Capcom: azienda coinvolta in uno scandalo?

Quest’anno è stato sicuramente ricco di difficoltà legate all’avvento della pandemia COVID-19, che ha portato tra le altre cose a un profondo cambiamento del mondo del lavoro con la nuova “modalità da remoto”: anche l’industria videoludica si è dovuta adattare, o meglio dire in certi casi, avrebbe dovuto adattarsi. É caso di Capcom che infatti, nonostante lo stato di emergenza, ha deciso di costringere i dipendenti a lavorare in presenza nello studio del publisher a Osaka. A quanto pare il motivo di questa altamente discutibile scelta è stato il problema legato agli attacchi dei vari hacker che hanno rivelato informazioni private dell’azienda, per cui appunto Capcom ha deciso di eliminare la possibilità di lavorare a distanza.

Capcom

Un rappresentante ha dichiarato che all’interno degli uffici sono in atto tutte le misure di sicurezza necessarie per evitare i contagi, ma quanto pare le condizioni di lavoro nell’azienda risultano alquanto aggravate dall’inizio della pandemia. Capcom impone infatti delle restrizioni agli impiegati che rifiutano di lavorare in presenza, talvolta mettendoli in “stand-by” a casa, tentando inoltre di fare una sorta di cattiva pubblicità al lavoro da remoto. Dal momento che i dati rivelati in seguito alla diffusione dei leak e agli attacchi degli hacker non sembrano negativi per l’azienda, Capcom avrebbe tranquillamente potuto scegliere l’alternativa di lavoro più adatta a non mettere a rischio la salute dei suoi dipendenti.

Fonte: PC Gamer

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