Yakuza 6: The Song of Life Recensione PC| Quando pensiamo alle serie longeve del mondo dei videogiochi, sono tanti gli esempi che possono essere sollevati. Titoli che hanno stabilito la loro credibilità ed affidabilità negli anni, venendo fruiti da numeri altissimi di giocatori, prodotti complessi e ben pensati partoriti dalle grandi menti del medium e che sono stati giocati per innumerevoli ore da chi li ha acquistati. Ma in un mondo come quello di oggi, in cui ogni giorno ci vengono offerti tantissime opere valide che si contendono il nostro tempo e la nostra attenzione, sono i fatti a dimostrare quale gioco vale. Yakuza è di certo una saga stabile e degna di nota in questo senso, e di recente l’ultimo capitolo, Yakuza 6 The Song of Life è sbarcato su Steam. Gustiamoci assieme la fine dell’epopea di Kiryu ed immergiamoci nell’intrigante underworld nipponico.
Il ritorno del Drago
Yakuza 6 The Song of Life vede un Kiryu reduce da eventi di grande portata e spettacolarità di Yakuza 5, che si ritrova adesso a dover affrontare alcune situazioni molto impegnative e a trarre le conclusioni del percorso che lo ha portato dai suoi umili natali a ricoprire una posizione praticamente alla vetta della criminalità giapponese. Un percorso che il giocatore deve avere bene in mente per seguire gli eventi come sempre pieni e dai contorni a volte comici, a volte incalzanti del titolo. Insomma, una trama che forte dei trascorsi determinanti e ricchi di un carico emotivo non indifferente nei confronti del protagonista e dei personaggi a lui vicino, si muove nella direzione giusta per catturare l’interesse del giocatore. La trama si mantiene incalzante in tutti e tredici gli atti, e come al solito, la direzione narrativa sa bene come miscelare i colpi di scena, le lotte e gli intrighi con maestria, mantenendo viva proprio quest’ultima sensazione.
Ritroviamo il Drago di Dojima appena ritornato Hiroshima per rimettersi sulle tracce di Haruka, una giovane per cui il nostro eroe nutre un legame molto forte. Chi conosce la saga sa bene che questa donna ha avuto sempre un ruolo molto centrale nella sfera affettiva di Kiryu, al punto tale che dopo essere finito in ospedale, è stata proprio lei l’ancora di salvezza del malavitoso quando questo ha finalmente deciso di pagare il suo debito con la giustizia, andando al carcere. Le visite della ragazza sono state ciò che ha permesso a lui di andare avanti, e quando le stesse si sono interrotte, era solo naturale che il nostro beniamino avesse deciso di indagare. Questo è il presupposto di tutto ciò che vivrà in città, avendo la libertà anche di esplorarla fra una missione e l’altra, elemento molto gradito per variare l’esperienza.
Un mondo “molto aperto”
Uno dei punti di forza maggiori di Yakuza 6 The Song of Life, specialmente per un giocatore che non conosce il franchise e ad esso si approccia per la prima volta solo con questo titolo, è di sicuro la sorprendente libertà che viene conscessa al giocatore, molto degna di nota specialmente visto il componente maggiormente preponderante all’interno del titolo, ovvero i combattimenti. C’è una certa libertà di movimento che fa molto piacere, infatti, ci sono ben due prefetture esplorabili, Kamurocho e Onimichi. Entrambe le ambientazioni saranno di certo canoniche, rendendo la classica immagine di ambiente urbano giapponese che si costituisce come l’ossatura dell’estetica dell’intera saga, tuttavia, ambo rese molto bene dal punto di vista estetico e concettuale.
Numerose i luoghi da esplorare in cui potremo muovere Kiryu, e la cosa forse maggiormente apprezzabile è l’assenza di caricamenti fra un edificio e l’altro, una miglioria senza dubbio accetta di buon grado sia dal novizio sia dal fan di vecchia data. Non mancheranno gli incontri speziati, come quelli con bande di teppisti o delinquenti di gruppi rivali che di certo saranno disposti a tentare la fortuna affrontando il temibile Drago di Dojima, ma non è solo la violenza il modo messo a nostra disposizione per trascorrere del tempo in Yakuza 6. Una critica da muovere in questo senso è forse quella delle poche attività secondarie a disposizione: con uno spazio significativo a disposizione si sarebbe potuto far di più.
