Elden Ring Recensione|Corre l’anno 2009 e sugli scaffali giapponesi appare un titolo dall’aria misteriosa che portava il nome di Demon’s Souls. L’esclusiva PlayStation 3 nasceva come successore spirituale di King’s Field dalle aspettative non molto elevate, non a caso l’uscita in Occidente era stata programmata ben un anno dopo. Forse nessuno in casa FromSoftware poteva aspettarsi che proprio quell’opera interattiva potesse ricevere diversi premi, tra cui diversi GOTY e divenire uno dei pilastri dell’industria videoludica, tanto da creare un genere a sè stante. Nasce così la serie dei Souls, filone action RPG dalle meccaniche innovative e dalla elevata difficoltà nei combattimenti quanto nella fase esplorativa tradizionalmente poco guidata. Arriviamo così, dopo diversi sequel e premi, a Elden Ring.
Il titolo, sviluppato in collaborazione con il celebre scrittore George R.R. Martin (Il Trono di Spade), è senza alcun dubbio la produzione più ambiziosa dei creatori nipponici. Siamo infatti davanti, per la prima volta, a un’esperienza open world targata FromSoftware. Dati i precedenti successi e la vasta popolarità acquisita negli scorsi anni, non è un segreto che Elden Ring è uno dei videogiochi più attesi degli ultimi anni dalla comunità di fruitori. Eppure finalmente il giorno è arrivato e anche questo GDR dal mondo aperto è stato rilasciato per PlayStation 4, PlayStation 5, Xbox Series X/S, Xbox One e PC. Per cui è arrivato il momento di riprendere le nostre armi e fiondarci all’interno dell’Interregno per diventare il nuovo Lord Ancestrale. Vediamo se l’idea open world da souls-like ci ha convinto!
Elden Ring e il suo open world fuori dagli schemi… forse fin troppo
Come già anticipato durante l’introduzione alla recensione, Elden Ring presenta una struttura open world che scardina molti dogmi che sono considerati la norma all’interno del genere. Come da classico per ogni Souls, non abbiamo nessuna guida che possa informarci chiaramente su quale sia la direzione giusta da prendere durante il viaggio e dove trovare gli NPC. Insomma, volendo riassumere in maniera molto breve il funzionamento dell’opera basti pensare a un Dark Souls su larga scala. Ciò vuol dire che è l’utente a dover scoprire, spesso a sue spese, se il dungeon che sta visitando è adatto al suo livello oppure si è addrentato in una zona che avrebbe dovuto scoprire in seguito.
Il fatto di essere un mondo aperto e con pressoché zero indicazioni (nonostante ci siano i punti di Grazia che puntano la direzione da perseguire) rende Elden Ring un titolo estremamente libero che permette al fruitore di esplorare quasi tutta la mappa senza avanzare nella trama principale. Sicuramente questo è un aspetto che può risultare divisivo nella community, tuttavia abbiamo apprezzato la scelta di rendere vera l’esperienza “open world”, a differenza di molte altre produzioni che ne danno solo un’illusione. Non tutto è perfetto, infatti ci sono cose che ci hanno fatto storcere un po’ il naso durante la nosctra scoperta dell’Interregno. È vero che avere possibilità di poter scegliere dove andare senza restrizioni può essere uno svago decisamente appagante e immersivo, ma allo stesso tempo abbiamo notato che Elden Ring pecca di eccessiva libertà. Dalla scomparsa delle guide cartacee, pochi giocatori hanno adottato la classica tattica degli “appunti su carta”, ebbene la creazione di FromSoftware ci ha obbligato a ritornare su questa strada. Il motivo è molto semplice: ci sono troppe zone, dungeon e NPC da seguire ma non c’è nessun sistema in gioco che possa aiutarci a tenerne traccia.
