The Dark Pictures Anthology House of Ashes Recensione| Il periodo che segue è sicuramente uno dei più amati dell’anno, ovvero quello che preannuncia la spettrale festa di Halloween. Seppur non sia una tradizione italiana, molti hanno ormai abbracciato la tipica usanza importata dall’America. Essa, quindi, è diventata monito per le persone di festeggiare cercando di spaventare i propri amici e, perchè no, anche se stessi guardando film o giocando a titoli horror. A tal proposito, se siete a corto di lungometraggi da guardare per la sera del 31 ottobre, ne abbiamo fatta una tra quelli che consigliamo di più e potrete leggerla qui. Dal punto di vista videoludico, quest’anno ci sono state donate grandi opere del genere horror. Tra Resident Evil Village, The Medium, Little Nightmares 2 o il più recente Back 4 Blood, la scelta è davvero ampia. Vi è però un gioco in particolare di cui vogliamo parlare oggi.
Come avrete intuito dal titolo esso è The Dark Pictures Anthology House of Ashes, il terzo capitolo della saga The Dark Pictures Anthology sviluppata da Supermassive Games e Bandai Namco. Seguendo la linea di pubblicazione annuale che ha preso lo studio, House of Ashes (come i precedenti episodi) sarà uno stand-alone della serie cominciata in un certo senso con Until Dawn ma confermata con Man of Medan. Giusto in tempo per Halloween, questa recensione potrà tenervi compagnia e farvi capire se questo titolo è una valida opportunità per passare una serata spaventosa. Bando alle ciance e diamo inizio alla nostra recensione, buona lettura!
Il nemico del mio nemico è mio amico
“E poiché hanno seminato vento, raccoglieranno tempesta”, ed è con un passaggio di Osea del Vecchio Testamento che veniamo accolti in House of Ashes. Con gran sorpresa, però, il terzo capitolo suddivide la trama in due fasi. La prima ci vedrà viaggiare indietro nel tempo, più precisamente nel 2231 a.C, per interpretare Balathu. Un generale Accadico al servizio Naram-Sin, attuale re degli Accadi. Si viene a sapere che egli avesse provocato l’ira degli Dei, iracondi al punto da aver maledetto il popolo con una guerra violenta e con la piaga della carestia. Per cercare di sedare gli animi delle divinità, Naram-Sin fece allora costruire un enorme tempio come offerta di pace, ma come insegna la storia, non è restato altro che sabbia. O almeno così pare. Questa parte funge da tutorial, specialmente per coloro che non sono affini alle opere di Supermassive Games.
La seconda, e quella vera, ci catapulta nel 2003 in Iraq. La Guerra del Golfo si è conclusa da poco e un gruppo di soldati americani altamente addestrati in loco è pronto a cominciare una nuova missione: recuperare delle presunte armi chimiche appartenenti a Saddam Hussein. Ovviamente, l’operazione presumibilmente semplice si capovolge in pochi secondi sprofondando in un incubo per i protagonisti. Ecco, “sprofonda” è la parola chiave. Infatti, giunti nel presunto posto dove si nascondono gli armamenti, i personaggi principali verranno inghiottiti dalle sabbie del deserto finendo in un sepolto tempio sumero. Ma non tutto è come sembra; nell’aver scoperto un’antico tesoro architettonico hanno risvegliato qualcosa di oscuro e pericoloso che si annidava li da tempo. Scoperte orribili, decisioni impossibili e cunicoli claustrofobici attendono la Task Force e i giocatori. Ci vogliamo fermare qui, in quanto non vorremo anticiparvi troppo le cose e lasciare che siate voi a godervele.
Cominciando dalla narrazione di House of Ashes, che ovviamente la fa da padrone, possiamo notare un certo equilibrio nel nuovo lavoro di Supermassive Games. Essa, rispetto ai suoi predecessori, riteniamo sia la migliore uscita finora; paradossalmente non è la più innovativa che ci sia sul mercato. L’idea che un gruppo di persone si ritrovi, volontariamente o meno, in un posto profondo o insediato nella terra e che in esso sia nascosta una creatura pericolosa è un incipit trito e ritrito. Ma non solo nella stessa salsa, anche in contesti diversi. Perciò giocandoci non risulta difficile avere quelle sensazioni proustiane che ci rimandano a film come “The Cave” o a romanzi come “Le montagne della follia” di Lovecraft. Per ciò che riguarda il mostro in sé è un risultato di un amalgamazione fra il folkloristico vampiro e Alien.
Tra un’ispirazione e un’altra, non tutti gli utenti potrebbero avere la voglia di provarlo o di appassionarsi del tutto. La continuità degli eventi è molto più fluida e rapida rispetto a ciò che siamo stati abituati, prendendo molte volte una strada d’azione più che di tensione. Infatti, e questa è una pecca, non si ha la completa sensazione di star giocando un horror. Sarà un po’ per la regia e un po’ per i modi in cui è stata gestita la trama, fatto sta che l’ansia sarà creata spesso più dall’ambientazione che dagli avvenimenti in sé. Non mancheranno i fatidici jumpscare, tanto affini e di costante presenza nei titoli di Dark Pictures Anthology, sui quali (se dobbiamo essere sinceri) non abbiamo avuto sorpresa, almeno non tutti.
