Scarf Recensione: viaggio magico con un compagno drago

Scarf Recensione| Sviluppato da Uprising Studios e pubblicato da HandyGames, Scarf è la nuova avventura platform 3D che mette il giocatore nei panni di un piccolo eroe di luce e il suo compagno drago a forma di sciarpa. L’obiettivo del gioco consiste nell’esplorare diversi mondi e risolvere puzzle per ritrovare i frammenti della madre del drago, impiegati da esseri simili al protagonista come fonte magica che il narratore iniziale descrive col nome “nomadi”. Il titolo, sviluppato in Unreal Engine, sarà disponibile a tutti  dal 23 dicembre su Steam. Senza perderci in troppe chiacchiere, andiamo dritti al sodo.

Scarf

Un ottimo inizio

Premettiamo che siamo rimasti toccati quando, avviando il gioco per la prima volta, ci è stata presentata una storia toccante. Come vi è stato precedentemente anticipato, il nostro compagno drago è stato separato dalla madre da essere simili al protagonista. Questa è stata fatta a brandelli e impiegata per viaggiare in altri mondi e creare strutture tramite la sua magia. Una trama che coinvolga il giocatore da subito non è da sottovalutare, quindi avevamo delle aspettative alte fin dall’inizio.

Il tutorial del titolo è semplice e si effettua in una zona antecedente all’hub centrale. Il modesto stile visivo si accosta perfettamente all’illuminazione di Unreal Engine, valorizzando questo ampio spiazzo da cui è possibile accedere ai portali. Essendo la storia lineare, ognuno di questi suggerisce al giocatore a che mondo condurrà e devono essere esplorati in ordine.

Esplorando questi mondi, ci si imbatte in nomadi che possiedono parti della madre. Ognuna di queste parti, quando raccolte, dona delle nuove abilità al protagonista che introducono nuove meccaniche di gioco. Queste possono essere un semplice doppio salto o un deltaplano, ma ognuno di essi permette di navigare i livelli e sono essenziali al completamento dell’opera. Inoltre, è possibile raccogliere o trasportare oggetti per proseguire con l’esplorazione.

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Puzzle ambientali e meraviglie

Vogliamo infatti parlarvi di un momento particolare che si sperimenta il primo livello. Avendo superato il primo puzzle, ci si ritrova davanti ad una distesa d’acqua e un globo di nuvole. Dal neofita all’esperto dei videogiochi, la soluzione al problema è semplice ma non scontata e il premio è uno spettacolo visivo mozzafiato. Infatti, i rompicapi non vanno mai oltre le capacità del giocatore e, se lo sono, vuol dire che è troppo presto per esplorare la zona. Gli sviluppatori sono stati abili a non crearne mai due identici nello stesso mondo, se non per comporne di più complessi.

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Un altro modo per evitare di creare puzzle è quello di privarci temporaneamente del drago in alcune sezioni dei mondi. Il giocatore, in questo caso, è costretto a ingegnarsi, non potendo fare affidamento sulle varie abilità del compagno. Oltre a spezzare la monotonia, permette di introdurre una sfida diversa da quella a cui ci si è abituati. Infatti, porzioni di livello facilmente evitabili con un doppio salto costringono il fruitore a pensare fuori dalla scatola. Una mossa semplice ma efficace da parte degli sviluppatori per variare lo stile di gioco ed evitarne la ripetitività.

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Tre note fanno la differenza

Vogliamo spendere qualche parola sui brani del titolo. Gli sviluppatori hanno deciso che molte zone sono da esplorare in silenzio, lasciando il giocatore da solo con i rumori ambientali. È proprio per questo che, quando parte un brano musicale, l’esperienza di gioco sembra cambiare. Una nuova zona viene percepita in maniera diversa quando anche solo tre note vengono riprodotte nel modo giusto.

I brani in questione partono quando si accede ad una sezione ampia del livello. Ascoltandoli, ci hanno trasmesso tranquillità, un senso di benessere che ci ha reso l’avventura più piacevole. Questo ha reso le zone complesse più godibili, attenuando anche la frustrazione in caso di errori consecutivi. La musica calma si sposa ottimamente col ritmo lento del gioco, riuscendo a creare la giusta atmosfera quando viene impiegata.

