Ghostwire Tokyo Recensione | Da sempre noi umani siamo stati spinti dalla curiosità di scoprire di più, di varcare quella soglia misteriosa mantellata della nostra ignoranza, perché parallelamente l’ignoto nella sua forma più pura ci spaventa. Citando il noto scrittore H.P. Lovecraft: “la più antica e potente emozione umana è la paura, e la paura più antica e potente è la paura dell’ignoto”. Tuttavia, risulta anche paradossale il fatto che gran parte delle scoperte che hanno portato la civiltà a progredire siano dovute alla voglia di conoscere cosa si cela proprio dietro l’incertezza.
Dove la scienza non è riuscita a trovar risposta, l’umana comprensione ha dovuto cercare altrove le risposte alle proprie domande su perché certi eventi accadono. C’è chi le ha trovate nella fede e chi nell’arcano e occulto. In particolare quest’ultimo è un tema che si è propagato nella cultura di massa tanto da renderlo affascinante, specialmente la parte dedicata al folklore e alle rappresentazione di “cosa c’è dopo la morte”. Questo grazie anche a opere come Inuyasha, Nioh, God of War, Candyman e altre ancora, che hanno saputo stregare il pubblico. Ebbene, il titolo che trattiamo oggi fa parte di questo filone narrativo.
Stiamo parlando di Ghostwire Tokyo, l’ultimo progetto creato da Bethesda Softworks e Tango Gameworks, che ci porterà in una Tokyo ammantata di mistero nei panni del giovane Akito e del suo improbabile partner KK. Ma bando alle ciance e diamo inizio alla nostra recensione, buona lettura!
Ghostwire Tokyo: è il giorno della morte che da alla vita il suo valore
La storia di Ghostwire Tokyo non perde tempo e sin da subito getta le basi per una trama ricca di mistero ed eventi paranormali. Il tutto comincia, come ben potrete immaginare, a Tokyo e più precisamente nel noto incrocio di Shibuya. Qui facciamo la conoscenza del nostro duetto di protagonisti: Akito, uno studente che è stato investito mentre tentava di andare a trovare la sorella in ospedale, e KK, un’entità spiritica che ha posseduto parte del corpo in fin di vita di Akito.
Mentre la possessione ha termine, assistiamo all’arrivo di una nebbia che avvolge la città e non lascia scampo ai cittadini della metropoli. Tutti tranne il protagonista, che con l’infestazione appena ottenuta sarà in grado di resistergli oltre ad avere accesso ai poteri da medium di KK. Intanto incontriamo anche l’antagonista principale, Hannya, un uomo dalle idee rivoluzionare quanto nefaste per ciò che concerne gli spiriti delle persone morte nella nebbia. Nel frattempo, nel noto incrocio sono arrivati a sostituire la vita umana i primi spiriti chiamati “Visitatori“.
Il primo pensiero di Akito va alla sorella Mari, ricoverata in ospedale, tanto da portarlo ad andare li di persona, aiutato da KK il quale gli insegnerà le basi dei nuovi poteri acquisiti, necessari per affrontare i Visitatori (di cui faranno parte anche gli “Yokai”). Arrivati nel luogo fatidico, scopriremo che la ragazza è stata rapita dall’antagonista, tra l’altro vecchia conoscenza di KK, che farà di tutto per attuare il suo piano etereo. Comincia così una ricerca disperata della sorella nel tentativo di mettere le cose a posto, diradare la nebbia e nell’aiutare le anime che vagano per Tokyo.
Come potete già capire da queste brevi righe di testo, la narrativa non è decisamente una delle più originali e brillanti, ciononostante nella sua semplicità sa sicuramente catturare l’attenzione del giocatore. La coppia creata da Akito e KK, come è già capitato in altre opere tipo Kiseiju o La Terra di Mezzo: L’ombra di Mordor, non sarà inizialmente in sintonia, ma col tempo impareranno che uno necessità dell’altro fino a creare un legame d’amicizia. Questo loro rapporto concederà al giocatore brevi momenti di contorno, tra un’attività e l’altra, che lo faranno empatizzare col duetto.
Seguendo la storia principale, composta da un totale di cinque diversi capitoli, portare a compimento del titolo in poco più di 10 ore, che possono aumentare a 20-30 se si vuole ottenere il massimo del completamento dal gioco, e ciò include ogni singolo frammento di mappa esplorato, con annesse quest secondarie, attività e collezionabili. L’opera si prende i suoi tempi per tratteggiare le vite e le vicende personali dei personaggi, ma non abbastanza profondamente e la breve longevità non ha aiutato ciò.
Ci è dispiaciuto che siano mancati approfondimenti di alcune sfaccettature, che forse avrebbero necessitato di più tempo di sviluppo, creando così una narrazione frammentata soprattutto nei ritmi. Il risultato è stato infatti una grande accelerata piuttosto netta nelle battute finali del gioco che ha lasciato alcuni dubbi (leggermente limati da alcuni collezionabili) su certi avvenimenti e personaggi, compresi i principali i quali seppur abbiano la maggior caratterizzazione denotano alcune mancanze.