Come avrete potuto leggere sulla trama non vi è nulla di eclatante nel suo, ma che comparata a ciò che è stato raccontato in Man of Medan e Little Hope è la più riuscita, a nostro parere. Questo è dovuto anche al fatto che, probabilmente, la cosa che rende più interessante l’avventura grafica è la relazione fra i personaggi. Questa volta, sempre confrontando i precedenti episodi, è messa su un piatto d’argento. Se contate che a far parte dei classici cinque sfortunati si possono vedere quattro soldati americani e uno iracheno, le cose non possono che farsi stuzzicanti. Visto il contesto, House of Ashes fa una grande cosa, che svia un po’ dall’horror, concentrandosi sul vedere la guerra da ambe due i fronti. Non sarà difficile per voi entrare in simpatia con “il nemico” del gruppo, Salim, tenente dell’esercito repubblicano iracheno.
Infatti sarà il più semplice con cui empatizzare conoscendo la sua storia e il suo carattere, seppur in parte delineato da noi giocatori. Non a caso il concetto de “il nemico del mio nemico è mio amico” è più forte che mai in questo gioco e, per come sarà gestito, sarà motivo di riflessione sia per gli utenti che per i protagonisti. Non ci sarebbe dispiaciuto se si fosse creata una piccola sotto-trama su questa base, invece di vederla partire abbastanza bene e sciamare pian piano se non per riprendersi nel finale. Ovviamente non dandogli estremo peso, si tratta pur sempre di un horror. Tornando agli intrecci; ognuno dei membri del team avrà come di consueto una personalità unica. Purtroppo, nonostante ciò, sarà difficile post-game affermare di aver “adorato” i suddetti, in quanto saranno poco memorabili (salva eccezione per Salim).
Più ricordabile la loro faccia, composta da attori. Dove in Man of Medan abbiamo visto Shawn Ashmore e in Little Hope Will Poulter, qui fa la sua entrata in scena Ashley Tisdale. Unico volto che fa da ponte ed è costantemente presente è quello del Curatore, Pip Torrens, che mantiene il suo ruolo simile agli Osservatori della serie televisiva Fringe. Altra pecca che purtroppo affligge proprio i rapporti è che, a seconda delle nostre scelte, può capitare che a volte i personaggi non rispecchino la loro “indole”. Quella credibilità che cavalca l’onda della narrazione sulle questioni interpersonali svanisce a fronte di certi eventi cruciali che incredibilmente hanno meno peso, e si rivelano in definitiva per nulla fondamentali. Per esempio: il triangolo amoroso presentato sin da subito mette pepe fino a un certo punto se poi basta passare dal lato sbagliato durante una sezione di fuga per vedere esplodere due di loro.
“Nuovo” cavallo, altra battaglia
Qui daremo uno sguardo al “gameplay” presente in House of Ashes. Se si volesse fare una battuta, vista anche la presenza dei Marines nel titolo, si può invocare il “Semper Fidelis”. Come da tradizione di The Dark Pictures Anthology, la maggior parte di esso sarà composta dalle nostre scelte e da qualche sporadico nostro intervento nel guidare un personaggio e fargli esaminare eventuali oggetti. La familiarità con gli scorsi giochi aiuterà i fan assidui essendo un marchio di fabbrica dell’azienda: il giocatore deve sentirsi immediatamente a casa, a partire dalla nota sequenza introduttiva, e ciò che deve aspettarsi è un altro racconto dell’orrore. Essendo una peculiarità della Dark Pictures Antholgy non possiamo del tutto criticarla, ma avremmo gradito qualche inedita aggiunta. Quella per Man of Medan per esempio fu il minigioco per mantenersi nascosti (che tra l’altro fa di nuovo la sua ricomparsa qui).
Ad onor del vero, una piccola ma importante aggiunta c’è, e riguarda l’esplorazione. Infatti, per la prima volta nella saga, è stata introdotta la camera libera. Dove una volta avremmo avuto un punto fisso da dove guardare i nostri personaggi muoversi, ora avremo una visione in terza persona con la possibilità di orientare la nostra visione dove vorremmo. Alcuni potrebbero gridare “finalmente!”, infatti ci ha sorpreso molto questa caratteristica ed è sicuramente una delle novità di punta di House of Ashes. Seppur, dati gli ambienti angusti, spesso la si può ritrovare dislocata. Altra piccola feature introdotta sarà la possibilità di accendere e spegnere la torcia. Utile in quanto servirà per evidenziare i “collezionabili” e gli eventuali testi nascosti che espandono la lore. Il punto che ci preme evidenziare è un altro, ovvero l’assenza della novità di rilievo (almeno in termini di QTE e gameplay).
