Diablo 2 Resurrected Recensione| Non è mai cosa semplice parlare in modo accurato e ragionato delle grandi opere del videogioco, specialmente per qualcuno che era ancora troppo giovane o nemmeno nato in un periodo davvero cruciale per la storia del nostro medium. I primi anni del 2000 sono stati davvero un banco di prova per la nostra industry, una cartina al tornasole che rifletteva chiaramente un trend che successivamente sarebbe emerso di prepotenza nella rinascita dell’industria digitale – che proprio in quei periodi aveva visto i suoi momenti di massima gloria e conflitti. In questi anni abbiamo vissuto moltissime opere multimediali interattive indimenticabili, molte delle quali sopravvivono ancora in qualche forma anche ai nostri giorni, per l’amore imperituro delle loro fanbase o per un rilancio sotto forma di remaster o director’s cut che dir si voglia; entrambe operazioni che non mancano in molti casi di riproporre o reinventare un prodotto già vincente in partenza. Tuttavia, non è sempre una mossa vincente; vuoi per una questione di diritti e proprietà intellettuale, che molto spesso ostacola le mire benigne dei fan di una vecchia opera; vuoi per restauri spregiudicati o “alla buona” di opere pensate e implementate per sistemi molto spesso oramai obsoleti e non più supportati.
Le vie della resurrezione di un’opera videoludica sono in ultima analisi sempre perigliose, ricolme di pericoli ad ogni angolo, sia per chi si azzarda ad una simile mira, sia per l’opera stessa: ma nonostante tutto, il coraggio e la determinazione degli smanettoni alla fine riescono ad emergere sempre vincitori. Quest’oggi ci occuperemo di un mostro sacro non solo dell’hack-n-slash, ma di tutto il medium in sé; nientepopodimeno che della saga de Diablo, un’autorità assoluta nell’action RPG, che nel corso degli anni non ha mancato di porsi a pietra miliare della storia della game industry. L’occasione è molto fortuita: il lancio, per la prima volta su console, di Diablo 2 Resurrected, frutto dell’ingegno di Blizzard Entartainment e Vicarious Visions, che ci propongono un ritorno a Sanctuary con tutti i crismi, offrendoci di rivivere le esperienze di questa grande opera anche sui sistemi più moderni. Noi di VMAG abbiamo avuto l’opportunità di provare questo titolo nella sua edizione crossgen PlayStation. Il gioco è stato eseguito su console PlayStation 5 con le opzioni standard e gli screenshot sono stati scattati direttamente sul sistema Sony a risoluzione nativa. Senza indugio, prepariamoci a questa recensione, grazie alla quale faremo assieme un grande salto nel passato con gli occhi rivolti ai nostri tempi. Buona lettura!
Non morto, ma risorto
Questa riproposizione di Diablo 2 è singolare per diversi aspetti, non solo squisitamente tecnici, ma anche e soprattutto perché sembra manifestarsi in una qualche forma anche come una sorta di ribaltamento del concetto di remaster. Sarà l’influsso o il cattivo esempio di Bethesda, con la sua cattiva pratica di propinare oramai a cadenza annuale il suo The Elder Scrolls V: Skyrim – oppure la volontà di Blizzard e Vicarious di sorprendere i loro fan, fatto sta che questa rielaborazione arriva in un momento in cui Diablo 2 è tutt’altro che sulla fossa. Normalmente, la ritrasposizione sui sistemi moderni di un grande del videogioco arriva dopo diversi anni, in un momento storico in cui si percepisce chiaramente l’assenza di un franchise: non è così con Diablo 2 Resurrected, che sbarca su PC e sulle console di nuova generazione in una fase in cui la comunità attorno a questo titolo è tutt’ora viva e vegeta. Giunge chiara dunque l’idea che questo titolo non ambisca a sostituire il precedente oppure a convincere i suoi numerosi seguaci a passare a sistemi più moderni; questa sensazione è avvalorata anche dal fatto che il titolo supporti il crossplay e si appoggi alle funzioni online di Battle.net per alcune funzionalità. Siamo insomma dinnanzi alla volontà di allargare ed estendere il numero di giocatori attivi dell’opera anche sui nuovi sistemi, unità alla volontà di rendere più papabile e potabile l’approccio delle nuove generazioni e dei nuovi videogiocatori che hanno approfittato della next gen per cominciare a giocare; un modo per spingerli ad entrare nel mondo di Diablo.
