Google Plus è uno di quei servizi che si è insinuato nella nostra vita sin dal 2011 e che non è mai stato accolto con l’entusiasmo su cui puntavano i responsabili marketing di Google. Lanciato in pompa magna quale social network ambizioso che avrebbe soppiantato la consolidata posizione di Facebook, Google+ è stato sempre percepito come una prepotente imposizione tecnica atta a maneggiare dati personali, più che un modo per condividere con il mondo le proprie avventure estive. In quattro anni la ditta californiana non è riuscita a rivoluzionare l’immagine caricaturiale e negativa che ha afflitto la propria creatura e, anzi, pare che gli animi dell’utenza siano sempre più distaccati e infastiditi dall’esperienza, spingendo i piani alti a ricorrere a un pesante colpo di scure che dovrebbe amputare le aree necrotizzate del progetto.
“Everything is in the right place” (tutto è al posto giusto). Così si intitola il post ufficiale che annuncia la “dipartita” del servizio a cui oramai molti si erano rassegnati. I toni sono forse meno drammatici e provocatori, ma già da mesi Google stava vivisezionando quello che negli anni era divenuto un crocevia centrale nel mondo informatico. Bradley Horowitz, videpresidente delle foto e delle condivisioni di Google, si è trovato ad ammettere apertamente che “alcune delle scelte compiute, col senno di poi, devono essere riconsiderate”, svelando al contempo una imponente ristrutturazione di Google Plus che, di fatto, ne annichilisce la conformazione originaria. I servizi più utili e apprezzati sono stati infatti accuratamente separati dal pacchetto in modo da garantirgli una vita autonoma e, parallelamente, è stato introdotto Google+ Collections con l’intento di incentivare la condivisione di immagini tra i pochi iscritti ancora attivi (secondo Stone Temple Consulting sono 111 milioni contro gli 1,44 miliardi di Facebook).
Buona parte delle prestazioni rimarrà pertanto stabile grazie applicazioni e sistemi alternativi, non si noteranno grandi variazioni, eppure per accedere a molti siti (vedi YouTube) sarà sufficiente adoperare un più generico e anonimo account Google. Dividere la componente utility da quella sociale è certamente una strategia forte degna di una decisa extrema ratio, potrebbe decretare morte o resurrezione di Google Plus a seconda di come verrà accolta dal capriccioso popolo del web. Solo il tempo potrà svelare se l’azzardo porterà i degni risultati, ma gli avvoltoi che si stagliano sul nebuloso orizzonte lasciano presagire il peggio.