Sword Coast Legends: la recensione di VMAG

Quando ormai sentiamo parlare di Dungeons & Dragons, due sono i pensieri che per primi si affacciano nella nostra mente: il gioco di ruolo cartaceo che ha fatto la storia e una serie di saghe videoludiche che pure hanno rappresentato una pietra miliare nella loro categoria. Sin dagli anni ’80 il Forgotten Realms ha iniziato il suo passaggio dal mondo del cartaceo al regno del cibernetico con titoli come Pool of Radiance (1988), Curse of the Azure Bonds (1989) e Pools of Darkness (1991) i quali si pongono come base, solidissima, di una piramide di titoli che annovera tra le sue fila mostri sacri del calibro di Baldur’s Gate, Icewind Dale e Neverwinter Nights. Con la loro “epicità”, questi titoli ci hanno accompagnato fin quasi al giorno d’oggi quando, dopo una trepidante attesa, arriva per noi Sword Coast Legend.

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 Dungeons & Dragons  è il gioco che ha fatto la storia del cartaceo e del videludico

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Sin dalla sua prima apparizione durante l’E3 di Los Angeles, questo nuovo capitolo del Forgotten Realms, ci è stato presentato come la trasposizione virtuale del gioco cartaceo. Basato sul nuovo sistema di regole, D&D 5.0, Sword Coast Legend ha come obbiettivo quello di portare il giocatore a rivivere le sensazioni di una sesssione di gioco di ruolo tra amici con tutti i vantaggi che la tecnologia può fornire. Digital Extremes e n-Space, responsabili dello sviluppo, hanno ricevuto l’arduo compito dalla Wizard of the Coast di raggiungere un obbiettivo difficile ma non impossibile.

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Un classico inizio che non guasta mai

Installato il gioco e creato l’account sul sito, ci ritroviamo a dover scegliere come affrontare la nostra nuova avventura ambientata sulla Costa della Spada. Il “come” è un fattore importante per questo titolo, ed è l’aspetto che più lo caratterizza. Il gioco, infatti, ci da la possibilità di affrontare la campagna sia in modalità singola che in cooperativa con altri giocatori ma, soprattutto, Sword Coast Legend offre l’occasione imperdibile di vestire i panni del mitologico, e spesso coperto di infamia, “Dungeon Master”. La scelta quindi della modalità di gioco offre un discreto ventaglio di opportunità che ci consentono sia di unirci a partite create da altri giocatori, sia di lasciare degli slot liberi nella nostra e pregare tutte le divinità affinchè, chiunque si unisca alla partita, non sia un completo disastro. Ultima ma non meno importante, la modalità che consente di giocare avventure create da terzi, ci pone tra le grinfie sadiche o meno di utenti che si sono cimentati con la già citata modalità di creazione ed editing.

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Creare, creare e creare… usando la testa si spera!

Parlando appunto di quest’ultima modalità, le aspettative sono state in parte deluse da un sistema che prova ad offrire una libertà che in realtà non è ingrado di dare. Per chi, come me, si aspettava di poter dare libero sfogo alla propria fantasia, creando un’avventura e delle mappe frutto della propria sfrenata immaginazione, la delusione arriva solerte con un sistema che ci permette solo di impostare alcuni parametri mentre le mappe sono generate casualemente. Saremo in grado di aggiungere o togliere, in qualsiasi momento, nemici o trappole e prendere possesso di personaggi non giocanti mentre, altra nota dolente, avremo ben poca voce in capitolo per quanto riguarda la trama e la sua direzione. Certo il tutto funziona, offrendo un discreto divertimento, ma la mancanza di ulteriori strumenti e una possibilità di personalizzazione maggiore rendono il tutto meno affascinante di come lo avevamo immaginato.

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Ardua la scelta è!

Passando ora al gioco in se, Sword Coast Legend si apre con una creazione del personaggio dai tratti più leggeri rispetto ai titoli precedenti. Ci verrà chiesto infatti di scegliere tra cinque razze (umano, nano, elfo, mezzelfo e halfling) e sei classi (ladro, mago, paladino, guerriero, chierico e ranger) denotando una esemplificazione forse eccessiva dello stile di gioco. Il ristretto numero di razze giocabili, l’assenza di classi non votate propriamente al combattimento come il Bardo, il Druido, lo Stregone o il Monaco e l’impossibilità di generare un personaggio multiclasse, sottraggono ad un gioco del genere molto del suo spessore soprattutto per i giocatori più esperti. Le abilità sono molte e anche variegate, dando vita ad un sistema lineare ed abbastanza intuitivo per lo sviluppo del nostro alter ego ma che, purtroppo, scalfisce appena la superficie di quello che poteva essere fatto. La distribuzione poi dei punti nelle caratteristiche base come Forza, Destrezza, Costituzione, Intelligenza, Saggezza e Carisma, nodo cruciale della generazione del nostro avatar, non richiede un eccessivo raggionamento e quasi abbonda di punti da spendere.

