The Falconeer Recensione | Momento di confessione: alzi la mano chi, in un modo o nell’altro, trova affascinanti gli scontri aerei. Se le mie previsioni sono corrette, molti lo avranno fatto. Questo perché un concetto del genere è così ricco di potenziale da sfociare in una miriade di diverse sfumature, adatte a un vasto pubblico. Pensiamo alla serie di Ace Combat, che da lungo tempo racchiude una nicchia di fervidi appassionati e offre tutta l’adrenalina del compiere missioni a bordo di un velivolo da battaglia. Oppure passiamo alla fantascienza con Star Wars, che ha costruito parte del suo successo proprio con spettacolari guerre tra astronavi e alianti di vari tipi – di recente, tra l’altro, il franchise ha partorito Squadrons, una vera e propria avanguardia di questo suo pilastro. Oppure ancora volgiamo lo sguardo a picchiaduro come Dragon Ball, in cui i lottatori si inseguono sospesi nel vuoto e danno spettacolo con lotte al cardiopalma in cui mai un piede tocca terra (se non per schiantarsi in seguito a un colpo nemico). In molti generi, sollevarsi da terra e scontrarsi in volo è considerato l’apice del potere, il momento in cui tutto si annulla e solo il più forte ne uscirà vittorioso.
Quanti di voi sognano di volare?
Personalmente, ho sempre provato stupore e meraviglia verso i combattimenti aerei, specie nei videogiochi. Semplici o complessi che siano, c’è qualcosa di magico nel librarsi in aria e mettere alla prova le proprie abilità in uno spazio che non ha limiti, nemmeno al di sotto. The Falconeer, titolo open world creato da un’armata di un solo uomo (Tomas Sala) e pubblicato da Wired Productions, mette tutto il suo cuore negli scontri in volo. Al posto che pilotare navicelle o compiere acrobazie con il nostro corpo, qui siamo chiamati a comandare un gigantesco volatile (falchi, ma non solo) e compiere una serie di missioni di ricognizione e assalto in un vasto mondo coperto dall’acqua. Il titolo è disponibile su Xbox Series X/S, Xbox One e Microsoft Windows, con tra l’altro l’accesso al servizio di Smart Delivery per chi volesse convertire la propria copia su console next-gen. Considerata una premessa come questa, ci sono grandi aspettative per un’opera come questa. Il nostro Tomas è riuscito a portarci in volo con lui, oppure gli atterraggi sono stati troppo bruschi? Apriamo le ali e scopriamolo.
The Falconeer parla di un mondo composto in sostanza da un gigantesco oceano, su cui emergono di tanto in tanto piccole isole. Queste sono sfruttate dagli umani per creare porti e colonie, così da sopravvivere anche in un ambiente con così poche risorse. Gioiello della vita in queste terre sono i piloti di falchi da guerra, maestose creature alate che possono coprire grandi distanze in volo, affrontare tempeste di ogni tipo e anche combattere con l’ausilio di armi da fuoco (montate in groppa, ovviamente). Il nostro compito, in quanto giocatori, è di esplorare il pianeta in lungo e in largo per completare una missione molto importante: salvare la nostra specie. Questo significa aiutare gli avamposti, completare quest di vario tipo, risolvere misteri, scoprire nuove rotte aeree e via dicendo. In tutto questo siamo ostacolati da forze che non vedono di buon occhio il nostro viaggio, e che quindi tenteranno più volte di metterci i bastoni tra le piume. Purtroppo, al di là di piccoli approfondimenti, non ci sono colpi di scena entusiasmanti o eventi leggendari all’orizzonte: la scrittura è molto semplice e a tratti banale, colma di idee classiche e pochi sbalzi di originalità. Questi ultimi sono riservati al mondo di gioco, e se questo è un bene o un male dipende da quale tipo di giocatore siete.
Lato gameplay, è compito nostro selezionare di volta in volta la missione che intendiamo affrontare e il personaggio di cui vogliamo prendere il controllo. Ce ne sono diversi che variano in aspetto e anche caratteristiche, il cui impatto però non è fondamentale – non pensate di essere in un RPG. Il pezzo forte arriva quando decidiamo infine di spiccare il volo: ci issiamo tra le nuvole in groppa al nostro fido destriero piumato e ci dirigiamo verso il nostro obiettivo. Gli step necessari a completare la missione sono indicati sul radar, ma possiamo anche ignorare tutto e semplicemente vagare per l’oceano per svago personale. In aria possiamo comandare liberamente il nostro movimento, comprese salite e discese, gestendo l’energia del nostro volatile (che si ricarica durante le picchiate o assorbendo i fulmini dei temporali). Possiamo anche rallentare per rimanere quasi fermi a mezz’aria, compiere manovre evasive, sparare con la nostra arma da fuoco o altre azioni che possono darci man forte in battaglia. Queste ultime sono generalmente sparse per le quest e ci richiedono di abbattere tutti i nemici, a volte anche accompagnati da soldati alleati.
