lo studio comunque segue le orme e i tratti tipici dei suoi cugini videoludici.

Tralasciando la caratterizzazione di Corvus protagonista, molto apprezzabile a nostro dire, il design dei nemici appare purtroppo generico. Ovviamente è stata data più spinta sui mini boss e sui boss principali, dove il dark fantasy e il gotico si incontrano meravigliosamente anche se non in maniera di spicco. Attenzione però: a discapito di quanto appena detto il comparto grafico generale di Thymesia, considerando che si tratta della prima opera di uno studio indie non numeroso, è molto ragguardevole. L’uso dell’effettistica è apprezzabile, così come la resa corale dell’illuminazione e dei colori che rendono unico il paesaggio.

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Altra piccola nota è l’apprezzabile presenza di una localizzazione italiana. Seppur in assenza di un vero doppiaggio, l’adattamento nella nostra lingua è molto ben fatto anche se con ancora alcuni nomi, titoli di luoghi o azioni che presentano la nomenclatura anglofona. Ma questi sono molto pochi fortunatamente, piccoli errori che possono tranquillamente essere risolti con una patch.

 

Per quel che concerne il comparto sonoro, Thymesia eccelle nel suo piccolo con brani capaci di aggiungere una piacevole nota di epicità nei combattimenti, in particolar modo durante gli scontri con i boss. Sul lato delle prestazioni non abbiamo avuto grandi difficoltà a raggiungere i 60 fps in 4K, impostando tutti i settaggi al massimo. L’implementazione della tecnologia di AMD si conferma come una valida opzione per i possessori di configurazioni non particolarmente poderose, il tutto a fronte di una solida ottimizzazione di base.

In conclusione, Thymesia è un piccolo titolo che entra nei generi dei soulslike portando una breve seppur interessante ventata di aria fresca. Si tratta di un opera con le proprie potenzialità e con delle idee alquanto originali, il tutto però controbilanciato da un’eccessiva ambizione al quale un team di sviluppo indie e poco numeroso riesce a fatica nel proprio intento. Thymesia è comunque un titolo abbastanza ragguardevole, apprezzabile per i fan del genere e capace di far divertire, sebbene la formula prodotta mostri qualche leggerezza o incertezza sia sul lato del gameplay che su quello dei contenuti.

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