Scienziati in rivolta protestano per gli studi anti-video game

La violenza nei videogiochi si riflette nel mondo reale, così si sente spesso dire al telegiornale quelle volte che i giornalisti, non volendo occuparsi di temi complessi, rispolverano un qualche titolo violento uscito da mesi ed esibendolo al pari di un criminale alla garrota. Ogni videogiocatore assiste a questi servizi provando un misto di divertimento e frustrazione, ben consapevole che il loro valore divulgativo sia pari allo zero assoluto e che servano semplicemente a fomentare un’indignazione che non faccia notare all’utente medio l’assenza dell’ennesimo approfondimento sul cucciolo d’animale di turno (ieri era la giornata del cinghiale a Roma). Ben più grave è la situazione negli States, ove le ricerche sono fin troppo spesso finanziate da personaggi faziosi che elargiscono fondi a patto siano in grado di dimostrare i loro preconcetti in laboratorio, vanificando del tutto la fondatezza scientifica dell’operato, ma fornendo dati eclatanti che permettono di danneggiare o proteggere determinate categorie. Le sigarette non fanno venire il cancro, il cioccolato potrebbe prevenire attacchi cardiaci e Mortal Kombat induce a massacrare il vicino, insomma.

Si è scoperto che molti giovani assassini erano videogiocatori. Si è scoperto anche che respiravano aria e bevevano acqua.
Si è scoperto che molti giovani assassini erano videogiocatori. Si è scoperto anche che respiravano aria e bevevano acqua.

Recentemente, tuttavia, uno di questi studi anti-video game pubblicati dalla American Psychological Association ha scatenato l’ira di 200 accademici che, stufi della mala informazione, hanno rilasciato una lettera aperta in cui affrontano il principale controsenso nella tesi secondo la quale i video games incentivino comportamenti aggressivi: la violenza tra i giovani è in fase decrescente da decenni, soprattutto dopo la diffusione di massa dei videogiochi. Nel testo vengono aspramente criticate e smontate anche le meccaniche che hanno portato a quei risultati campati per aria, spingendo la APA a modificare il file aggiungendo un crudele “prove incorrette”, marchiando di fatto i ricercatori con il titolo di “ciarlatani”. Ovviamente non si può negare che alcuni contenuti siano inadatti ai più piccoli, ma è l’ennesima dimostrazione di come buona parte dei giudizi pubblici siano legati a ignoranza e diffidenza, basti ricordare la crociata che Codacons aveva mosso contro GTA4 facendo leva su fatti inventati di sana pianta.