The Medium Recensione | Questa review arriva in ritardo. Nel mondo giornalistico odierno, il successo o meno di un articolo dipende in maniera molto stretta dalla velocità di pubblicazione. È infatti importante che, al lancio di un gioco, il pubblico (ovvero voi lettori) abbiate già a disposizione una moltitudine di opinioni da fonti diverse per valutare la qualità e il valore dell’opera, prima di mettere mano al portafoglio. Allo stesso tempo, basta qualche giorno per far immediatamente crollare la rilevanza di un articolo come questo. Tra passaparola e social media, è tanto facile quanto immediato sapere se un titolo è più o meno “bello”, ascoltando i racconti di chi l’ha preso subito ed è già ben immerso nell’esperienza. Stiamo ora parlando di The Medium, un’avventura horror uscita già da una settimana, e sto per parlarvi delle mie impressioni su un gioco che i più interessati hanno già finito e disinstallato (specie grazie al contributo su Xbox Game Pass). Questa review, di conseguenza, è già morta. Eppure, come la nostra Marianne ci insegna, potrebbe esserci qualcosa da imparare anche da chi è già passato oltre. Proprio questo ritardo nella pubblicazione del pezzo ha permesso di osservare lo strano fenomeno che si è creato intorno a The Medium, dandomi la chance di discutere di fattori che sarebbero stati del tutto ignorati in un ideale lancio della review al day one.
Nel mentre mi godevo le meravigliose ambientazioni dell’ultima opera di Bloober Team, studio di sviluppo su cui avevo già puntato gli occhi con Blair Witch, ho notato molte voci in discordia sul web. Tra chi definisce il titolo come “il nuovo Silent Hill“, a chi invece ne decanta le “enormi lacune” che lo getterebbero nel dimenticatoio piuttosto che alzarlo sul podio. Un fenomeno come questo è piuttosto normale ai giorni nostri: ognuno ha i propri gusti ed è pronto a condividerli e difenderli nel vasto reame dell’Internet. Da giornalista, tuttavia, non è qualcosa che si sperimenta spesso sulla propria pelle. Di solito si trascorrono ore gamepad alla mano nella totale solitudine, quando il prodotto ancora deve arrivare sugli scaffali dei negozi (virtuali e non), preparando una recensione senza aver accesso ad alcuna opinione se non la propria. Uno scenario ideale per la valutazione di un gioco, va detto, privo di influenze esterne o pregiudizi basati sul temutissimo Metacritic. Questa volta, invece, mi sono seduto di fronte alla schermata di avvio di The Medium con gli echi alle spalle di una lotta tra Capolavoro e Mediocrità. Ed ero curioso. Voglioso di scoprire su quale dei due aghi pende veramente la bilancia. Sono ciechi coloro che gridano alla bellezza dell’opera o sordi quelli che lamentano una delusione delle aspettative? E così ho osservato, vissuto, analizzato e snocciolato ogni ora dell’esperienza creata da Bloober Team, e qui vi comunico il risultato della mia ricerca. In una review morta, collocata però in un mondo solitamente inaccessibile che, forse, potrebbe avere qualcosa ancora da insegnare.
The Medium è un’avventura principalmente narrativa e dalle tinte horror, pubblicata da Bloober Team (autori di Observer: System Redux e Layers of Fear) su PC e Xbox Game Pass come prima esclusiva Microsoft next-gen. Un ruolo importante, questo, specie in un panorama dove Sony ha spesso preso il sopravvento sul pubblico proprio grazie alle esclusive. Caratteristica unica e punto forte del gioco è la meccanica del Dual Reality, che gli sviluppatori sostengono sia stata realizzata solo grazie agli hardware di nuova generazione. Noi non visiteremo solo un mondo durante il nostro viaggio, ma una realtà divisa in due facce – sopra e sotto, prima e dopo, vita e morte. In diversi momenti di trama esploreremo entrambi gli universi contemporaneamente, cercando strumenti in una che possano aprire la via nell’altra o unificando le due visioni per raggiungere la soluzione a un mistero. Assieme a questo, ci vengono promessi un’atmosfera terrificante e meravigliosa ispirata alla mente dell’artista dell’incubo Zdzisław Beksiński, e una colonna sonora d’impatto che vede la collaborazione di Akira Yamaoka, compositore della serie di Silent Hill. Un mix del genere avrebbe potuto far nascere l’horror del secolo se consideriamo le aspettative, eppure la verità pare diversa (per dar credito a quelle voci di cui ho parlato nella premessa). Improvvisandomi medium, cercherò ora di spiegarvi il motivo dietro a questa divisione di opinioni.
