Haven Recensione – L’amore sopravvive anche tra le stelle

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Haven Recensione | L’amore è forse il tema più trattato nelle sue più svariate sfaccettature e in tutte le forme d’arte e, nonostante ciò, l’essere umano ancora continua ad esplorarne il grande mistero. Arte, musica, letteratura e cinema vantano un’infinità di opere a riguardo, mentre il panorama videoludico, complice anche la sua relativa giovinezza, conta ancora un numero esiguo di titoli che trattano la tematica in maniera profonda e consapevole. La direzione presa negli ultimi anni sembra comunque puntare verso un arricchimento di opere sempre più profonde, basti pensare a The Last of Us Parte II come esempio più recente.

Oggi abbiamo tra le mani un’opera di difficile classificazione, ma che fa dell’amore il pilastro centrale sul quale si reggono tutte le meccaniche di gioco. Il titolo in questione è Haven, disponibile su PS5, Xbox Series X, Xbox One e PC (tramite Steam e GOG) e si tratta dell’ultima fatica di Emeric Thoa e del team di The Game Bakers, che eseguono una forte inversione di rotta rispetto a Furi. Gli sviluppatori scelgono di mettere da parte la componente action, per costruire un’esperienza dai ritmi decisamente più pacati e riflessivi. Per quanto sia difficile individuarne il genere, Haven è principalmente un GDR d’avventura di stampo romantico, interamente permeato da un’atmosfera quasi onirica che richiama Journey.

La storia è quella di Yu e Kay, una coppia che ha preso l’ardua decisione di fuggire dal proprio pianeta natale oppresso da un’organizzazione più grande chiamata Arnia, pur di restare insieme, approdando su un pianeta deserto (ma non troppo) chiamato Fonte. Ben presto però, la piccola e accogliente astronave che i due usano come abitazione sarà danneggiata, costringendo la giovane coppia all’esplorazione del posto per cercare parti di ricambio per il Nido. Ha inizio così la scoperta di Fonte, un isolotto alla volta, poiché il mondo è interamente frammentato per una qualche ragione sconosciuta. Quest’ultimo dettaglio altro non è se non un furbo espediente di narrazione, volto a giustificare la divisione in “stanze” dell’intero ambiente esplorabile. 

Per ciò che riguarda il resto della storia, Haven segue un metodo di narrazione alquanto particolare. Non aspettatevi filmati esplicativi o voci fuori campo, perché i pezzi del puzzle saranno nascosti nei piccoli dialoghi quotidiani tra Yu e Kay. Una chiacchiera sul divano, un falò sotto le stelle o cucinare la cena insieme potranno far saltar fuori conversazioni sul passato dei personaggi, sulle loro aspettative o timori per l’incerto futuro che li aspetta o semplici scherzi tra innamorati. Durante queste interazioni, assisteremo alla scoperta di un amore semplice, terreno e quotidiano, insomma, quanto di più vicino possibile alla realtà. Non è cosa da tutti i giorni veder rappresentata una relazione amorosa in questo modo nei videogiochi, ma la formula adottata riesce e restituire una potenza empatica difficilmente riscontrabile in altri titoli.

 

L’amore vince davvero su tutto?

 

La componente ludica di Haven si struttura invece in più meccaniche appartenenti a diversi generi e, proprio per questo, rendono difficile collocare il gioco in un genere preciso. Per comodità, divideremo la nostra analisi in tre macro-aree differenti: esplorazione, combattimento e gestionale. La prima è forse il punto focale del gioco e si snoderà attraverso i già citati isolotti, molti dei quali ricoperti da una sostanza detta “ruggine”, che dovremo ripulire e raccogliere per utilizzarla a nostro vantaggio. Il sistema di movimento si baserà sulla propulsione di stivali alimentati a “flusso”, i quali ci permetteranno di levitare a mezz’aria o spostarci seguendo le correnti di flusso. Il feeling di libertà che ci verrà restituito non sarà poi troppo diverso dal già citato Journey, e avventurarsi nelle splendide lande incontaminate di Fonte sarà un piacere. A parte qualche piccolo problema di gestione della telecamera durante alcune manovre, la meccanica è ben realizzata.

Passando adesso a parlare del combattimento, partiamo subito col dire che si tratta di un sistema a turni, con alcuni richiami alla serie di Persona. I nostri avversari saranno perlopiù le creature che abitano il pianeta, “corrotte” dalla ruggine e di conseguenza impazzite. Il nostro compito sarà quello di purificarle e farle tornare al loro normale stato mansueto. Durante il combattimento avremo modo di comandare contemporaneamente entrambi i personaggi (o uno per giocatore nella modalità co-op), basando i nostri attacchi sulla sinergia tra Yu e Kay, che non mancheranno di aiutarsi a vicenda con frasi di incoraggiamento o intervenendo per prendere il colpo al posto del proprio partner. Il tempismo sarà essenziale, così come comprendere le intenzioni del nemico di turno per anticipare le sue mosse. Infine, l’interfaccia è estremamente pulita e minimale, consentendo un passaggio estremamente fluido dalle fasi esplorative agli scontri.

Per ultima abbiamo la componente gestionale, che si rivela essere un piacevole stacco dal ripulire isolotti o calmare bestie inferocite. Sebbene non sia obbligatorio, fare ritorno al Nido diventerà importante sia per riprendere fiato e leccarsi le ferite, sia per far avanzare la narrazione, poiché è proprio qui che avverranno le migliori interazioni tra i due protagonisti. Sarà al Nido poi, che dovremo gestire tutte le nostre risorse ed impiegarle nella ricostruzione della base, preparazione di cure, coltivazione di piante e molto altro, inserendo una leggera ma apprezzabile componente gestionale/survival che aggiungerà un pizzico di pepe al gioco.

Haven

Ma in tutto questo, dove sono finite le meccaniche GDR? Ci sono, ma semplicemente non saremo in grado di controllarle direttamente come in un classico gioco di ruolo. Sono presenti dei parametri come la vita e i danni inflitti, che aumenteranno automaticamente con un particolare “level up”, che avverrà con il proseguimento della storia e in particolare, quando un indicatore che indicherà la forza del legame tra Yu e Kay si riempirà. Un vero peccato però, che questo indicatore possa solamente aumentare e non diminuire, rendendo le nostre scelte nei dialoghi quasi fini a loro stesse.

Dulcis in fundo, il comparto tecnico e artistico. Da questi punti di vista, Haven può vantare una solida realizzazione; le performance sono tutto sommato stabili e il pianeta Fonte offre degli scorci indimenticabili, dando la sensazione di trovarsi dentro un quadro e di danzare sulla sua tela. Non aspettatevi un mondo estremamente ricco di dettagli, ma piuttosto un’enorme distesa d’erba, che verrà permeata dall’amore della giovane coppia, del quale è intriso ogni angolo di codice di questa produzione videoludica. Ma oltre al cuore, non dimenticate di aprire anche le orecchie, altrimenti potreste rischiare di perdervi una colonna sonora che riesce a mettere la ciliegina su questa delicata torta.

Haven presenterà anche diversi stili di gioco ma, alla lunga, ci si potrebbe accorgere di una leggera ripetitività di fondo. Per ovviare a questo, il titolo introduce delle novità e aggiunte alle meccaniche di gioco a cadenza regolare, ma potrebbe non essere abbastanza. Se siete disposti ad andare oltre questo piccolo difetto, questa magnifica opera di The Game Bakers saprà ricompensarvi con una storia capace di scaldare anche il più freddo dei cuori, e ricordarci come l’amore sia la linfa vitale che tiene in vita l’umanità.

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