The Crew: la recensione di VMAG

Un open world tanto vasto da coprire gli States da costa a costa, con tutte le conseguenze geoclimatiche del caso; il consueto rooster di bolidi su licenza con cui riempirsi gli occhi; una vera galassia di variabili concettuali tese a caratterizzare le gare, previa assoluta precedenza per il multiplayer. Dati alla mano, The Crew sembrerebbe possedere tutte le caratteristiche del racing-game contemporaneo… Peccato soltanto che questo ben di Dio non basterà a giustificare la sua esistenza.

[su_animate type=”fadeIn”]the-crew-2[/su_animate]

[su_row]
[su_column size=”3/4″]Troppo presi dall’esigenza di rispettare i suddetti dogmi; troppo impegnati a individuare una formula strutturale in grado di sedurre ogni possibile fascia d’utenza, gli sviluppatori paiono aver difatti trascurato quello che dovrebbe essere l’elemento cardine di ogni titolo di genere e cioè un modello di guida dagli equilibri ben definiti, che sappia conferire una precisa identità al progetto. Sempre a metà strada tra immediatezza arcade e velleità simulative, The Crew finisce in tal senso col risolversi in un’esperienza di gioco tanto banale quanto piatta, in cui la vittoria spetterà quasi sistematicamente al pilota che meglio saprà sfruttare l’odioso effetto fionda che caratterizza gli impatti tra le vetture impegnate a curvare. Qualora aveste mai avuto in mente di approcciare il tracciato con piglio tattico, ipotizzando che una manovra ponderata debba avere sempre la meglio sulla bruta prepotenza, preparatevi dunque a mangiare parecchia polvere: da queste parti, la meritocrazia del volante non ha grande peso e l’approccio al tracciato conterà anche meno. Vi fosse una meccanica degli scontri almeno paragonabile a quella di un qualunque Burnout Paradise, ci si potrebbe magari trarre una punta d’esaltazione: ma quando il frutto di ogni collisione scaturisce solamente in blandi testacoda o rari cappottamenti di maniera, anche la mera speranza di una svolta colorita viene frustrata. Con tanti, cari saluti a tutto ciò che The Crew avrebbe potuto essere.

[/su_column]
[su_column size=”1/4″]

[su_animate type=”fadeInLeft” duration=”2″]The Crew finisce col risolversi in un’esperienza di gioco tanto banale quanto piatta[/su_animate]

[/su_column]
[/su_row]

[su_animate type=”fadeIn”]the-crew-4[/su_animate]

Nel tentativo di salvare l’intera produzione dal bigio abisso di mediocrità cui sembra destinata, si potrebbero a questo punto tirare in ballo eventuali pregi tecnici, storiche lance da spezzare quando la situazione è disperata. Disgraziatamente, il lavoro del team Ubisoft Reflections non riesce però a brillare neanche sotto quest’aspetto. Per quanto il tutto rispecchi confortanti canoni da usato sicuro, non c’è infatti alcun dettaglio proprio di auto, scenari, piste ed effettistica annessa che possa superare l’immenso Forza Horizon 2, né tantomeno impensierire il già meno entusiasmante Driveclub.

In relazione a quanto espresso finora, non riesco quindi a trovare un valido motivo per suggerirvi l’acquisto The Crew: se non avete ancora comprato uno dei due titoli succitati avete d’altronde due opzioni migliori da valutare, e quand’anche l’aveste già fatto ogni ulteriore investimento nelle quattroruote sarebbe attualmente superfluo.

V MENSILE
V007 Mensile
Attivamente Impegnato nel settore editoriale dal 2003, ha scritto per le più note riviste videoludiche italiane, concentrandosi spesso nell'area Retrogaming. Dopo aver pubblicato il saggio Storia delle Avventure Grafiche: l’Eredità Sierra, svolge ruolo di docente presso l’Università degli Studi Link Campus di Roma in collaborazione con la Vigamus Academy rivestendo, in parallelo, la carica di Vice Direttore del mensile multipiattaforma V.