Amiiqo: deposito non ufficiale di amiibo

Molti possessori di Wii U avranno già notato che gli Amiibo si sono rivelati un grosso pasticcio. Ispirati alla fortunata serie degli Skylander, gli Amiibo avevano tutte le carte in regola per spopolare e ottenere una posizione di rilievo nella futura programmazione dei giochi Nintendo: sono statuine rappresentanti personaggi popolari, sono una droga per ogni collezionista, sbloccano in diversi giochi contenuti più o meno imponenti e sono un modo divertente quanto impratico di trasportare dati di gioco a casa di amici. La cosa, tuttavia, ha intrapreso una strada fallimentare sin dall’uscita della prima ondata degli ambiti pupazzetti, cioè da quando gli “scalper” hanno scoperto che le fabbriche Nintendo hanno deciso di stampare un numero limitato dei modelli meno popolari per timore di non riuscirli a piazzare sul mercato.

Questi “scalper” non sono altro che individui che, conoscendo bene le meccaniche del collezionismo, fanno incetta dei pezzi più rari in modo da farli scomparire dai negozi e rivenderli a prezzo maggiorato sulla rete. Una volta creata la mania, il morbo si è diffuso e non risulta insolito, a questo punto, che i dipendenti delle principali catene videoludiche si improvvisino spacciatori e impegnino gli Amiibo appena arrivati ancora prima di metterli a scaffale, annichilendo del tutto le possibilità dell’utente medio di potervi accedere a prezzi abbordabili. Dal canto suo, Nintendo ha riconosciuto il problema, ha motivato le sue scelte e ha promesso che prima o poi potrebbe riporvi rimedio, anche se per ora ogni nuova serie di statuette è destinata al medesimo orribile destino.

http://dai.ly/x30b3l2

Ecco dunque che nasce Amiiqo, un apparecchietto da collegare a uno smartphone di base Android capace di fare da vero e proprio database per i chip interni agli Amiibo. Come spesso capita, il produttore di turno, trovandosi per le mani con un interessante prodotto ai limiti della pirateria, ci tiene a specificare che il suo principale compito sia quello di copiare i dati di salvataggio delle statuine in modo da poterle usare in più videogame che esigono di sovrascriverne la memoria (a oggi sono pochissimi a farlo, per la cronaca), ma è noto che l’Amiiqo possa essere utilizzato anche per emulare i dati di personaggi di cui non si è in possesso, rendendo di conseguenza accessibili contenuti esclusivi e particolari dei quali non si avrebbe diritto. C’è da aspettarsi che questo non economico strumento (circa 70€) sarà presto adoperato per ricreare centinaia di Amiibo ormai irreperibili, la qual cosa non può che destare uno storico dubbio etico: la pirateria è giustificata se l’industria non mette nelle condizioni di acquistare un prodotto per vie legali?