Innanzitutto, The Medium è un gioco horror piuttosto mediocre. Prima di distruggere però le speranze degli appassionati del genere, lasciate che illustri il perché. L’opera di Bloober Team non ha mai puntato ai tipici canoni del terrore, quali gore, tensione, ansia o (ehw) jumpscare. Ciò che si è visto nel percorso di questo studio di sviluppo è un altro tipo di orrore, quello di un mondo vivo e tangibile che possiamo sentire sulla nostra pelle, ma che si dimostra anche privo di pietà e spietato nel decidere il fato dei suoi abitanti. A volte si è deciso di prendere una spunta più mistica (Blair Witch) o di studiare le conseguenze di un futuro distopico (Observer), ma la paura è sempre nata dalla capacità del team di coinvolgere il giocatore negli eventi a schermo e farlo avanzare verso un destino o una verità che si sa non essere luminosa. Così è anche il nostro “The Mehdium”, ma un po’ troppo “meno” rispetto al solito.
The Medium non ha mai puntato ai tipici canoni del terrore, risultando ai più come un titolo “troppo poco” horror.
Al di là di accadimenti più concitati che si contano sulle dita di una mano, il titolo non riesce mai a spaventare il giocatore (neanche ci prova, ad essere onesti). Classificare l’opera come un horror è forse fuori luogo, di conseguenza. Potrebbe essere tale per chi non ha mai esplorato bene il genere o chi ha i nervi più delicati, ma basta aver finito un Outlast o un Silent Hill (o una qualunque delle altre produzioni di Bloober Team) per non provare il minimo terrore di fronte ai “pericoli” di questo ultimo arrivo. Se dunque siete alla ricerca di una bella scarica di adrenalina o qualcosa che vi faccia saltare il cuore in gola, purtroppo non troverete nulla qui.
Ma se il lato horror di The Medium è certamente debole, così non si può dire della sua capacità di tenere il fiato sospeso. Pur senza i tipici “infarti” del genere, la narrazione e l’atmosfera dell’opera bastano a tenerci incollati alla sedia dall’inizio alla fine dell’esperienza. Partire da quello che è un vero mistero e svelarne le varie sfaccettature attraverso cenni molto più reali e storici di quanto si possa intendere all’inizio, questo sì che fa paura. Basta soffermarsi un momento ad analizzare i veri terrori che si celano dietro ai mondi e alle vicende creati da Bloober Team per trovare il vero orrore. Un approccio molto più spirituale e ragionativo se vogliamo, ma certo in grado di regalare molte soddisfazioni. Bisogna sempre lodare la cura e l’impegno quando sono tangibili nel risultato finale, e qui lo sono. Tornando quindi a parlare di appeal: se siete appassionati di questa categoria di videogiochi, quelli in grado di stuzzicarvi il cervello e accompagnarvi passo dopo passo senza perdere la sua magia, DOVETE dare una chance a The Medium. Specie se avete Game Pass o se intendevate acquistarlo dallo store.
Tralasciando l’appartenenza o meno del titolo al suo genere, passiamo a parlare di gameplay. E rimettiamo nuovamente in discussione la qualità dell’esperienza (sta diventando un pattern ciclico, non trovate?). Purtroppo, come già si è visto in molti giochi simili a questo (e nella storia di Bloober Team), meccaniche e lato tecnico lasciano molto a desiderare. Ci troviamo su un sottile velo fatto di spunti interessanti e puzzle azzeccati che impediscono al tutto di ricadere nella categoria dei “Walking Simulator”, così chiamati in modo dispregiativo. L’esplorazione lineare e gli enigmi ambientali si sposano perfettamente con la bellezza dell’ambientazione e dell’atmosfera, ma c’è ben poco da fare se non scervellarsi su questi due aspetti – e nemmeno troppo, dato che la difficoltà è stata bilanciata per non bloccare l’avanzamento nella storia.