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Quando un dardo incantato è quel che ci vuole…

Tutta questa leggerezza appena espressa, trova il suo riscontro in un sistema di combattimento che si avvicina più ad un Diablo, con le sue skill che possiedono un tempo di ricarica, piuttosto che un Baldur’s Gate. Le schermaglie sono dinamiche, veloci ma bilanciate in maniera ottimale, offrendo un grado di sfida sempre costante che si evolve con il crescere dei personaggi. La mitica barra spaziatrice, in grado di fermare il tempo, è una costante imprescindibile per titoli del genere anche se, in questo, trova poco spazio soprattutto nelle fasi iniziali a causa della drastica diminuzione della “tatticità”, da sempre colonna portante per questi titoli. La riduzione dell’elemento tattico, infatti, si nota un po’ ovunque in Sword Coast Legend che, ad esempio, glissa totalmente sul concetto del tempo, facendo venir meno la necessità di riposare e recuperare le energie e dando modo così ai personaggi di utilizzare le loro abilità e magie senza un’apparente limite. La morte, in oltre, non è mai stata così leggera come in questo capitolo dove, indipendentemente da punteggi nelle caratteristiche, abilità o magie, se un compagno cade sotto i colpi del nemico, sarà possibile “stabilizzarlo” e quindi riportarlo in combattimento con uno qualsiasi dei nostri avatar. Fortunatamente, però, la commistione di tutti questi elementi da un risultato quantomai anomalo rendendo il gioco godibile, ben bilanciato e che nelle fasi avanzate dell’avventura richiede sovente l’intervento della sopracitata barra spaziatrice, soprattutto nelle situazioni più affollate.

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Moneta o birra… questo è il dilemma!

Per quanto riguarda l’elemento narrativo, Sword Coast Legend apre la sua trama con un ben poco velato omaggio a Pillars of Eternity vedendo nelle sue prime fasi una carovana attaccata da dei briganti ed il nostro personaggio perseguitato da incubi che tendono a divenire sempre più reali. La trama si infittisce quando dopo i primi minuti di gioco si scopre che l’obbiettivo dell’aggressione non era tanto la carovana quanto i membri dell’antica gilda dell’Alba Ardente che ne erano la scorta. Da questo momento in poi la storia, come in tutti i giochi di questo stampo, decolla con discreta lentezza, distraendo il giocatore con missioni secondarie che alle volte possono stancare e che, purtroppo, poco hanno di profondo se paragonate a titoli come The Witcher 3: Wild Hunt, Divinity: Origianl Sin o lo stesso Pillars of Eternity. Pur non originalissima la trama in sè è ben concentrata, guidando il giocatore in tutte le sue fasi e portandolo ai titoli di coda senza fatica. La caratterizzazione dei personaggi, spesso dai tratti caricaturali a dir poco eccessivi, alterna fasi di profondità e superficialità riuscendo comunque a strappare qualche sorriso genuino con il ladro Larethar che, con la sua lingua lunga, irrita spesso e volentieri Illydia, sacerdotessa composta e seriosa.

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La trama in sè è ben concentrata, guidando il giocatore in tutte le sue fasi e portandolo ai titoli di coda senza fatica

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uno sguardo da vicino… forse troppo…

Ora, come abbiamo già detto quando parlavamo di Divinity: Original Sin, il genere isometrico sta tornando alla ribalta e la cosa non può che far piacere agli amanti del genere. Sword Coast Legend appunto, incarna i principi dell’isometria pur soffrendo la telecamera di alcuni “sbalzi d’umore” che, in alcuni punti del gioco, fanno perdere  l’orientamento. La visuale, tramite la rotellina del nostro fidato mouse, si allontana ed avvicina fino a rendere visibili i tratti somatici dei nostri eroi e, in alcune occasioni, rendendo più semplice evidenziare personaggi ed oggetti. Continuando a cavalvare l’onda dei tecnicismi, il motore grafico sembra quello utilizzato per Neverwinter Nights, senza troppe evoluzioni, che supporta delle texture di qualità non certo eccelsa e che, in alcuni casi, soffre di cali di frame nelle scene giocate in esterno. Lo scarso numero di poligoni poi, rende i movimenti dei personaggi piuttosto legnosi se visti da vicino ma, bisogna dirlo, un lavoro più che eccelso è stato fatto nelle animazioni degli incantesimi e delle abilità. Ulteriore nota di merito va al doppiaggio, veramente di buon livello ed ovviamente alla strepitosa colonna sonora edita dal maestro Inon Zur, celebre compositore di capolavori come i prmi Baldur’s Gate, Fallout 3 e Dragon Age: Origins.

UI
Entrare nel menù e non sapere quando ne esci…

Tralasciando un’interfaccia grafica che poco ha di intuitivo e dei caricamenti che a tratti darebbero noia ad un’immortale, Sword Coast Legend è a mio avviso un gioco acerbo ma dalle grandissime potenzialità. Si lascia giocare e garantisce comunque un discreto quantitativo di ore da spendere per esplorarlo e spolparlo a dovere. La possibilità di giocarlo in cooperativa, inoltre, lo rende altamente rigiocabile e nuovamente godibile se affrontato con personaggi e classi differenti. Il tempo è stato sicuramente il suo principale nemico, data la rapidità con la quale questo titolo ci è stato presentato e poi consegnato, ma sono certo che possa rappresentare il suo miglior alleato soprattuto a lungo termine. La modalità Dungeon Master, infatti, che fino ad ora è a mio avviso la parte più povera, se supportata adeguatamente con degli aggiornamenti, può veramente fare da contrappeso a questa bilancia di giudizi non proprio positivi. Solo l’evolversi degli eventi potrà dirci se e come valutare nuovamente un titolo del genere che, con una licenza come quella di Dungeons & Dragons, ha un numero di possibilità pressochè illimitato.

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