Per quanto il sistema di ping presente nella mappa possa risolvere in parte la difficoltà a memorizzare le aree e a cosa possono servire, risulta pressoché impossibile ricordare come avanzare nelle quest secondarie data la vasta presenza di personaggi non giocanti e i loro spostamenti. A questo bisogna aggiungere che il ciclo temporale della giornata influenza sulla presenza o meno di determinati NPC. In pratica, è quasi impossibile completare tutte le sottotrame e zone giocabili senza un aiuto di una guida esterna o il consiglio di altri giocatori. Parte dell’esperienza in Elden Ring concerne l’esplorazione, per cui il fatto di dover girare la mappa intensivamente per incontrare nuove scoperte è un elemento sacrosanto ai fini dell’esperienza complessiva, però il troppo può stroppiare e rendere il Souls frustrante.
In sostanza, la struttura open world dell’action RPG è da elogiare dato che finalmente siamo davanti a un open world con una struttura differente rispetto a quella che oramai possiamo definire “canonica”. Tuttavia, bisogna anche citare una mancanza eccessiva di guida che può rendere l’esperienza fin troppo frustrante o quasi impossibile da completare senza aiuti da terze parti
Un sistema di esplorazione dalle sorprese continue
Analizzata la struttura open world generale di Elden Ring, è ora arrivato il momento di parlare di ciò che la compone: le aree di gioco. Il sistema di esplorazione del titolo di FromSoftware è in realtà molto semplice da intuire: il primo step è quello di trovare la mappa della zona, poi basta seguire i sentieri indicati per trovare le differenti zone presenti nell’Interregno. La scoperta delle caverne e dungeon speciali risulta essere più complessa e specifica, tuttavia il grosso della scoperta avviene seguendo questi semplici passaggi.
È arrivato il momento di aprire una parentesi personale, al fine di poter rendere l’analisi più descrittiva in base al tipo di giocatore che ha avuto modo di provare l’opera interattiva. La serie dei Souls è, molto probabilmente, quella su cui ho investito più ore di gioco in assoluto (circa 5000 ore tra PvP e PvE) e devo ammettere che Elden Ring è il primo titolo del filone che riesce a sorprendermi costantemente. Il fatto di essere un mondo aperto ha decisamente aiutato gli sviluppatori a rendere possibili alcune boss fight e combattimenti speciali, però è innegabile constatare che la fruizione riesce a regalare sorprese e varietà di esplorazione in maniera molto frequente.
Non lo nego, Elden Ring è pieno di contenuti riutilizzati sotto forma di cameo o direttamente nemici o aree che richiamano ad alcune viste già in passato. Basti pensare, ad esempio, che molte caverne utilizzano una tipologia di level design molto simile ai Chalice Dungeon di BloodBorne o anche la struttura di molti boss (di cui non faremo nomi per evitare spoiler). Tutto ciò non risulta essere necessariamente un male poiché i novizi molto probabilmente non coglieranno nemmeno le referenze, mentre i veterani potranno apprezzarne con un po’ di nostalgia. Quello che però ho notato in fase di esplorazione è il fatto che è giusto omaggiare il passato, ma è anche vero che non bisogna puntare su di esso. Fortunatamente Elden Ring non è il caso visto che i cameo sono contenuti e non distolgono l’attenzione dalla vasta mole di “ciò che è nuovo”. Il sistema di rewarding dovuto all’esplorazione è stato altalenante durante la mia partita: inizialmente, non vedevo un’effettiva utilità nell’esplorazione dato che non venivano trovati molti oggetti di valore come armi e armature. La situazione è cambiata dopo diverse ore, dove finalmente scorazzare per l’Interregno ha dato i suoi frutti e ho iniziato a trovare gli equipaggiamenti sopracitati, magie e molto altro. Indi per cui anche il sistema di ricompensa mi ha convinto ed è risultato appagante nel suo complesso.
