Amnesia Rebirth Recensione PS4 | Ormai l’horror è un genere che concerne vari media. Siamo partiti dai libri, con i classici racconti dei maestri del calibro di H. P. Lovecraft o E. A. Poe per poi passare ai cult del cinema con varie pellicole che negli anni hanno aperto le porte ai sottogeneri più disparati, sempre legati al mondo del terrore. E infine, con la nascita del mercato videoludico si è pensato bene di introdurre l’orrido anche nell’intricato sistema che concerne le meccaniche di gioco. Tramite un controller o una tastiera, che ci permettono di vivere in prima persona una storia horror, è certamente cambiato anche il feedback che si riceve da questo tipo di esperienze. Prima si usava la fantasia durante quello che, ai tempi, era l’unico passatempo possibile: la lettura. Poi si è passati ad una visione passiva grazie alle pellicole proiettate nei magici cinema. E adesso abbiamo la possibilità di immergerci ancora di più nelle storie di paura con i videogiochi. Non parlo solo delle esperienze tramite VR, quelle sono ancora in via di sviluppo e sicuramente in un prossimo futuro ci regaleranno veri incubi notturni. Ma per ora, pensiamo al presente e a quello che possono offrirci le case di sviluppo. Sicuramente, alcuni classici che ormai tutti hanno sulla punta della lingua quando si parla di videogame horror sono SOMA, Alien, Resident Evil, Silent Hill o… Amnesia. Ecco, per Amnesia servirebbe aprire una grossa parentesi su come questa saga sia riuscita, negli anni, a ritagliarsi una fetta di udienza sempre più ampia e, diciamo anche, affascinata o innamorata dei mostri che popolano queste realtà.
In questa sede, senza dilungarci troppo su come Frictional Games sia riuscita ad arrivare a questi livelli, tratteremo solo dell’ultimo suo progetto: Amesia Rebirth. Questo titolo, a differenza degli altri, ci invita ad addentrarci nei meandri del deserto algerino, tra allucinazioni dovute dalle alte temperature e apparizioni inspiegabili non sempre legate al nostro stato mentale. Sono mostri? Esistono realmente? O sono frutto della mia immaginazione?Credetemi, quando vi colpiranno riceverete tutte le risposte che vi stavate ponendo.
Ma partiamo immediatamente parlando un po’ della trama. Beh ecco, è complicato direi. Iniziamo dicendo che non è facile capirci qualcosa sin da subito. Le vostre prime ore di gioco, che siate dei neofiti o dei veterani del genere e della saga, potrebbero rivelarsi estenuanti e azzarderei dire estremamente struggenti. Non vogliamo farne una colpa ad Amnesia Rebirth. Anzi, forse è uno dei suoi punti di forza. Questa confusione non è dovuta all’assenza di tutorial esplicativi, ma dalla nostra stessa protagonista: Tasi Trianon. Lei è in viaggio insieme ad un gruppo di collaboratori, con suo marito Salim e un aereo che ben presto finisce col distruggersi contro la sabbia dopo neanche 5 minuti di cutscene. Inizialmente, puro sguardo soggettivo, mi ha ricordato parecchio Bioshock dove l’incidente con l’aeroplano è la prima cosa che accade. Ma potrei anche citarvi i più recenti The Forest o Outlast 2 e la sensazione non cambierebbe poi così tanto. Diciamo che l’idea di base è ormai classica negli horror, o in generale nei thriller, ma non è l’incipit che ci deve subito far gridare “questo l’ho già visto”, quindi procediamo…
Di primo acchito, Amnesia Rebirth potrebbe ricordare altri titoli… ma smetterete di compararlo ben presto, perché avrete altri problemi più gravi da cui fuggire.
Il problema della nostra cara Tasi è che, a differenza degli altri protagonisti di Amnesia, parla parecchio. Forse troppo. E come biasimarla? Anche io mi metterei a commentare tutto se fossi sola nel deserto e avessi problemi a capire quale realtà è la peggiore: se quella del mondo da cui provengo o quella dove vengo catapultata ogni 5 secondi senza il mio consenso. Non è un problema mentale, tranquilli. Non subito perlomeno. Ma la nostra povera Tasi non ricorda nulla prima degli eventi dell’aereo, e non ha battuto la testa. Ha solo qualche idea su dove andare e vari flashback, fin troppo presenti aggiungerei, che si fanno strada a gamba tesa durante il gameplay. Serve solo questo per farci capire lo stato mentale della donna che, almeno all’inizio, non sembra messo ancora troppo male. Ma i problemi con i ricordi della dottoressa sono sempre più presenti, man mano che si va avanti. Ed è da qui che dovremmo iniziare a domandarci qualcosina su di lei e non solo sui mostri che ci perseguitano. Personalmente ho trovato più disturbante Tasi rispetto ai vari jumpscare o esseri antropomorfi che sbucano fuori per spaventare. Non siete stufi dei cliches troppo usati? Ormai non fanno neanche più paura. Ma Tasi… oh, lei sì che ci riesce. E questo, a detta mia, è un ottimo punto su cui basare un horror.