Si ha sempre la sensazione di essere in completo controllo, e questo limita al massimo la frustrazione.
Inutile dire che i comandi per gli scontri in volo non sono facili da padroneggiare. È molto semplice perdere il controllo del proprio falcone mentre si cerca di schivare un attacco o prendere di mira il nemico, finendo inevitabilmente bersagliati da una serie di attacchi. Anche a difficoltà normale, senza un buon feeling dei comandi, diversi game over saranno necessari per imparare a sopravvivere e contrattaccare. Per fortuna, il comparto tecnico di The Falconeer non se ne sta con le mani in mano: il gioco risponde velocemente ai nostri input, facendoci sentire in controllo anche nei momenti più concitati delle battaglie. Almeno su next-gen, l’intero gameplay possiede una fluidità ottima e vari modi per personalizzare l’esperienza, tra cui due tasti separati per far apparire o scomparire, rispettivamente, minimappa e HUD. È anche possibile cambiare la difficoltà tramite il menù di pausa, offrendo quindi un modo per sfuggire alla ripida curva di apprendimento delle prime fasi di gioco. Non ci si può quindi lamentare delle fondamenta di quest’opera, solide e appaganti con il controller (o la tastiera) alla mano.
Purtroppo, dove le basi eccellono, i contenuti falliscono. Non stiamo gridando al disastro, affatto, ma con il procedere delle ore si inizia ad avvertire una certa monotonia di missioni e obiettivi. Questi sono infatti pochi e molto simili tra di loro, un difetto che tende a generare un senso di elevata ripetitività fin dalle primissime fasi di gioco. Un vero peccato, considerando il grande potenziale che l’esperienza trasuda. A meno che non ci si affezioni particolarmente al gameplay aereo di The Falconeer, è facile stufarsi in fretta delle attività proposte dai vari capitoli della storia – e pure il free roaming non ha molto da offrire. Chiedere un’opera originale da cima a fondo a un singolo sviluppatore è forse troppo, ma un pizzico in più avrebbe forse impedito a questa nota negativa di essere un così grande difetto per l’intero titolo.
Sebbene poco profondi, gli scontri in The Falconeer tengono l’adrenalina alle stelle.
Fortunatamente, l’estetica del gioco è sufficiente a farci spesso dimenticare della monotonia. I modelli low-poly e i colori vividi contribuiscono a creare un mondo affascinante e gradevole all’occhio. La grafica brilla decisamente, grazie alla grande cura che è stata posta nella creazione di The Falconeer. C’è qualcosa di innegabilmente magico nel vedere le nuvole diradarsi e osservare l’apparizione all’orizzonte di una base sotto attacco, con falconi e navi volanti che vorticano intorno agli edifici. Un occhiolino va fatto anche all’uso di luci e ombre per far risaltare bene gli elementi importanti, quali obiettivi o proiettili nemici, lasciando in secondo piano invece tutto ciò che non richiede l’attenzione del giocatore. Il comparto audio, sebbene non risalti tanto quanto l’estetica, è comunque un buon accompagnamento ad esplorazione e combattimenti – specie se ci concentriamo sugli effetti sonori, più suggestivi e immersivi anche della colonna sonora stessa.
In conclusione, The Falconeer è un buon titolo che splende più per la grafica e il senso artistico che per il gameplay. Quest’ultimo è solido e saprà accontentare chi è appassionato di scontri aerei, senza tuttavia offrire quel guizzo di originalità che avrebbe consentito all’opera di volare un po’ più in alto. Tomas Sala si è fatto valere con questo debutto su next-gen, e possiamo solo aspettarci il meglio dai suoi prossimi lavori. Tornando però sui nostri falconi da guerra, consigliamo vivamente di dargli un’occhiata. Se vi sentite attratti dalla bellezza del suo mondo acquatico o dal senso di libertà che si prova nel librarsi in aria, avete trovato pane per i vostri denti.