Samurai Showdown Recensione Versione Xbox Series X |È il 1787 e siamo nella seconda metà dell’era Tenmei. Il Giappone è sull’orlo della rovina, con guerre e carestie che continuano a mietere vittime tra la popolazione. Mentre il caos dilaga nelle terre del Sol Levante, una sinistra nube oscura il cielo, carica di presagi spaventosi. No, non è una lezione di storia, ma l’incipit del dodicesimo capitolo di Samurai Shodown, reboot della popolare serie di picchiaduro di casa SNK.
Lanciato sul mercato il 25 giugno 2019, è stato recentemente aggiornato per usufruire al meglio delle funzionalità di Xbox Series X|S, e noi abbiamo avuto l’opportunità di giocarlo. Sfruttando la console ammiraglia di casa Microsoft, ci addentreremo insieme all’interno del titolo esaminando ogni dettaglio, positivo o negativo che sia… due anni dopo l’originale lancio. Ma basta indugiare, vi diamo il benvenuto alla recensione di Samurai Shodown!
I controlli, semplicemente… complessi
I meno avvezzi al genere, approcciandosi ad un picchiaduro per qualsivoglia motivo, avranno notato un minimo comun denominatore presente in questi titoli: i comandi sono spesso proibitivi. Non stiamo semplicemente parlando delle combinazioni di tasti da premere per eseguire mosse uniche, sebbene spesso capiti di incontrare sequenze particolarmente avverse. No, stiamo parlando della mappatura dei comandi. Quante volte vi è capitato di non ricordare una combo, di aprire l’elenco mosse e di rinunciare all’esecuzione di quest’ultima, perché i tasti erano nominati in maniera diversa da quella che siamo abituati a riconoscere?
La risposta è: troppo spesso. e Samurai Shodown non è un’eccezione a questo fenomento. Tuttavia SNK ci viene in aiuto tramite una funzione, banale ma non scontata: durante un incontro è possibile accedere al menu di configurazione tasti. Per cui possiamo non solo guardare la nomenclatura dei pulsanti, ma anche attivare una funzione che abbiamo ritenuto particolarmente utile: è possibile controllare in tempo reale quali input il gioco riceve dal gamepad. E in che modo questo può essere utile? Semplice, possiamo provare le combo direttamente nel menu, e vedere se i nostri movimenti di mano sono corretti. È un aiuto enorme, sia per chi deve ancora imparare a giocare sia per i più esperti, che possono esercitarsi per massimizzare le loro performance.
Per chiudere questo discorso aggiungiamo un appunto sul controller Xbox: la nuova croce direzionale è perfetta per questa tipologia di giochi, la sua forma ha semplificato in maniera non indifferente l’esecuzione delle mosse.
Un roster degno di nota… e le problematiche dell’offline
Che cos’è un fighting game senza una grande quantità di personaggi diversi, tutti pronti a menare le mani? I combattenti totali sono 27. Di questi, 18 sono disponibili già dall’acquisto del gioco, i restanti sono DLC. Ognuno di essi ha un moveset unico; sarà molto interessante per il giocatore scoprire il proprio preferito. Sarà lo shinobi solitario Hanzo? La cavaliera schermidora Charlotte? O magari sarà il rozzo pirata Earthquake? C’è l’imbarazzo della scelta! Ogni personaggio ha una propria storia, giocabile nell’omonima modalità… e qui si passa a una nota dolente.
Criticare un picchiaduro per la trama ha veramente poco senso, lo sappiamo bene, e infatti non verrà toccata minimamente nell’analisi della già citata modalità Storia. Partiamo dal principio: il giocatore sceglie il personaggio e, dopo una breve introduzione, inizia a combattere con degli avversari (provenienti sempre dal roster) controllati dalla CPU. Vinto un incontro ne sussegue un altro, con l’intelligenza artificiale che diventa sempre più aggressiva di battaglia in battaglia. Ad un certo punto arriviamo al boss, particolarmente ostico rispetto ai nostri precedenti nemici. Sconfitte entrambe le sue forme, possiamo goderci il filmato finale, che cambia in base al combattente scelto.
Dunque dove sta il problema? Ebbene, tutto ciò avviene nell’arco di mezz’ora, per cui avremmo gradito una longevità maggiore: all’incirca venti minuti per tutti i combattimenti normali (senza voler strafare con combo da perfect run), più altri dieci per il boss finale dopo averci preso la mano. Finito un personaggio se ne può tranquillamente provare un altro, certo, tuttavia il tempo di completamento è all’incirca quello e i cambiamenti, tolti i filmati, sono praticamente minimi (variano solo i nostri avversari).
Passiamo ora alle altre scelte di gioco offline. Ovviamente la Versus non poteva mancare: combattimenti in locale contro i nostri amici o una controparte CPU. Semplice e funzionale, cosa si potrebbe volere di più?
Ora parliamo della modalità Sfida. Qui il giocatore ha l’opportunità di combattere contro tutti i personaggi del roster, uno dopo l’altro, ovviamente senza perdere neanche una volta. Sebbene i personaggi venduti separatamente non possano essere direttamente utilizzati, possono comunque apparire come rivali.