Alcuni temevano che avere una protagonista che interagisse e commentasse qualsiasi cosa stesse accadendo su schermo, potesse smorzare troppo l’inquietudine che un gioco come Amnesia può trasmettere. Questo sarebbe stato vero se lei avesse detto cose sensate o troppo ridicole, ma… fa paura sentirla parlare. È un altro tipo di terrore che si insinua dentro di noi mentre cerchiamo di capirci qualcosa non solo con i vari puzzle da risolvere, ma anche con Tasi stessa. Lei non sta bene e, credetemi quando lo dico, dev’essere così. Se avessimo avuto un protagonista silenzioso sarebbe stato il classico Amnesia, ma qui Frictional Games ha tentato di offrirci un altro tipo di esperienza. Un’esperienza che fa della psicologia un gran punto di forza per incutere terrore. È un altro modo per creare un horror che, personalmente, ho apprezzato di più rispetto ai momenti in cui dovevo nascondermi dai mostri, ormai triti e ritriti.
Tasi è la protagonista, ma la sua connessione con noi giocatori viene alterata quando iniziamo a capire il suo stato mentale.
I mostri… ecco, parliamone. Amnesia fa della paura un vero e proprio elemento di gameplay da dover tenere sempre d’occhio. Se una stanza è troppo buia, la vostro protagonista comincerà ad avere paura. I vostri sensi ci metteranno un po’ per adattarsi e intanto sarete nel buio più totale. Ciò aumenterà il battito cardiaco di Tasi, e le sue paranoie le offuscheranno i pensieri. Inizierà a parlare da sola e a tremare sempre di più. In questo caso, se siete dei veri temerari, vi consiglio di giocare Amnesia Rebirth in casa, da soli, con le cuffie e senza alcuna luce a farvi compagnia. Questo perché il comparto sonoro, ancora una volta, funziona meglio di tutto il resto. E questo è un altro punto fondamentale che ogni horror dovrebbe sempre curare al massimo. I sussurri nell’ombra, le porte cigolanti, i passi o i rumori che provengono da un’altra stanza; sono tutti stratagemmi atti a perfezionare l’esperienza e per renderla più inquietante. Insomma, a meno che non siate molto impressionabili, in questo caso sareste dei masochisti a seguire il mio ultimo consiglio, è naturale cercare qualsiasi elemento che possa funzionare per far arrivare i brividi. Il gioco ci riesce? Sì, in parte sì.
Il gameplay segue la falsariga degli altri capitoli, aggiungendo solo più documenti di lore da dover trovare e la novità della protagonista “parlante”. Amnesia Rebirth si basa sempre sul fuggire e nascondersi dai mostri. Non c’è mai un livello di sfida troppo elevato, le scene più concise sono molto veloci e non garantiscono quel brivido in più che ci aspetteremmo. Inoltre, l’idea di implementare una seconda realtà parallela aggiunge sì un tocco di originalità rispetto agli altri capitoli della serie con alcune architetture che si rifanno ai classici dell’orrore; ma stona un po’ con tutto il resto. Forse sviluppare un titolo solo sullo stato mentale di una persona che vacilla tra illusione e realtà avrebbe aiutato a rendere Amnesia Rebirth più realistico e forse più pauroso data la vicinanza al nostro mondo.
In conclusione, Amnesia Rebirth ci è piaciuto a metà. Per certi versi può risultare davvero pauroso e quindi funzionare come titolo horror. D’altro canto però le meccaniche di gameplay non si aggiornano più di tanto e alcune perplessità sulla psicologia di Tasi la rendono un personaggio sì interessante, ma anche di facile lettura. Inoltre, a differenza degli altri capitoli, qui ci sono ancora più documenti da dover leggere e poche scene dove si sente davvero il fiato sul collo. Aggiungiamoci anche che la versione per PS4 risulta avere caricamenti lunghissimi, alcuni cali di frame fastidiosi o degli scatti improvvisi in alcune aree e l’inquietudine si trasforma in una risata o in frustrazione. Un vero peccato perché il titolo in sé avrebbe davvero potuto funzionare grazie anche ad un comparto artistico più che curato. Disegni dettagliati e con uno stile ben riuscito si sono legati perfettamente con i suoni e le melodie di Amnesia Rebirth, ma non possono salvare tutto il resto.