Allo stesso tempo però, Ghostwire Tokyo porta con se alcune tematiche molto profonde degne di essere notate. Il titolo ci metterà davanti ai concetti della morte e la spiritualità, che saranno le due forze motrici che porteranno in spalle tutta la narrativa del gioco. Queste due materie saranno in grado di risvegliare nel giocatore forti sentimenti. Dalla paura della morte, allo sconforto della perdita di una persona cara all’importanza della vita sono solo alcuni degli argomenti trattati e che sapranno acchiappare lo spettatore.
Ghostwire Tokyo lascia un messaggio ad impatto e molto bello nel suo finale, degni di nota anche alcuni eventi nel mezzo anche se sono pochi, per una conclusione ben scritta e inscenata, anche se l’antagonista avrebbe meritato qualcosa in più sotto questo punto di vista.
Kuji Kiri, l’esorcismo secondo Ghotwire Tokyo
Per chi non lo sapesse, i Kuji Kiri (taglio dei nove caratteri) sono una sequenza di particolari posture delle mani aventi significati mistico/esoterici in alcune discipline e religioni orientali. Se vi vengono dei dubbi, basta che abbiate presente le tipiche posizioni delle mani che i personaggi di Naruto facevano prima di eseguire una tecnica. Ebbene, i suddetti sono alla base dei combattimenti di Ghostwire Tokyo sia fisicamente che visivamente. Ma sul secondo punto ci torneremo più avanti.
Akito avrà a disposizione dei poteri per combattere le aberrazioni che si pareranno davanti alla sua strada. Essi vengono chiamati “Tessitura Eterea” e saranno tre quelli principali, legate rispettivamente al vento, all’acqua e al fuoco. Essi saranno come delle “armi da fuoco” soprannaturali. Il primo potere, e quello base, è adatto ad un approccio rapido e continuo di attacchi a distanza; il secondo più ravvicinato e atto a colpire più nemici all’unisono mentre il terzo serve per fare molti danni al singolo avversario e ad area.
Possiamo anche bloccare i colpi in arrivo con una parata con la quale, se fatta perfettamente, possiamo stordire il nemico e anche creare etere, ovvero “i proiettili“. Questi non verranno mai a mancare, in quanto per la città sarà possibile recuperarli tramite degli oggetti (cartelli stradali, cestini ma anche veicoli) opportunamente marcati da un colore peculiare. A nostra disposizione avremmo anche un arco, ottimo nelle sessioni stealth, e dei talismani atti ad creare malus per i nemici. Per curarci, invece, oltre a combattere potremmo ottenere il cibo dai vari market o dalla strada.
Ghostwire Tokyo: da grandi poteri…deriva poca dinamicità
Come ci si approccia a una battaglia? Brevemente, dovremmo colpire i nemici in maniera tale da mettere in luce il loro nucleo che poi, con un colpo di grazia, toglieremo causando così la morte del mostro. Sarà possibile anche eliminare più nemici contemporaneamente se avranno i nuclei scoperti. Il nostro protagonista potrà vantare di 3 alberi abilità ben distinti: Capacità, Equipaggiamento e Tessitura Eterea; ad ogni livello otterremo anche maggiore salute. Inoltre potremmo personalizzare Akito sia esteticamente (con molti easter egg da scoprire) che aggiungendo equipaggiamento come i rosari, che incrementano determinate statistiche, o i consumabili come cibo e bevande.
Il sistema a livelli progettato da Tango Gameworks è molto basilare ma efficace, permettendo il guadagno di punti da spendere nelle sudette sezioni tramite il guadagno di esperienza data dalle azioni principali, come sconfiggere i Visitatori, liberare gli spiriti dei cittadini non ancora trapassati e le quest.
Come potete vedere le possibilità offerte dal combat system non sono certo limitate, ciononostante non risultano tutte ugualmente soddisfacenti. Solo di rado una battaglia contro orde di demoni vi metterà in crisi, in quanto lasciano anche abbastanza tempo per pensare a come agire.
Inoltre, a lungo andare, specialmente dopo aver ottenuto tutti i poteri le lotte diventeranno ridondanti e ripetitive, senza mai creare una vera dinamicità negli scontri. Sarebbe presente anche una timida componente stealth, capeggiata dagli attacchi alle spalle letali o dalla nostra bravura con l’arco, che a nostro dire non ha ricevuto tutta l’attenzione necessaria per essere di forte necessità.
Certo, in alcuni momenti particolari risulterà assai utile ma non abbastanza da renderla una valida alternativa allo scontro faccia a faccia. Pertanto avremmo apprezzato un livello di complessità più equilibrato e una varietà più ampia di nemici e situazioni da affrontare. Di questa parte dolente fanno parte non solo i nemici, ma tristemente anche i boss. Questi ultimi saranno pochi, memorabili esteticamente di certo ma decisamente semplici da affrontare e con deboli tentativi di cambiare l’approccio al combattimento.
