Out There Oceans of Time Recensione: attraverso i confini del cosmo

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Out There Oceans of Time Recensione| Il tema dell’esplorazione spaziale è sempre stato caro al mondo dell’intrattenimento, dopotutto l’universo può offrire infinite possibilità. Queste possibilità vengono poi esaltate, se l’opera in questione è un titolo che ambisce a raccontare una storia profonda e ramificata.

Dopo il successo di Out There, opera preponderantemente narrativa che ci ha condotto nei meandri profondi della galassia, Mi-Clos Studio si è messa al lavoro per sviluppare un nuovo capitolo che potesse superare le aspettative dei fan. Noi di VMAG abbiamo avuto la possibilità di provare Out There Oceans of Time in anteprima, e oggi siamo qui per dirvi la nostra opinione sul titolo. Benvenuti alla nostra recensione!

Out There Oceans of Time

Out There Oceans of Time: viaggiando tra le stelle

Possiamo capire sin dai primi minuti che l’attenzione degli autori è stata posta a due elementi in particolare: la narrazione e l’esplorazione. La capitana Nyx, protagonista delle vicende, ha il compito di mettere fine ai piani dell’Arconte, un malvagio cosmico il cui obiettivo è dominare la civiltà. È compito dei giocatori scoprire i segreti dell’universo e trovare il modo per fermarlo.

Iniziamo parlando dunque della mappa di gioco, effettiva coprotagonista delle nostre sessioni. La galassia, già enorme di per sé, si genera casualmente ogni volta che si avvia una nuova partita, dunque ogni nuovo inizio non è mai uguale al precedente. Ogni sistema solare che vediamo a schermo è esplorabile, e talvolta lo sono anche i pianeti che lo compongono.

Questi possono essere principalmente di tre tipi: giganti gassosi, pianeti rocciosi o ricchi di vegetazione. I primi sono utili per raccogliere carburante per la nave, i secondi ci consentono di ottenere vari metalli, gli ultimi sono fondamentali per ricaricare le scorte di ossigeno. I pianeti rocciosi e i pianeti giardino molte volte possono essere esplorabili.

Una volta arrivati nelle loro prossimità, potrebbe venirci offerta la possibilità di scansionarne la superficie. Quel che ne risulta sono diverse zone di atterraggio, dalle quali il nostro equipaggio può intraprendere un’escursione. Scelti quattro membri del team, si parte per l’esplorazione. Ogni settore ha un obiettivo principale, completarlo ci fornisce una ricompensa di grande valore. È inoltre possibile incappare in tesori abbandonati, incontri inaspettati e persino civiltà aliene.

Out There Oceans of Time

Le suddette sono utili per principalmente due scopi: commerciare beni e reclutare nuovi membri. All’interno di Out There Oceans of Time sono presenti diverse specie extraterrestri, ognuna delle quali ha le proprie abilità peculiari sul campo. È buona norma avere un equipaggio folto, poiché i compagni possono essere impiegati nella nave per migliorarne le prestazioni.

Sono anche presenti dei pianeti interamente civilizzati, che funzionano quasi allo stesso modo degli avamposti già citati in precedenza. A differenza di questi ultimi, essi posseggono un’ulteriore interazione che consente di esplorarli nella speranza di ottenere qualcosa di utile. Da quanto abbiamo potuto osservare non conviene quasi mai lasciare che l’equipaggio giri liberamente, spesso infatti l’unica cosa che si ricava è la perdita di schemi importanti per la nave.

Visto che li abbiamo citati, parliamo degli schemi. Essi ci consentono di utilizzare uno degli spazi appositi del nostro trasporto per costruire strumenti di vario tipo, ovviamente se si hanno i materiali richiesti. Dai sistemi fondamentali per far funzionare la nave, a componenti in grado di terraformare pianeti o persino far collassare i sistemi e trasformarli in buchi neri, le possibilità a nostra disposizione sono molte, e questo è un particolare che abbiamo particolarmente apprezzato.

Un altro dettaglio che abbiamo gradito è il linguaggio delle altre specie. Essendo culture a noi sconosciute, inizialmente non è possibile comprendere quello che gli alieni ci comunicano in varie occasioni, molto spesso saremo costretti a rispondere senza neanche sapere di cosa si stia parlando. Riteniamo che questo dettaglio aggiunga molto dal punto di vista dell’immersività.

Man mano che esploriamo e risolviamo in maniera positiva alcune opportunità che ci si presentano, è possibile ottenere delle parole ed espandere il nostro vocabolario. I discorsi diventano dunque sempre più sensati man mano che si gioca, permettendoci di ponderare la risposta prima di minacciare per errore i nostri interlocutori.

Se da un lato il mondo di gioco è molto ampio, va anche detto che purtroppo è molto ripetitivo in ciò che propone. I pianeti sono sempre gli stessi, tolto qualche dettaglio estetico non cambia quasi nulla. Lo stesso dicasi dell’esplorazione via terra: i pericoli, i biomi e le ricompense iniziano velocemente a ripetersi. Gli eventi in cui incappiamo aggiungono un po’ di varietà, ma ad un certo punto si perde lo stimolo di esplorare.