Adesso arriviamo all’opzione Sopravvivenza. Qui il nostro compito è sopravvivere a più incontri possibili. Non c’è un limite alle battaglie, semplicemente bisogna continuare a combattere finché si riesce a reggere, per stabilire il record più alto possibile.
Eccoci arrivati alla Prova a Tempo. Come dice il nome, lo scopo è quello di sconfiggere gli avversari nel minor tempo possibile. Eseguire determinate mosse permette di aggiungere qualche secondo al timer, che inizia con 99 secondi.
Il problema di queste modalità è sempre lo stesso: alla lunga diventano ripetitive. È tuttavia rimasta ancora una tipologia di partita offline di cui parlare, che riteniamo meriti un capitolo a parte. La sua particolarità le permette di risolvere, sotto certi punti di vista, il difetto citato in precedenza per le altre tipologie di partita. Nel prossimo punto tratteremo della modalità Dojo e dei Ghost.
La minaccia fantasma
Che cosa si intende per Ghost? È presto detto: nel menu principale è presente l’opzione Dojo, che ci permette di affrontare degli avversari controllati dalla CPU. Quindi che cambia dai combattimenti precedenti? Questa intelligenza artificiale ha una caratteristica peculiare, che le permette di distinguersi rispetto alle altre. Ogni volta che noi selezioniamo un personaggio e combattiamo, il sistema salva le nostre scelte: mosse, movimenti, schivate; tutto viene registrato. Perché? Per creare un bot che ragioni come noi, che combatta come solo noi sappiamo fare, che segua i nostri movimenti come se fosse un’ombra o… un fantasma, Ghost per l’appunto.
Nella modalità Dojo è quindi possibile combattere contro quello che può essere definito come il nostro riflesso, ma non solo. È possibile infatti scontrarsi anche contro i Ghost degli altri giocatori. Ma quanto imparano questi bot dai loro modelli in carne e ossa? Beh, vi basti sapere che ne abbiamo incontrato uno che altro non faceva se non saltare e attaccare a ripetizione. Quindi la risposta è: anche più di quel che dovrebbero. È possibile combattere i Ghost in due modi: li selezioniamo singolarmente, cosa che ci permette di salvarli per poi affrontarli di nuovo, o li affrontiamo uno dopo l’altro nella modalità Ironman, in gruppi da 10, 50 o 100.
La creazione di un Ghost è automatica, non richiede nessun input da parte del giocatore. Nel momento in cui usiamo un combattente per la prima volta, il gioco ne genera uno, che diventa sempre più simile a noi man mano che utilizziamo suddetto personaggio. Questo vuol dire una cosa: se volete mettervi alla prova, potete scegliere come contendenti i Ghost dei giocatori migliori. Si, il titolo vi permette di selezionare i giocatori migliori e prender direttamente i loro alter ego o, tramite l’opzione apprendi, di selezionare nemici più moderati.
Arrivati a questo punto dovremmo iniziare a parlare delle modalità Online, tuttavia non ci è possibile. Abbiamo provato varie volte a trovare una partita, sia in modalità casuale che competitiva, e siamo riusciti (con molta difficoltà) ad affrontare solo alcuni sporadici contendenti. Non avendo potuto sperimentare di più, non ci sentiamo di giudicare il titolo sotto questo punto di vista.
Un ottimo picchiaduro merita ottime performance
Siamo arrivati nell’ultima sezione di questa recensione. Stiamo per mettere le carte in tavola per quanto riguarda le prestazioni del gioco sulla console di nuova generazione di casa Microsoft, dopotutto è questo l’argomento principale. Ciò non vuol dire comunque che questa sarà la parte più lunga, anzi paradossalmente risulterà essere l’opposto.
Abbiamo provato a stressare la console in tutti i modi possibili, utilizzando le mosse più appariscenti sugli oppositori più disparati. Niente. Non un singolo calo di frame. In tutte le ore di gioco, non abbiamo registrato un problema di performance, e credetemi, ci siamo impegnati per far capitare anche solo un singolo episodio. In definitiva ci sentiamo di affermare questo: Samurai Shodown, su Xbox Series X, è una roccia a livello di prestazioni.
Samurai Shodown, dodicesimo capitolo della serie targata SNK, è un picchiaduro eccellente sotto molti punti di vista. La quantità di personaggi e l’unicità dei loro moveset rendono il titolo estremamente variegato. I giocatori hanno innumerevoli opzioni innanzi a loro, trovare il proprio combattente prediletto è solo questione di qualche partita. I controlli, superato il muro iniziale della nomenclatura, sono relativamente semplici da gestire, sia per la possibilità di controllare quali input riceve il controller sia per la comodità innata della croce direzionale del nuovo gamepad Xbox. Le prestazioni del gioco su Series X non fanno altro che aggiungere punti a favore; i 120 fps fissi rendono le battaglie un piacere da giocare. L’unica effettiva pecca è la ripetitività delle modalità offline, tuttavia i Ghost riescono ad aggirare il problema, almeno in parte. In definitiva, ci sentiamo di consigliare l’acquisto di Samurai Shodown a tutti gli appassionati del genere, siamo sicuri che non vi deluderà!