Una volontà che ci palesa la lungimiranza dei responsabili del franchise, oltre a configurarsi come un profondo atto di rispetto verso la propria demografia di fruitori, tutti individui che bene o male hanno cominciato a giocare a Diablo e al resto delle opere videoludiche di rilievo del periodo in un momento di grande lustro per la game industry, con tutte le sue rivoluzioni e i suoi cambiamenti di quel momento storico. Diablo 2 Resurrected risulterà dunque fortemente famigliare ad una fetta ben definita di videogiocatori, oltre che risultare lustrato e ben oliato con tutti i crismi per essere avvicinato da chi è ancora all’asciutto rispetto a cos’ha da offrire un’opera come questa. Fin dall’inizio viene comunicata una forte attenzione alla qualità e alla godibilità del titolo, non solo dal punto di vista estetico ma nelle vere e proprie fondamenta del gioco: una presa di posizione netta e ben distinguibile dai remaster e dai porting selvaggi che troppe volte noi videogiocatori abbiamo dovuto vedere (o sarebbe meglio dire subire) a causa di movimenti e mosse azzardate e sconvenienti da parte di entità dell’industria ben precise e distinguibili, che nella maggior parte dei casi ne sono uscite con le ossa rotte.
Ancora una volta, abbiamo bisogno di un eroe
Con una qualità video tanto notevole da rischiare di ingannare il videogiocatore più inesperto e con alle spalle una scarsa conoscenza del titolo che si appresta a giocare, Diablo 2 Resurrected inizia ad approcciarsi al fruitore con una sequenza introduttiva che si può definire solamente cinematografica, mentre abbiamo l’opportunità di ritrovarci con il vecchio Marius, uomo oramai soltanto l’ombra di sé stesso, in un vero e proprio tour de force emotivo in cui sia lui, sia noi giocatori ritorneremo indietro in un vero e proprio viaggio nel passato. Non solo una remaster dunque, ma una vera e propria resurrezione di quelle che possono accadere una sola volta nella storia di un franchise, e sembra proprio che siamo nella timeline migliore per chiunque ami Diablo. Avremo modo, come sempre, di selezionare una delle sette classi a nostra disposizione, ciascuna da un lato archetipica rispetto al modello classico del gioco di ruolo, ma in una certa forma, anche ben delineata, così da corrispondere ad una dimensione ben precisa di videogiocatori, con i loro stili diversi e complementari di giocare Diablo 2 Resurrected.
Un GDR solido, che al suo cuore ha l’espletamento dei combattimenti in un’ambiente dinamico e ricco di pericoli, in cui sarà necessario bilanciare rischio e ricompensa. Come ben sa chi conosce il franchise, la scelta della classe è sempre il momento topico di ogni build del personaggio, una fase vitale dell’esperienza che andrà ad influenzare ogni run dell’opera. Non vogliamo dilungarci andando a descrivere le facoltà e lo stile di gioco di ogni eroe, in quanto questa sarà una conoscenza e una reponsabilità dei singoli: sappiamo bene che ogni videogiocatore è diverso, e allo stesso modo intendiamo lasciar spazio a ciascuno per toccare con mano ciò che questa esperienza ha da offrire.