Fight’em all
Come abbiamo già chiarito, anche in Yakuza 6 The Song of Life una delle componenti preponderanti e di maggiore portata in termini di gameplay è senza dubbio quella dei combattimenti: scazzottate, risse e duelli ad arti marziali saranno il pane di ogni santa giornata del Drago di Dojima, come è giusto che sia. Anche in questo caso, solo note positive a margine di un sistema già solido, che viene ulteriormente rifinito e reso piacevole da utilizzare dal giocatore. Come sempre, sono le combo e le ultimate a farla da protagoniste in un rapporto fra mosse spettacoli e combinazioni facilimente assimilabili dal giocatore. Sappiamo bene che il nostro protagonista ha preso parte a botte da orbi numerose volte, e anche stavolta di certo non si tira indietro.
Come sempre, il vero Yakuza usa il controller, come ci viene indicato fin dalla sequenza iniziale del titolo. Ed in verità è proprio attraverso l’uso di questa periferica che si riesce a godere dei combattimenti in modo migliore e ben pensato. Il supporto di Steam ritorna utile con la possibilità di adattare al titolo numerosi controller, incluso quello per PlayStation 5. Ma un porting per PC presuppone un tasto dolente di tutti i capitoli che sono sbarcati su desktop, ovvero, l’uso di mouse e tastiera: in questo senso, si sono fatti dei certi passi avanti, ma permangono le criticità che finiscono per spingere chiunque volesse affrontare l’opera con un certo grado di sfida a servirsi del suddetto schema di controlli.
Un porting solido
Se c’è qualcosa da apprezzare dal punto di vista tecnico, in Yakuza 6 The Song of Life, di certo è il fatto che le potenzialità tecniche del PC stiano state totalmente sfruttate, così da rendere quasi un passo avanti rispetto alla console. Con un supporto in 4k e fino a 120 fotogrammi al secondo, di sicuro il titolo non lascia a desiderare i videogiocatori, e le opzioni aggiunte permettono di gestire con un grado di profondità apprezzabile il benchmark dell’esperienza. Le cutscenes sono molto ben realizzate e l’aspetto delle mesh e delle skin dei personaggi è senza dubbio gradevole, siamo ben lontani dagli inizi della serie, in questo senso, e le animazioni e l’estetica approfondite del gioco contribuiscono a donare nel modo corretto un’atmosfera apprezzabile a tutti gli atti e contenuti del gioco.
Le regolazioni sono numerose e con la giusta abilità e tempo a disposizione è possibile gestire numerosi aspetti della resa grafica dell’opera, andando a governare dettagli come i gradi di complessità delle texture, delle ombre, dei riflessi, le gemoetrie, l’antialiasing e alcuni elementi avanzati come il motion blur o l’occlusione ambientale. In ogni caso, un sistema moderno non dovrebbe avere troppe difficoltà a gestire anche le impostazioni grafiche più elevate, sacrificando eventualmente una decina di fps alle configurazioni più pesanti per la GPU. Questo tipo di attenzioni da parte degli sviluppatori sono sempre ben accette: è semplice fare un porting ignorando le potenzialità del sistema di arrivo, quando non è così senza dubbio bisogna tenerne conto positivamente.
Un titolo chiaramente solido e di spessore, una produzione degna dei capitoli precedenti che adesso sbarca anche su PC. Le premure di SEGA e di Ryu ga in questo senso sono molto apprezzate, la questione dei porting è sempre delicata e ricca di vie perigliose in cui far impantanare un titolo, e anche un franchise solido e stabile non ne è mai del tutto immune. Questa volta però Yakuza 6: The Song of Life se la cava egregiamente offrendoci anche su questa piattaforma un’esperienza targata Yakuza decisamente gradevole e solida.
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