La direzione artistica risulta essere semplicemente fenomenale. Impossibile non notare lo zampino di George R.R. Martin durante il design di alcune aree o boss presenti nel gioco, combinato alla classica ambientazione dark fantasy di cui ormai From ne è maestra. La quantità di biomi presenti nell’Interregno è soverchiante, tanto che è facile pensare di non essere all’interno della stessa mappa di prima. Se siete appassionati di esplorazione all’interno delle opere interattive, Elden Ring è una produzione che non potete perdere.
Stessa From, vecchi problemi
Una parentesi negativa che deve essere fatta a Elden Ring è quella legata ai problemi di natura tecnica. Al momento della stesura di questo articolo (6 marzo 2022) la versione PC è ancora bloccata a 60FPS e le opzioni di personalizzazione delle impostazioni grafiche sono molto limitate. Tuttavia questa non è una novità per una creazione dello studio giapponese: Dark Souls ebbe problemi molto simili, che poi vennero risolti grazie alla celebre mod “DSfix”, che però non sarebbe fattibile nell’open world dato che l’anti-cheat non lo permette. È anche vero, in parte, che il lock agli FPS è dovuto al fatto che molte meccaniche potrebbero non funzionare come inteso visto che un valore più alto influerenzerebbe gli i-frames delle animazioni. Ma, secondo il mio parere, non è questo il vero problema.
Il, probabilmente perenne, flagello che è presente anche in Elden Ring è quello della telecamera. Chiunque abbia giocato un Dark Souls o derivati è a conoscenza che questo tipo di esperienza ha sempre avuto questa pecca e molto probabilemente non può essere risolta data l’intera struttura di gameplay. Una cosa è certa però: la camera funziona ancora peggio con nemici dalle fattezze da gigante. In pratica, più il nemico è alto più risulterà complesso destreggiarsi con la visuale. Il mio consiglio personale è quello di utilizzare semplicemente la vista libera, come si è sempre fatto, ma ciò vuol dire che schivare gli attacchi sarà un semplice instinto rispetto a un effettivo timing da tener conto. Mi spiego meglio: in ogni Souls, quando la telecamera diviene una difficoltà aggiunta piuttosto che un aiuto, la tattica migliore è quella di non usarla e mettersi al centro delle gambe del nemico (questo perchè solitamente i giganti causano molti problemi di camera). Questo però rende quasi impossibile capire il tipo di attacco che il nemico scaglierà, costringendoci a ridurre la battaglia in un mero attacco continuo senza cervello e sperare di non venire colpiti grazie ad una buona schivata istintiva o a hitbox che ci hanno salvato.
Con le tecnologie attuali di cui si ha a disposizione durante la fase di game development, soprattutto per un AAA come Elden Ring, mi è molto complesso pensare che non sia stato possibile ovviare alla complicazione. Tuttavia un motivo esiste: semplicemente, non c’è stata una risoluzione poichè la base delle meccaniche è ripresa in grandissima parte da Dark Souls 3. Ma di questo ne parleremo nel prossimo paragrafo.
Un gameplay già visto, ma innovativo
Una delle critiche più celebri che ha ricevuto Elden Ring è quella di essere definibile come un “Dark Souls 3 open world” e in parte potrebbe anche essere accettabile come descrizione molto sommaria, tuttavia il gameplay non è propriamente uguale. La presenza delle Ceneri di Guerra rende il flusso dei combattimenti, sia online che offline, più interessante e riesce a fornire un’utilità maggiore alle Weapon Art, che su Dark Souls 3 erano invece vincolate all’arma specifica. Inoltre, le Ceneri rendono possibile anche per le build pure melee la possibilità di disporre di simil magie che possono risultare efficaci in determinate situazioni.
