The Book of Unwritten Tales 2: La recensione di VMAG

“Assomiglia a tua madre” รจ una delle classiche frasi topiche espresse dall’amico/amicaย di turnoย per disapprovare apertamente la fidanzata di qualcuno senza uscire dai binari della borghese decenza. Tutto parte ovviamente dal complesso di Edipo/Electra per il quale l’essere umano รจ portato a volersi sostituireย alla decadente figura genitoriale per usurparne il potere e vendicarsi di tutti quegli anni in cui รจ stato obbligato a mangiare tutte le verdure nel piatto prima di poter avere il dolce, ma รจ anche vero che le immagini ricollegate all’infanzia tendono ad avere un’ascendente significativo sulla nostra quotidianitร . Sapori, odori e sensazioni che ci rimandano al periodo in cuiย l’unica incombenza era pasticciare coi colori a tempera hanno una “corsia preferenziale” nella nostra sfera emotiva; alcuni sono come Anton Ego e riscoprono le piccole gioie di una lontana giornata soleggiata assaporando una ratatoille sfornata da un topo, altri cedono al proprio subconscio e si cercano un partner che abbia il medesimo profilo psicologico di un parente caro sperando si dimostri un valido sostitutivo, resta il fatto io stia decisamente andando fuori tema ed รจ il caso di ricomporsi.

The Book of Unwritten Tales 2 รจ un raro esempio pratico di come l’esperienza videoludica dei tedeschi non sia esclusivamente legata agli sparatutto ambientanti durante laย seconda guerra mondiale. Gli sviluppatori di King Art Games, in effetti, si sono tuffati in un campo diametralmente opposto alle meccaniche d’azione che stanno infettando qualsiasi mediaย d’alto profilo e hanno rispolverato l’ormai defunta avventura “punta-e-clicca“. Si tratta di una tipologia di videogioco tanto arcaica che sono portato a credere alcuni giovani cresciuti a sole consolle possanoย avere seri problemi a capire di che cosa si stia parlando, visto che i concetti di “puntare” e diย “cliccare” sono stati da tempo sostituiti da piรน amichevoli pulsantoni colorati. Ebbene, piccoli gamer, sappiate che tra gli anni ’80 e ’90 spopolava un genere che, per scelta e limitazioni tecniche, immergeva noi vegliardi in lunghissime avventure fatte di pochi scenari, moltissimi indovinelli e un’infinitร  di testi da leggere. Dal 1998 in poi la cosa รจ sfumata fino a diradarsi in nebbia, costringendo i nostalgiciย a sopravvivere con infinite rimasterizzazioni dei classici o con espedienti indipendenti dal budget risibile. Kickstarter, almeno in questo caso, ha fatto miracoli e ha permesso di poter godere del secondo capitolo di una serie che, praticamente, era arginataย al solo mercato PC e conosciuta quasi esclusivamente sui territori alemanni.

Uno dei tanti riferimenti al passato.
Uno dei tanti riferimenti al passato.

Ivo, una principessa elfica con una madre iperprotettiva, Wilbur, un mago gnomo dalla scarsa autostima, e Nate, uno smargiasso pirata umano, sono reduci dall’avventura che li ha portati a salvare ilย mondo e che ha messoย la parola “fine” a una logorante guerra dettata dall’odio. Il trio (quartetto, se si considera il peloso compagno di ventura di Nate) si era comprensibilmente separato e ognuno รจ intento adย affrontare i problemi di ogni giornoย quando una nuova piaga si riversa sul regno di Aventasia, inghiottendo ogni cosaย per poi “rigurgitarla” come se fosse stata disegnata dai designer di Hello Kitty.ย Tutte le vittime colpite dalla minaccia, viventi o meno che siano,ย si vedono tramutate in un qualcosa di rosa e stucchevole tanto stomachevole che la stessa regina degli elfi si trova a rimpiangere quel “nulla” che una volta stava annichilendo il reame fatato.ย La preoccupante situazione darร  il via a una serie di eventi eย farร  incrociare nuovamente le strade degli improbabili eroi, convincendoli a unire le forze per poter fronteggiare il male o, perlomeno, capire come mai Ivo sia incinta pur non avendo fatto… beh, non รจ chiaro cosa avrebbe dovuto fare per giustificare la situazione, visto che tutti i personaggi si rifiutano di spiegarglielo adducendo non siano cose da discutere con una principessa.