Qualcosa per tutti; novizio e veterano
Diablo 2 Resurrected si costituisce come la formula ideale per chiunque sia interessato ad avvicinarsi al macrocosmo di questo franchise per un modo o per l’altro; che si tratti di chi non ha mai sentito parlare di questa saga (denotando di vivere sotto una roccia) o di un fan di vecchia data dell’universo narrativo di Blizzard direttamente dai fasti del 1996. Siamo dinnanzi ad un vero e proprio fiume di ricordi per chi ha lasciato un pezzo di cuore nel terribile e oscuro mondo grim-dark di Sanctuarium; con i suoi bastioni di civiltà che fanno il possibile per tener testa agli abissi di mostrosità più che abbondanti nel mondo. L’idea di trovarsi in un luogo ostile e pericoloso è sempre presente nella mente dei fruitori, in un’idea di decadenza e oscurità che è veicolata perfettamente non solo dall’impianto narrativo forte del titolo, ma anche e soprattutto da un comparto audiovisivo visionario per l’epoca, che viene riproposto tale e quale arricchito dagli artifizi tecnici che solo la new gen può rendere possibili con un grado di fedeltà e accuratezza così alto.
L’idea che per poco non traspare dinnanzi a Diablo 2 Resurrected è proprio che il gioco sia stato ricostruito da zero, proprio come molto spesso alcuni fan delle opere videoludiche più antiche sono soliti fare, sorprendendo i loro pari della community e la stampa specialistica in aggiunta, arrivando anche a ricevere in alcuni casi le congratulazioni o la proposta di assunzione dai loro beniamini dello studio di sviluppo alle spalle del loro videogioco preferito. Questo titolo non registra particolari stravolgimenti per una formula solida e ben distintiva, non a caso oseremmo dire; visti i numeri di un franchise che non accenna a perdere la sua rilevanza nell’olimpo videoludico. Come al solito, ci ritroviamo nel mondo di Sanctuary in un periodo di crisi, con la grande minaccia di Diablo risvegliata e i domini dell’uomo in serio rischio di venir ridotti in cenere: rispondiamo ad una chiamata archetipica dell’eroe che si rivela il pilastro maggiore su cui si fondano le numerose trame e sottotrame di Diablo 2.
L’esperienza di Diablo dalla comodità del salotto
Quando parliamo di un’esperienza così fortemente devoluta all’hack-n-slash come nel caso di Diablo 2 Resurrected, viene naturale dedicare un giusto spazio di riflessione ad un punto molto delicato di questo tipo di prodotti, ovvero, lo schema dei controlli, che deve essere fluido e naturale al tatto del videogiocatore, visto che da questo frangente si finisce per determinare la godibilità di tutto il titolo. La cosa sarà ulteriormente appesantita in termine di valore per Diablo 2 Resurrected, visto che stiamo parlando di un gioco fortemente basato sull’abilità e i riflessi del fruitore, oltre al mero schema parametrico da GDR in cui bisogna badare alle statistiche del personaggio e degli oggetti che si porta dietro. Andiamo dunque a dedicare attenzione ad alcuni degli aspetti più topici di tutta l’esperienza, come la navigabilità dei menu dell’interfaccia e la fluidità dei controlli e delle animazioni in gioco, che fortuitamente finiscono per essere bene implementate e fortemente in linea con l’opera.
Partiamo proprio dai menù, che si rivelano nella loro struttura canonici e caratteristici per quanto riguarda lo schema comportamentale tipico di un GDR; un titolo a forte trazione parametrica come abbiamo già riconosciuto, ma in cui la matematica delle statistiche e delle variabili del nostro personaggio divengono il linguaggio universale con cui costruire il nostro personaggio. Trattandosi di un titolo proveniente dalla dimensione del Personal Computer, Diablo 2 Resurrected, nella sua versione console finisce per appoggiarsi ad un uso ponderante delle levette, che nel DualShock è fortuitamente ergonomico. Non mancano le hotkeys e le scorciatoie con le combinazioni di tasti che finiscono per essere un vero e proprio toccasana per l’esperienza del titolo, in quanto ci risparmierà la fatica e lo sforzo di navigare costantemente negli stessi menù di gioco. Un piccolo difetto che suscita un lieve amaro in bocca è composto dalle animazioni, che per certe classi non spiccano rispetto alle altre.