Volendo invece analizzare le meccaniche base del gameplay, è impossibile non constatare che siamo davanti a un titolo che ha le stesse fondamenta del terzo capitolo del celebre franchise: molti moveset sono cambiati, vero, ma i meccanismi di base come hyper armor, equilibrio, metodi di punizione e così via sono gli stessi che troviamo in Dark Souls 3. Per questo motivo possiamo collegarci al discorso precedente della telecamera e poter suppore una ragione molto probabile al fatto che quest’ultima risulti essere sempre problematica: se i fondamentali sono gli stessi già visti in una fruizione che presentava il problema, è allora molto probabile che anche l’open world abbia gli stessi difetti. Il combattimento a cavallo è forse l’innovazione più di impatto vista in Elden Ring. Anche qui, molto spesso non utilizzare la telecamera è la scelta migliore e le magie sono decisamente più funzionali da sfruttare. Ho però apprezzato l’idea di voler aggiungere boss fight che sfruttano questa meccanica, sebbene molto spesso risultino essere uno scontro hit’n run.
Il sistema di potenziamento delle armi è anch’esso molto simile a quello già visto in passato, anche se gli scaling variano molto in base alle Ceneri di Guerra che si decide di installare. Nel complesso, il sistema di combattimento risulta essere funzionale e, oggettivamente parlando, superiore a molti visti in alcuni competitor. Tuttavia, avrei apprezzato lo sviluppo di un gameplay più fluido e in linea con ciò che consentirebbero di sviluppare le tecnologie odierne.
Elden Ring ha al suo interno anche un sistema di crafting, che però non risulta essere essenziale per il superamento di nessuno scontro e, personalmente, non ho mai avuto la necessità di utilizzarlo. Sarebbe stata un’idea migliore avere la possibilità di valorizzarlo di più e rendere il suo status diverso da un semplice “sistema di creazione di oggetti di flavour” dato che sostanzialmente questo compie al momento.
Tirando le somme…
Sebbene non siano mancate le critiche, Elden Ring risulta essere una delle opere interattive migliori di questo decennio videoludico. Il sistema open world offerto è una scelta coraggiosa che però dimostra come sia possibile sviluppare titoli divertenti anche senza una guida soffocante a cui siamo spesso abituati. L’action RPG non è un’esperienza consigliata a tutti, visto che richiede molto tempo a disposizione e pazienza per essere scoperto nella sua interezza, tuttavia l’esplorazione saprà ripagarvi grazie alla vasta mole di contenuti che compongono il titolo. Molto probabilmente, ciò che più blocca l’evoluzione dei titoli di casa From attualmente è il fatto di non osare in termini di gameplay. Il team B aveva provato a farlo con Dark Souls 2, che in termini di sistema di combattimento era quello meglio riuscito. Tuttavia è anche vero che i fan non lo apprezzarono, per cui questo sistema di gameplay che ci troviamo davanti oggi e che molti criticano per essere simile a Dark Souls 3 è frutto della stessa ipocrisia del consumatore, il quale costringe lo sviluppatore a non uscire dalla sua comfort zone, indi per cui la scelta dei creatori di lasciare il tutto il più uguale possibile è molto comprensibile.
Elden Ring è uno dei videogiochi meglio riusciti dell’ultimo decennio dell’industria videoludica. Il suo sistema di open world risulta essere molto libero e appagante durante la fase esplorativa. Non manca la classica difficoltà tipica dei Souls, che mista alla grande quantità di zone esplorabili rende l’action RPG un’esperienza ludica mastodontica. L’estrema libertà del titolo, d’altra parte, può risultare avvilente e frustrante per tutti coloro che hanno intenzione di completare il viaggio nell’Interregno senza ricorrere a guide esterne. Il gameplay di Elden Ring è oggettivamente di alta fattura, tuttavia avremmo apprezzato che i creatori avessero osato di più, rispetto a limitarsi a qualche aggiunta lasciando le fondamenta pressochè invariate da ciò che è stato già visto in passato. Lo stile artistico risulta essere fenomenale, frutto dell’esperienza maturata da FromSoftware con l’ausilio di George R.R. Martin. Elden Ring ha innegabilmente alcuni problemi, però non possiamo far altro che invitarvi ad acquistarlo e provarlo poichè l’esperienza che vi offrirà è unica.