Infatti vogliamo un’attimo discutere proprio sulle scelte e i QTE. Sul primo campo, rimangono le solite tre opzioni, il che ci ha fatto un po’ storcere il naso. Sappiamo che è una delle scelte fatte dai produttori, ma allo stesso tempo (essendo giunti già ad un terzo capitolo) ci sarebbe piaciuto avere molte più possibilità d’azione. Ciò, stranamente, non influisce troppo sulle diramazioni e gli eventuali finali che possono cambiare in molte vie diverse. Per quel che riguarda i QTE, li vediamo ancora una volta protagonisti delle vicende quasi più dei dialoghi. Infatti durante le parlate, le strade che prenderemo non avranno un effetto immediato bensì che si rifletterà su un prossimo futuro. Diversamente sono i Quick Time Event. In House of Ashes è praticamente impossibile capire se sarete di fronte a una minaccia fatale o di rilievo leggero che non cambi alcunché.
Una pressione tale da decidere le sorti dei personaggi in mancato QTE è decisamente troppa a nostro parere. Dovrebbe essere meglio “spalmata” lungo tutta la parte del gameplay o comunque impostata da far capire alle persone cosa e cosa non rischiano. Fortunatamente per coloro che non hanno i riflessi rapidi, House of Ashes gli viene incontro. Infatti è stata aggiunta l’opzione sulla selezione di Difficoltà che agirà proprio sui QTE. Questo è utile anche per i più temerari che vogliono cimentarsi in una sfida più ardua e festeggiare nel caso di riuscita. Non sono esenti, però, i classici Totem premonizione (stavolta in chiave di tavolette di pietra incise) che comunque aiuteranno tutti le persone a poter “prevedere” quando sarà necessaria una determinata azione per evitare o conseguire un finale.
Certo, nulla vi vieta di avventuravi da soli nelle cripte sumere e vivere il solitaria ciò ha da offrire il gioco. Però, c’è da dire che la modalità “non giocare da solo” è ben più di un opzione a nostro parere. Infatti, per come è stata gestita, può essere una valida opportunità per intraprendere il viaggio permettendo a più persone di immedesimarsi in un personaggio. Cosi facendo si ottiene come risultato che le strade intraprese potrebbero andare a scontrarsi con quelle dei vostri compagni, creando cosi una storia intrecciata da mille sfaccettature che siamo sicuri divertiranno molti. Ma questo non è legato solo alla cooperatività locale, dove per giocare basterà passarsi la tastiera o il controller, ma anche online. E questa peculiarità l’abbiamo trovata molto interessante e divertente da fare.
Un luogo spaventoso, ma non solo di ambientazione
Arriviamo alla parte dedicata principalmente alla grafica e al sonoro di House of Ashes. Per la prima, il suo cavallo di battaglia è di certo la resa dell’illuminazione; con un’alternanza di luci e ombre che appaga lo sguardo e valorizza l’angosciante e soffocante atmosfera. Le ambientazioni sono perfettamente costruite sui dettami della storia e sapranno insinuare nel corpo del giocatore la giusta ansia e paura. Purtroppo tutto questo è controbilanciato da alcuni problemi già presenti anche nei predecessori. Prima fra tutte, il distacco fin troppo notabile fra personaggi e ambiente. Infatti a causa delle inquadrature salterà all’occhio che i primi hanno un livello di dettaglio decisamente superiore rispetto a certe superfici che attraverseremo. Ma queste cose sono trascurabili rispetto a un problema decisamente più grave.
Seppur i protagonisti posseggono un livello di accuratezza abbastanza elevato grazie alla tecnologia mocap, le espressioni in particolare non risultano molto realistiche dando una sensazione fin troppo grottesca. Questo mette in evidenza i limiti di un lavoro di motion capture che avrebbe meritato tutt’altra attenzione. Si avrà come risultato quindi l’impressione di vedere delle bambole camminare, più che esseri viventi. Si aggiunge il fatto che permangono ancora delle spaesanti approssimazioni nelle animazioni dei personaggi. Per quel che riguarda il sonoro c’è ben poco da dire: azzeccato e ansiogeno al punto giusto. La presenza del doppiaggio italiano aiuta molto ed è apprezzato anche se con alcune bizze emotive e di lyp-sync che potrebbero portare il giocatore a optare per la lingua originale.
In conclusione, The Dark Pictures Anthology House of Ashes porta avanti la staffetta in maniera piuttosto similmente ai suoi predecessori. Vi sono dei chiari tentativi di accelerazione e di evoluzione dal punto di vista tecnico ma soprattutto narrativo. Il pilastro portante della trama ha un evidente miglioramento anche per quel che riguarda i personaggi, seppur in certi momenti ci siano eventuali cadute di stile e di scrittura. House of Ashes, esattamente come i precedenti episodi, è un prodotto divertente, che raggiunge il suo apice se affrontato in cooperativa, soprattutto online, grazie all’imprevedibilità di alcune sezioni. Insomma, se cercate un modo per celebrare Halloween, avrete in mano un’ottima opera su cui divertirsi. È una fantastica esperienza horror-sociale, anche in attesa del già annunciato sequel.
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