CD Projekt RED ha pubblicato diversi comunicati di scuse per via del tumultuoso lancio di Cyberpunk 2077, ma questa storia sembrerebbe ancora essere lontana dalla fine. Nei giorni scorsi il famoso giornalista Jason Schreier ha infatti condiviso diverse informazioni prese da 20 figure all’interno del team, le quali si sono prestate per raccontare il travagliato periodo di sviluppo. Da queste interviste è uscito fuori che la maggior parte del team riteneva che le grosse ambizioni dietro a Cyberpunk 2077 fossero irrealizzabili in un periodo così breve. L’articolo poi prosegue affermando che la demo mostrata nel 2018 fosse interamente falsa e che non rispecchiasse le reali condizioni del gioco. Inoltre, tra le tante dichiarazioni riportate, è stato segnalato che gli sviluppatori stranieri si sentivano emarginati da quelli polacchi, poiché, tra di loro, parlavano costantemente nella loro lingua madre.
I’ve read your piece and tweets, thank you for the read. I have some thoughts. https://t.co/T3qACdrnwM pic.twitter.com/wuzy5lXoqQ
— Adam Badowski⚡️ (@AdamBadowski) January 16, 2021
Poche ore fa è arrivato un comunicato su Twitter da parte di Adam Badowski, capo dello studio polacco, il quale ha pubblicamente risposto alle accuse di Jason Schreier. Per la questione della demo il capo del team ribadisce come sia difficile che essa rispecchi totalmente un gioco a due anni prima del lancio, ma ciò non significa che sia falsa.
“Ciò che i lettori del tuo articolo forse non sanno è che i giochi non sono creati in modo lineare e cominciano a somigliare al prodotto finale solo a un paio di mesi prima del lancio. Se guardi quella demo, sì è differente, ma è per questo motivo che c’è scritto ‘work in progress’. La versione finale del gioco è visivamente e ludicamente assai migliore di quella demo. Per quanto riguarda la questione delle feature tolte dal gioco, è parte del processo creativo. Le feature vengono aggiunte e vengono rimosse in continuazione per vedere se funzionano all’interno del titolo. ”
Per quanto riguarda il tema dell’impossibilità nel finire il prodotto nel 2020, Adam Badowski continua dicendo “Tu (riferendosi a Jason Schreier) hai parlato con solo 20 persone, alcuni anche ex-impiegati, e solo uno non è anonimo. Non direi che ‘la maggior parte del team’ ha detto ciò che riporti.” Per concludere risponde anche alla questione dell’emarginazione, affermando che all’interno della compagnia ci sono delle regole che impongono di parlare in inglese nel momento in cui è presente qualcuno di lingua straniera.
“Dopodiché è normale che tra tedeschi si parli in tedesco, tra spagnoli si parli spagnoli e che tra polacchi si parli polacco quando non c’è qualcun altro (di origine diversa). […] Se la domanda è ‘se è difficile spostarsi in un nuovo paese, talvolta anche di diversa cultura, e di lavorare e vivere lì’, allora la risposta è sì. Ma questo vale per tutte le compagnie in tutto il mondo e noi facciamo ciò che possiamo per facilitare questa transizione.”
Sempre su Twitter è arrivato un commento di , il quale ha invitato Adam Badowski a farsi intervistare e di far luce su alcuni punti da lui omessi, come per esempio il periodo di crunch imposto agli sviluppatori. Insomma, la storia legata a Cyberpunk 2077 sembrerebbe ancora avere molto da dire.
Fonte: Twitter
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