Out There Oceans of Time

L’esplorazione del cosmo, inoltre, sa essere estenuante. Viaggiare da un punto all’altro richiede molto in termini di risorse (tra carburante, ossigeno e quant’altro), è necessario fermarsi spesso per fare rifornimento. Quindi qual è il problema? La questione è la seguente: i punti da raggiungere nella galassia sono molto distanti tra di loro, e questa grande distanza viene accentuata dalla necessità di fermarsi spesso.

Ricapitolando: la galassia è grande e c’è molto da esplorare, però il loop di gameplay diventa velocemente ripetitivo. Sarebbe stato piacevole avere minacce più grandi durante le escursioni sui pianeti, oltre alle semplici zone che hanno un 25% di possibilità di applicarvi uno status malevolo. Considerate che nel corso della nostra partita abbiamo perso un solo membro per i suddetti status, ed è stato tra l’altro intenzionale. Se ci si mette un po’ di impegno è praticamente impossibile essere in pericolo durante l’esplorazione.

L’unica vera minaccia al nostro operato sono gli eventi casuali, che possono portare alla perdita di tecnologie fondamentali, oggetti unici o persino compagni di viaggio. Sebbene capiti che possano fornirci ricompense interessanti, molte volte è meglio ignorarli perché il gioco non vale la candela.

Una strada, molti esiti

Come abbiamo detto nel paragrafo precedente, il nostro compito è quello di assicurare che l’Arconte venga messo a tacere una volta per tutte. Ci sono vari modi per portare a termine la missione principale, ognuno dei quali porta a un finale diverso. Avete presente come all’inizio vi abbiamo detto che ogni partita è unica?

Una volta vista la sequenza iniziale, in cui l’Arconte sfugge alla nostra cattura e distrugge la nostra nave, ci viene assegnato il compito di ritornare al luogo dello scontro e recuperare il mezzo, se possibile. Abbiamo notato che in alcuni casi la nave è effettivamente presente, seppur distrutta. In altri casi invece non appare proprio. Cosa cambia?

In essa è presente un dispositivo per rinchiudere l’Arconte, dunque se non abbiamo accesso alla nave è necessario trovare un altro modo per terminare la missione. Non vogliamo dire altro per non rivelarvi troppo sulla storia, ma sappiate che l’opera è piena di scelte in grado di modificare il vostro percorso. Come potete vedere in ogni partita può anche variare l’approccio che avete al vostro obiettivo, cosa che abbiamo apprezzato.

Un sole che collassa

Prima di concludere dobbiamo spendere qualche parola sulle performance del titolo. Abbiamo purtroppo notato che Out There Oceans of Time soffre molto a livello di stabilità, specialmente in punti specifici del gioco. I caricamenti sono molto lunghi, e talvolta possono portare a crash. È però la fase di decollo da un pianeta che presenta maggiori rischi.

Spesso ci è capitato di terminare una spedizione, partire verso la galassia ed assistere a un freeze immediato. Per poter salvare è necessario trovare delle stazioni di servizio disseminate nel cosmo, e se siete sfortunati può passare molto tempo tra un punto di salvataggio e l’altro. Noi lo siamo stati; non avendo trovato una stazione durante la prima ora di gioco e subendo uno di questi crash, siamo stati costretti a ricominciare il gioco da capo.

La macchina su cui abbiamo testato il tiolo non è all’avanguardia ormai da tempo, tuttavia le specifiche da noi possedute superano di gran lunga i requisiti consigliati sulla pagina di Steam e, anche se non lo facessero, l’instabilità da noi riscontrata non è normale. Quel che vi possiamo consigliare, qualora riscontraste problemi simili, è di chiudere qualunque applicazione aperta avete in background. Anche il client di Steam, dovesse essere necessario.

Out There Oceans of Time è un’opera che, sebbene riesca ad intrigare grazie alla sua componente narrativa, non riesce a brillare dal punto di vista del gameplay. La galassia è grande e gli upgrade disponibili per la nave sono interessanti, tuttavia il gameplay diventa ripetitivo molto velocemente. Gli eventi casuali sono numerosi e forniscono spunti gradevoli, ma solitamente conviene ignorarli perché quel che si perde spesso vale più delle ricompense.

La mappa cambia ogni volta che viene avviata una nuova partita, dettaglio che abbiamo particolarmente apprezzato. Il punto forte del gioco è la storia che, grazie alle sue numerose ramificazioni, riesce parzialmente a compensare la ripetitività del gioco. Le performance sono invece una nota dolente, abbiamo riscontrato spesso crash vari che ci hanno anche costretto a ricominciare la partita. In definitiva noi vi si suggeriamo di verificare attentamente la situazione della stabilità appena descritta in relazione con il vostro computer, qualora voleste procedere con l’acquisto.

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