Ci troviamo su un sottile velo fatto di spunti interessanti e puzzle azzeccati che impediscono al tutto di ricadere nella categoria dei “Walking Simulator”
Le scene più sul lato action sono legnose e poco coinvolgenti, i nemici sono un fastidio e mai un pericolo, l’inclusione dello stealth crea solo confusione e c’è in generale una mancanza di creatività nella realizzazione del gameplay vero e proprio. A volte è addirittura un peccato incontrare un mostro, perché toglie tempo all’eccellente narrazione per sostituirla con un generico confronto privo di profondità. La sua unica funzione, così si potrebbe dire, è quella di spezzare il ritmo e aggiungere un pizzico di tensione al mix. Molto più spesso di quanto si voglia, però, questa fallisce nel suo intento. Infine, è un peccato che il tanto discusso Dual Reality system non abbia un ruolo di sufficiente impatto e sia il più delle volte un’aggiunta gradevole e niente di più. Come prima esclusiva di Microsoft, questo videogioco non è in grado di rappresentare pienamente la nuova generazione, con tutte le delusioni di chi si aspettava quel gran salto di qualità promesso dalle nuove console.
Rimuoviamo però la triste patina di gameplay e cosa troviamo? Meraviglia visiva e auditiva impacchettata in un comparto artistico che non finisce di stupire. The Medium è un bel gioiello nel suo aspetto e nella sua atmosfera, entrambi enfatizzati dalla stupenda colonna sonora che mai sbaglia una nota. La musica riesce perfettamente a incapsulare i sentimenti e lo scopo di una particolare scena, trasmettendoli al giocatore in uno stile che solo questo strumento può pensare di raggiungere. L’inclusione di artisti del calibro di Yamaoka non è stata solo mera propaganda, ma l’invito ad aprire le orecchie e lasciarsi trasportare dal comparto audio del gioco – che coinvolge anche un ottimo utilizzo degli effetti sonori, sia per creare stupore che tensione. Occhiolino anche ai doppiatori, credibili e azzeccati nella rappresentazione dei loro personaggi.
The Medium è un bel gioiello nel suo aspetto e nella sua atmosfera, entrambi enfatizzati dalla stupenda colonna sonora che mai sbaglia una nota.
E qui si potrebbe aprire un’enorme parentesi sulla grafica, ma basta un rapido sguardo alle prime sequenze per capire che le parole non sono sufficienti. A parte i modelli degli umani (molto meno impressionanti del resto), il Resort Niwa e i luoghi che lo circondano sono ricchi di cura e di meraviglie su cui posare gli occhi. E va da sé che, grazie al Dual Reality, possiamo godere di due varianti entrambe accattivanti delle stesse ambientazioni. Dove il reale vince per accuratezza storica e credibilità delle località, il mondo degli spiriti offre scorci e panorami magici e visivamente fuori dal comune. Chi ha apprezzato setting come il Sottosopra di Stranger Things o la foresta di Blair Witch troverà pane per i suoi denti anche in questo piccolo gioiello. Se desiderate un ulteriore approfondimento sul tema, vi consiglio di dare un’occhiata all’articolo dei nostri colleghi di GamesVillage, The Medium e l’arte di Zdzisław Beksiński.
Ora che abbiamo visto i vari su e i diversi giù del titolo, è facile capire da dove derivino tutte queste discussioni sul valore complessivo del prodotto di Bloober Team. È impossibile non premiare la cura e l’amore che lo sviluppatore ha infuso in questo ambizioso progetto, e non si può storcere il naso di fronte a un così lodevole comparto artistico. Al contempo, il gameplay non riesce a tenersi in pari con quest’ultimo e lascia molto a desiderare. Allo stesso tempo, è difficile classificare l’esperienza come “horror” se si è avvezzi al genere, data la presenza di scenari veramente terrificanti nel senso stretto della parola. Nel complesso, dunque? Per il sottoscritto, ragazzo appassionato di storie e di ambientazioni intriganti, i lati negativi non sono bastati a frenare la mia curiosità e spingermi a correre per corridoi e sentieri fino a svelare il mistero e raggiungere la conclusione del viaggio, che devo dire chiude perfettamente il cerchio che si va a formare in corso d’opera.
Se quindi siete disposti a vivere un quasi-Walking Simulator e sopportare i segmenti più goffi dell’esperienza, non vi pentirete di cosa si cela sotto la superficie. Ma qualora ciò che state cercando sia l’adrenalina dello spavento o la tensione del gameplay dell’orrore, vi conviene infilare il naso in altri mondi. Infine, a tutti coloro che sono arrivati fino in fondo, dedico un consiglio: approfondite The Medium, anche se non lo volete giocare. Affondate la mente nell’universo che si cela sotto all’arte del videogioco, abbandonando ogni tanto la normale dimensione di grafica e gameplay per apprezzare il lavoro artistico nascosto dall’altro lato. Non saremo certo Marianne, ma certo possiamo seguire le sue orme.