Ghostwire Tokyo: tra realismo e folklore…
Ora arriva il piatto forte, il vero succo di tutto quello che c’è dietro a Ghostwire Tokyo è la straordinaria direzione artistica e di level design che è stata scelta. La prima cosa che ha un impatto forte sul giocatore all’inizio del gioco è il livello qualitativo della grafica ma soprattutto la ricostruzione del paesaggio urbano di Tokyo. Diciamocelo chiaro, lo studio ha voluto incentivare molto il giocatore all’esplorazione della città. Vige una ricostruzione quasi maniacale della stessa città, tale da far sentire al giocatore di essere veramente a Tokyo.
La metropoli parla da se, ci comunica il malessere e la sua grandezza, che ci accompagnano mano nella mano tra le strade inondate da luci sfavillanti, adornate da cumuli di immondizia gettati ai margini delle vie, ai gloriosi santuari (simbolo di un passato remoto) e negli immensi grattacieli (emblema di un presente sfarzoso). Ad aiutarci nel nostro viaggio nella città non si fa mancare anche la componente verticale, abbastanza grezza quando lo si deve fare di persona, ma più fluida quando potremmo usare dei Tengu come appigli rapidi per raggiungere istantaneamente la cima delle strutture.
Una volta in cima, dopo che il giocatore avrà ammarato la vista della metropoli, si potrà poi planare spiriticamente per un tempo limitato da un palazzo all’altro. Nell’esplorare capiterà di imbattersi in numerosi minimarket gestiti da gatti yōkai nei quali acquistare di tutto: dalle munizioni per arco, fino al cibo, oppure le Katashiro (le tradizionali forme di carta nipponiche) che daranno il via ad un’attività remunerativa come quella di salvare gli spiriti che non sono riusciti a trapassare. Va detto però, che definirlo Open World non sarebbe del tutto corretto quanto indicarlo come Open Map. I luoghi da vedere sono tanti, ma allo stesso tempo ci limiteremo alla parte esterna di essi.
Tra moderno e occulto, un’enciclopedia completa
Il titolo che leggete è un perfetto riassunto di quanto vivremmo in Ghostwire Tokyo. Dove nel gameplay avremmo quelle varie rimembranze di Bioshock, visivamente sarà più una similitudine a opere come Shaman King. Per capire quanto profonda e sviluppata sia la trasposizione culturale e folkloristica nipponica è necessario volgere lo sguardo alle attività extra. In esse conosciamo più a fondo tutte le creature che vivono nell’immaginario collettivo nipponico, avendo esse una rappresentazione contestualizzata e graficamente appagante. Molte di esse ci concederanno anche eventuali potenziamenti come i Magatama, essenziali per l’albero delle abilità; oppure aumenteranno il numero di proiettili per le abilità, grazie alle preghiere alle statue di Jizo.
Rimarrete sorpresi di sapere che praticamente ogni cosa che affrontate, vedete e mangiate ha una storia dietro. Tutto fedelmente e accuratamente raccontato nella sezione “Archivio” del gioco. Degno di nota è l’impegno messo per spiegare, specie ad un pubblico occidentale che non conosce usi, costumi e credenze dell’oriente, tutti i piccoli dettagli del mondo in cui siamo. Siano essi legati agli Yokai che al semplice street food. Non mancheranno ovviamente le missioni secondarie, ovvero incarichi di diversa natura in cui dovremo portare a termine dei compiti più o meno complessi e variegati per alcuni spiriti, permettendo loro di trapassare.
Queste hanno messo in scena solo raramente delle storie interessanti, rivelandosi perlopiù riempitive dell’esplorazione (e per le cospicue ricompense) oltre che permettere delle visite in locali interni altrimenti inaccessibili, dove le cose si fanno decisamente bizzarre e a tratti inquietanti ma mai horror. La credibilità dell’ambientazione non passa solo dall’ottimo lavoro svolto sulla ricostruzione della città, ma anche dal comparto audio, che abbiamo trovato particolarmente curato sia per qualità che spazialità delle fonti sonore, con a supporto una colonna sonora di livello.
Senza dimenticare una validissima localizzazione italiana, opzione sempre bene accetta e gradita. Anche se riteniamo che, per vivere a pieno lo spirito del titolo, sia necessario impostare la lingua giapponese.
In conclusione, Ghostwire Tokyo di certo è un titolo particolare ed è per questo che riteniamo non potrà piacerà a tutti. Possiede degli evidenti cedimenti qualitativi, lasciando spazio a volte a una certa ripetitività e a delle mancanze contenutistiche, ma nel suo insieme riesce comunque a regalare un’esperienza molto piacevole. Sia essa merito delle suggestive atmosfere create dal gioco, sia l’incredibile ricostruzione di Tokyo, sia per l’attenzione riposta nella scrittura e nel simbolismo che caratterizzano le storie della città, sia pure la sinergia creata dai due protagonisti, l’unione di tutti questi elementi crea un conglomerato che gli amanti dell’occulto e del folklore nipponico non possono perdere.
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