Gli shoot’em up a scorrimento verticale sono stati uno dei generi che su tutti, negli anni ’90, hanno avuto maggior successo per via di un design che ottimamente si adattava ai modi di usufruire allora il videogioco, come i cabinati delle sale giochi. Amatissimi in Giappone, da dove sono arrivate le pietre miliari del genere, uno su tutti Ikaruga, hanno visto man mano un lento declino causato dal successo delle console sul mercato ma anche da una formula che non ha saputo rinnovarsi nel tempo per ovvi limiti. E’ strano infatti oggi trovarsi tra le mani un gioco di questa categoria, ma non più di tanto se pensiamo che si tratta di un Indie, e realizzato da un team di un solo componente. Si tratta di Ede Tarsoly, con la sua software house Elder Games, che applica una formula alquanto originale per sviluppare visto che i membri variano ad ogni titolo pubblicato.
Solar Shifter EX (SSE da qui) ci propone quindi nel 2015 di rimetterci nella cabina di pilotaggio di un’astronave e sparare ai nemici che ci voleranno di fronte, come nella migliore tradizione. In redazione siamo sempre stati appassionati di questo genere e amiamo lo schermo che si riempie di proiettili da evitare in fretta e furia per non finire carbonizzati e, presentandosi come un “Bullet Hell”, speravamo di rivivere con il gioco quegli eccitanti momenti. Dopo averlo provato per diverse ore possiamo però dire che la promessa è stata tradita, e i motivi sono diversi. Analizziamoli.
Solitamente gli shooter verticali hanno due formule di gameplay di base per trasportarci in ambientazioni che ci scorrono davanti ininterrottamente: o ci richiedono riflessi fulminei per evitare una miriade di proiettili e ci tengono impegnati per tutto il livello, oppure è necessario trovare lo “spot” giusto dello schermo nel quale posizionare il nostro mezzo, dove i colpi non possono arrivare e possiamo sparare con più libertà ai nemici. Come detto, SSE si propone come Bullet Hell, ma si identifica maggiormente nella seconda definizione. Superare un livello vuol dire nel 90% dei casi capire la coreografia delle ondate di nemici e mettersi nella posizione giusta per colpirli e non essere colpiti. Potremmo anche starci se la richiesta di cambiare posizione fosse abbastanza frequente o difficile da individuare, ma troppe volte e troppo a lungo ci siamo ritrovati nella situazione di restar fermi con la levetta analogica e con il tasto per sparare continuamente premuto. In altri titoli simili il problema di questa meccanica di gioco è risolto da una grande interazione con gli sfondi ad esempio, oppure da movimenti di telecamera che aumentano la dinamicità dell’azione. In SSE non c’è traccia di questo, essendo gli sfondi non interattivi e i cambi di inquadratura inutili ai fini del gameplay. Il tutto si trasforma in Trial-and-Error, in cui ad ogni ondata proveremo a sparare ai nemici da una posizione sempre diversa, fino alla scoperta di quella giusta che ci permetterà di superare il livello fin troppo agevolmente. Un vero peccato, soprattutto perché la caratteristica che più ci incuriosiva va quasi completamente a farsi friggere: il teletrasporto immediato, attivabile premendo un tasto e una delle quattro direzioni con la levetta (i quattro punti cardinali). Tale possibilità sarebbe stata di grande impatto in un vero Bullet Hell, dove avrebbe aumentato di molto il valore di un’azione strategica contro i nemici. Purtroppo le volte in cui saremo chiamati ad utilizzarlo saranno davvero poche, e sarà solo quando ce lo imporrà il design del livello.
“Il tutto si trasforma in Trial-and-Error, in cui ad ogni ondata proveremo a sparare ai nemici da una posizione sempre diversa, fino alla scoperta di quella giusta che ci permetterà di superare il livello fin troppo agevolmente.”
La poca profondità si aggrava quando parliamo di armi e interfaccia: scordatevi bocche da fuoco differenti tra loro, bombe e upgrade conquistati sconfiggendo nemici, in SSE abbiamo solamente arma primaria e secondaria che possono essere potenziati alla fine del livello in modo unico, senza poter scegliere alternative. A schermo vengono mostrate la barra dei punti vita e quella dei crediti raccolti per potenziare le armi. La prima ha senso solamente negli scenari iniziali, dove il danno ricevuto dai nemici è minore e bisogna tenere conto di quanta vita ci resti, mentre in quelli avanzati perde di significato, visto che basteranno al massimo due colpi per distruggerci e i colpi vanno evitati e basta. Non siamo riusciti a trovare un senso alla barra dei crediti e perché bisognerebbe tenerla d’occhio durante il gioco.
A colpo d’occhio SSE sembra non sfigurare, con una grafica pulita, colorata e dettagliata, che ricorda molto il motore grafico di Unreal Engine 3, anche se il gioco è stato realizzato con Unity. Anche qui però i lati negativi sono tanti, a partire da uno stile troppo blando delle astronavi che piloteremo e dei nemici, che non mostrano particolari accattivanti o originali. Gli effetti grafici luminosi e quelli audio, come i laser e le esplosioni sono ben realizzati, ma troppo simili tra di loro. A perderne è anche la varietà dei livelli, con ondate nemiche spesso riciclate, e fondali che seppur diversi tra loro sono spogli e mai spettacolari, e quando tentano di esserlo ci confondono lo scenario rischiando di farci sbagliare. La trama di gioco è un’altra occasione sprecata: racconta della nostra fazione opposta ad un’invasione aliena e prova a dare varietà al gameplay mettendoci alla guida anche di astronavi avversarie per farci vivere la storia da entrambi i punti di vista, ma fallisce, a causa di una diversità ancora minore delle sezioni in cui pilotiamo la navetta principale, con un solo tipo di laser e neanche potenziabile. La storia è raccontata tramite qualche semplice riga di testo prima di iniziare il livello e alcuni dialoghi all’inizio di questo, che non rendono più motivata la nostra battaglia.
Solar Shifter EX non riesce per tutti questi motivi a rappresentare un degno esponente del genere. Gli errori a livello di design non sono ignorabili e il divertimento ne risente in maniera significativa. Tutto sommato va valutato per le basi da cui parte, e il lavoro si può considerare un punto di inizio per il piccolo sviluppatore, che con pochissime risorse è riuscito comunque a portare su Steam (e su console nel 2016) uno shooter a scorrimento verticale, non sfigurando neanche troppo sul piano grafico. Ci auguriamo quindi che l’esperienza giochi a suo favore e gli permetta di produrre un gioco migliore in futuro!
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