Un mix di nostalgia e novità
Se volessimo riassumere le sensazioni che abbiamo provato in questo piccolo viaggio in ciò che Diablo 2 Resurrected ha da offrire, dovremmo probabilmente parlare di una mistura emotiva in cui a farla da padrona sono principalmente un sapore di casereccio e noto unito alla curiosità di scoprire quali soluzioni moderne sono state adottate per rimediare ai cambiamenti fisiologici della nuova generazione. In questo senso, ci ritroviamo principalmente in una rinascita del comparto audiovisivo dell’opera che riesce a costituirsi come una mediazione perfetta del tradizionale Diablo, nella sua risoluzione “old school” 800×600 con una grafica che si costituisce come il suo perfetto richiamo. Delle visual cristalline e pulite che si prestano perfettamente al gioco della luminosità e del particellare per offrirci un’esperienza assolutamente illuminante in questo versante del prodotto.
La stessa sensazione di confortevole rimembranza ci investirà poi nel proseguo della nostra esperienza, quando avremo modo di entrare nel pieno di ciò che il gioco ha da offrire; Diablo 2 Resurrected in questo senso ci verrà in soccorso offrendoci alcune meccaniche da “qualità della vita” che in molti fruitori del franchise ritengono al giorno d’oggi necessarie, inclusi fra loro anche i più eterodossi. Stiamo parlando auto-loot del denaro e del sistema del Forziere Condiviso, entrambe delle aggiunte che si uniscono perfettamente all’impianto pregresso, finendo per donare valore e solidità alle meccaniche da più di una decade del titolo. Insomma, un titolo granitico e di ottima qualità, che di certo non mancherà di offrire opportunità di espandere il parco ore di ogni fan di Diablo che si rispetti. Non manca poi una funzione molto coraggiosa per un titolo di questo calibro, ovvero l’auto organizzazione dell’inventario, che rimane ahinoi particolarmente ristretto come da tradizione. Come coglieranno i fan queste aggiunte? Faranno per storcere il naso a questa remaster-non-remaster? Oppure reagiranno in modo differente? Questo è troppo presto per dirlo, ma la sensazione rimane buona per chi scrive questa Recensione.
Menzione speciale: l’audio
Non possiamo non avviarci alla conclusione di questa Recensione senza astenerci dal citare un vero punto di forza di Diablo 2 Resurrected, ovvero il comparto sonoro. Chiunque conosca Diablo sa bene che questo lato dell’esperienza è sempre stato un punto riconoscibile dell’intera esperienza, e man mano che il franchise si è discostato dai suoi contorni tipicamente d’epoca per lasciar spazio alle edizioni più moderne della saga, questo è rimasto sorprendentemente vero. Parliamo di suoni e musiche che non si può non riconoscere; effetti sonori all’uopo e che fanno miracoli per l’immersione, come il suono del consumo di una pozione oppure dell’uso di una pergamena, ma non solo: dagli effetti sonori ai mostruosi versi dei nostri nemici di ogni stregua, questa componente dell’opera mostra particolarmente i muscoli, come è un bene che sia.
Un ritorno con tutti i crismi, quello di cui si costituisce Diablo 2 Resurrected; un titolo che porta la storica saga su console next gen e di nuovo su PC con delle aggiunte che volente o nolente cambieranno il nostro modo di giocare a Diablo, ai posteri la sentenza circa l’entità di questo cambiamento. Quel che traspare particolarmente è un’apprezzabile rispetto verso l’opera originale, che viene resa in una gradevole fedeltà, nonostante gli avanzamenti tecnici che ci sono e si vedono. Il resto per consacrare questo gioco lo farà il crossplay, in un omaggio ad un mostro sacro del genere che ci sentiamo di consigliare caldamente a chiunque vi riponga interesse.
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