Inutile mentire, la prima cosa che colpisce nel far partire The Book of Unwritten Tales 2 รจ la componente grafica. Disegni ben definiti e colori magistrali impregnano di vita ogni singola schermata, appagando al punto che le imperfezioni sembrano del tutto scomparire in un vortice di gradevolezza. I difetti incontrati durante le mie ore di gioco non sono mai stati catastrofici, al massimo luci gestite goffamente o piccoli dettagli che si perdevano fondendosi coi fondali, ma l’estetica da libro pop-up รจ talmente coinvolgente e piacevoleย da intossicare al pari di un’overdose da zucchero nelle vene di un dodicenne in viaggio per Mirabilandia. La musica e gli effetti sonori non si stagliano con la medesima energia, ma reggono bene l’esperienza proponendo un misto di brani che vanno dal melodico all’epicitร  incarnata riscontrabile nel menรน di pausa, il tutto accompagnato da un doppiaggio inglese di discreto livello. Si tratta di uno di quei giochi che sicuramente si dimostra ottimo allaย prima impressione, ma cosa si nasconde sotto la superficie?

Personalmente sono sempre stato un fan de "La principessa sposa", ma anche i riferimenti alla "Storia infinita" vanno bene.
Personalmente sono sempre stato un fan de La principessa sposa, ma anche i riferimenti alla Storia infinita vanno bene.

Altre cose belle… circa. I ragazzi di King Art Games hanno fatto di tutto per essere fedeli agli illustri predecessori senza oltrepassare quella sottile linea che marca il confine tra amorevole riferimento e plagio. Questo perfetto rimando al passato, tuttavia, ha pro e contro innegabilmente legati a fattori soggettivi difficilmente codificabili in valore numerico, ma affrontiamo una questione alla volta. Il sistema di controllo, come tradizione vuole, รจ limitato a pochi pulsanti e si riassume essenzialmente nello studiare e manipolare gli oggetti presenti sulle scene per poter risolvere indovinelli sempre piรน astrusi e complicati.ย I rompicapo, veri protagonisti del genere,ย sono sempre stati l’ago della bilancia per giudicare il genere: non devono essere troppo frustranti (a meno che non vogliate giocare a Myst), eccessivamente astratti o noiosamente didascalici. The Book of Unwritten Tales 2 riesce a proporre un perfetto equilibrio grazie a enigmi mai banali che offrono una sfida crescente man mano ci si inoltra nell’avventura, sono pochi i casi in cui si ha la sensazione di essere ingiustamente bloccatiย e spesso si finisce con lo scoprire che il rallentamento sia dovuto a un’eccessiva distrazione nel seguire i dialoghi. Ilย sistema dei punta-e-clicca, tuttavia, non ha mai reso bene se abbinato a un joystick e questo titolo non si salvaย da questa maledizione. Il movimento dei modelli su schermo, giร  di per sรฉ estremamente lento, viene corrotto da un’imperfetta gestione delle levette analogiche che, nel cambiar scena, rischiano sempre di non percepire immediatamente la direzione in cui ci si desidera muovere, ammorbando i giocatori meno pazienti o complicando leย scene dove รจ richiesto un certo tempismo.

Ovviamente anche i viaggi nel tempo sono rappresentati in modo nostalgico.
Ovviamente anche i viaggi nel tempo sono rappresentati in modo nostalgico.

Ora torniamo alla questione della soggettivitร  che menzionavo poco fa: il gioco รจ uno strepitoso monumento alle glorie passate e questo lo rende “vecchio” per definizione. Gusti, educazione e abitudini sono cambiati da quelli di 20 anni fa, ora gli adventure game vantano dinamiche decisamente differenti. Mosso da curiositร  ho fatto provare il titolo in questione a diverse persone dotate di differentiย esperienze videoludiche, l’unicoย tratto comune รจ l’essere cresciuti nel periodo dell’xbox 360. Pur apprezzando generalmente l’esperienza, alcuni si sono presto annoiati giudicando il tutto troppo lento o rimanendo delusi dalla narrativa profondamente diversa da quella adoperata nei lavori della TellTale. Ovviamente รจ una mera questione di gusto, ma รจ vero che The Book of Unwritten Tales 2 sia fortemente legato a concetti vetusti che vanno oltre al mero apparato tecnico; ogni aspetto del giocoย รจ “da manuale”, non osa moltoย piรน di quanto non si sia giร  visto ed รจ impreziositoย da una miriade di riferimenti che, seppur ho trovato esilaranti, temoย rendano insignificanti parecchie linee di testo a tutti coloro che non sonoย nati nel decennio adeguato.

I ragazzi di King Art Games ciย propongono un tuffo nel passato che, a modo suo, รจ onesto e ammirevole. Non ci troviamo per le mani il punta-e-cliccaย definitivo (soprattutto nella sua versione consolle), ma questo tributo videoludico saprร  strappare piรน di un sorriso a tutti coloro che conoscono il nome di Guybrush Ulysses Threepwood e a una minoranza di neofiti arcistufi di avere a che fare con grandi titoli che escono annualmente pur non avendo nulla da aggiungere alla loro formula stantia. A ogni modo, se vi mancano i primi due Broken Sword, Hollywood Monsters e Gabriel Knight avete trovato dove sbattere la testa.