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Un’oscurità deludente

Entrando nel primo mondo, la prima cosa che si nota è un globo nero a cui il titolo si riferisce come “oscurità”. Approcciandola, il drago prova a impedire al protagonista di avvicinarsi e, per proseguire, il giocatore dovrà superare un quick time event. Quando viene raccolta, viene riprodotta una cut-scene contenente informazioni frammentarie sulla lore del gioco. Sono presenti tre oscurità per mondo, ognuna di esse posizionate in parti semi-nascoste della mappa.

Maggiore è il numero dei globi raccolti e maggiormente viene “contaminato” da essi. Abbiamo usato questo termine perché, accumulandoli, abbiamo avuto l’impressione che portassero ad un finale alternativo. Proprio per questa ragione, eravamo motivati a raccoglierli tutti, ma non siamo riusciti a farlo per ragioni che spiegheremo nel prossimo paragrafo.

Avendo raggiunto il finale, ci aspettavamo quello “buono”/principale, pronti a recuperare il globo mancante in seguito. Invece, il gioco si è concluso con il finale che noi avevamo intuito fosse quello alternativo. È stato pressoché deludente, siccome abbiamo percepito gli sforzi effettuati fino a quel punto inutili, che sarebbe bastato saltare questi contenuti per ottenere la stessa conclusione. La nostra fatica non è stata premiata e questo, tristemente, è solo il primo dei problemi di un indie altrimenti meritevole.

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Non puoi tornare indietro

Il problema che abbiamo accennato nel precedente paragrafo è, a parer nostro, un errore grave da parte degli sviluppatori: una volta iniziato un livello, non è possibile ricominciarlo, né tornare all’hub principale. Infatti, spesso ci è capitato di superare un punto da cui non era possibile tornare indietro senza aver finito di esplorare la zona.

Questo ha creato situazioni frustranti, costringendoci a completare il livello e ricominciarlo per recuperare le oscurità saltate. Per ovviare il problema sarebbe bastato un pulsante per ricominciare o, perlomeno, uscire dal livello. Riteniamo sia una punizione un po’ troppo grave dover riaffrontare un mondo intero per essere semplicemente scesi da un muretto. Speriamo che gli sviluppatori risolvano questa questione con una patch, poiché questa mancanza potrebbe influire negativamente sulla ricezione del titolo.

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Un protagonista un po’ goffo

Nonostante l’esperienza di gioco sia stata comunque molto positiva, vogliamo spendere qualche parola sulla fisica e le meccaniche di movimento. Come prima cosa, forse la più grave in un platform, il protagonista è poco manovrabile. Quando è in movimento e si decide di cambiare direzione, esso disegna un arco invece di girarsi immediatamente.

Potremmo passarci sopra se non lo facesse anche quando sta immobile. Infatti, se si fa voltare l’avatar quando sta fermo, esso disegnerà un arco. In un platform, dove bisogna stare attenti a dove si mettono i piedi, questo significa condannare il giocatore ogni volta che decide di girarsi vicino ad un dirupo.

Inoltre, trovandosi su una piattaforma mobile, si deve assolutamente evitare di saltare, onde evitare di precipitare di sotto. Questo sembra essere dovuto dal fatto che la velocità orizzontale si azzera durante un salto. Una scelta a nostro dire sbagliata siccome molti giocatori, per noia, tendono a saltare sul posto in attesa di arrivare a destinazione. È un problema decisamente minore rispetto al precedente, ma ci teniamo a riportarvelo per risparmiarvi la nostra stessa sorte.

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Per concludere, Scarf è un platform con un’estetica meravigliosa che riesce a proporre al giocatore rompicapi interessanti. Nessuno di questi è al di fuori delle abilità del fruitore, nonostante la loro semplicità, donando un’esperienza di gioco più che valida. Sfortunatamente, come tutti i giochi, ha anche dei difetti. Questi comprendono le fisiche, le meccaniche di movimento e l’impossibilità di ricominciare un mondo senza doverlo finire. Oltretutto, ha un finale che, a nostro avviso, potrebbe essere migliorato. Tutto sommato, però, noi di Vigamus Magazine vi consigliamo vivamente questo titolo.

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