The Suicide of Rachel Foster Recensione PS4 | Ormai, il panorama videoludico delle realtà indipendenti è così ampio e variegato che è difficile capire fino a dove si può spingere un titolo indie e dove parte invece un gioco con qualche A di più. Abbiamo avuto esempi come Hellblade che, seppur sia un gioco breve, non possiamo dire che non abbia una cura dei dettagli, del gameplay e della storia in grado di farci interrogare sulla sua natura. Se affiancate da aziende di spessore, anche software house più piccole possono fare la differenza. Non serve nemmeno più cercare una grafica ottimale o iperrealistica con tanto di foto che si riversano in pixel per rendere ancora più curato un volto. Anche titoli con uno stile più cartoon, se all’interno possiedono dei fattori di spicco, possono arrivare al grande pubblico ed essere altamente apprezzati. Vedete, per esempio, Fall Guys o Going Under.
Ma, per generi un po’ più ricercati che vanno a toccare temi sensibili e difficili da trattare nella loro interezza, l’impresa diventa più ardua e si può cadere nel banale o nei cliché che, diciamocelo chiaramente, non piacciono a nessuno. E proprio con un clima del genere ed un pubblico altamente emotivo ma anche critico, arriva nelle case di tutti i videogiocatori anche l’ultima opera di ONE-O-ONE GAMES, ovvero The Suicide of Rachel Foster. Noi di VMAG lo abbiamo potuto provare per PC qualche mese fa e ora ecco a voi la nostra recensione della versione PS4. Una storia ricca di mistero, di segreti e di menzogne, tutta incentrata su un nome e un atto, proprio come ci viene anticipato dal titolo. Con un’ambientazione perfetta per un film horror e un comparto sonoro inquietante e suggestivo, questa casa di sviluppo italiana sarà riuscita a fare breccia nei nostri cuori? Scopriamolo subito!
Partiamo dal principio, ovvero dalla premessa iniziale che ha scatenato gli eventi che vivremo in prima persona. The Suicide of Rachel Foster racconta la storia di Nicole, la figlia di Leonard, proprietario di un importante hotel in mezzo alle montagne del Montana, nella contea di Lewis and Clark. Dieci anni prima, a causa di un evento traumatico dovuto proprio a un rapporto con Leonard, Rachel, una ragazza molto giovane, decise di porre fine alla propria vita. Ora, avendo perso entrambi i genitori, Nicole è rimasta l’unica ereditiera dell’hotel e decide di venderlo. Per farlo, seguendo le vie legali, deve andare a controllare la struttura dell’edificio prima di confermarne la vendita tramite agenzia. A causa di una tormenta di neve, però, la giovane donna si ritrova da sola senza l’avvocato con cui si doveva vedere per accordare il tutto. Con la sola possibilità di sentirsi con un membro della FEMA, per ricevere supporto emotivo, Nicole deve attendere che passi la tormenta prima di poter lasciare quel luogo che ha dipinto la sua infanzia con ricordi felici ma anche molto spiacevoli. In un posto desolato come questo, con una tempesta di neve al di fuori, potrebbe accadere di tutto. E proprio mentre lei è certa che manchi poco per andarsene cominciano ad accadere degli strani avvenimenti. Riuscirà a scoprire la verità dietro la storia di Rachel e a lasciare l’hotel e il passato alle spalle una volta per tutte?
Con un incipit del genere, The Suicide of Rachel Foster si mostra immediatamente come un titolo horror, drammatico e con dei temi anche molto pesanti da dover trattare. Infatti, per ragioni di questo tipo, delle volte capita che serie TV, film o anche proprio videogiochi sfruttino nel modo sbagliato o non propriamente al meglio un argomento come questo. Qui la situazione resta abbastanza complicata anzi, “contorta” potrebbe essere la parola giusta. Il messaggio che viene lanciato tramite i diversi finali e la piega che prende l’intera trama posso far storcere il naso a molti. Questo perché, per un titolo di questo tipo, forse sarebbe stato meglio restare più sul fattore mistero, senza svelare troppo e senza finire nella classica spiegazione paranormale per la conclusione. Quindi, a livello narrativo The Suicide of Rachel Foster si presenta come un ingarbuglio di idee e pensieri anche discordanti tra loro. Se a livello tecnico e registico ha delle chicche di cui poi parleremo, per quanto riguarda la stesura dei dialoghi e della storia, in generale è più faticoso apprezzarle e accettarle per come sono in realtà.
The Suicide of Rachel Foster è un titolo pesante, suggestivo e ricco di elementi coinvolgenti, ma…
Passiamo ora a parlare del comparto tecnico in generale, principalmente delle meccaniche di gioco e successivamente del livello artistico raggiunto da quest’opera. Perché ce ne saranno di cose da dire su quella parte. Ma per ora preferiamo descrivere nel dettaglio il gameplay, che risulta sia coinvolgente che tedioso a lungo andare. Abbiamo utilizzato questi due aggettivi così discordanti perché il paradosso che è The Suicide of Rachel Foster comprende entrambi questi estremi. Essendo un titolo dove la suspense regna sovrana per tutte le ore di gioco, ci saranno dei momenti di pura tensione che, proprio come un buon film del terrore, riescono ad essere ben bilanciati arrivando anche a toccare l’apice in alcune parti. Per quanto riguarda però ciò che possiamo realmente fare nell’hotel, saremo prettamente obbligati a camminare per tutto il tempo. Una specie di walking simulator con pezzi da brivido, soprattutto quando i cliché si fanno più sentire e quindi, per esempio, va via la luce nell’intera abitazione. Per tutta la durata del titolo dovremo dirigerci in diverse zone dell’hotel, che può sembrare un labirinto all’inizio ma che in realtà è molto semplice da ricordare. Per il resto non c’è molto altro da aggiungere. Non ci sono oggetti collezionabili, tranne che qualche conversazione facoltativa, e i documenti non possono essere letti, qualcosa che invece avremmo apprezzato davvero.
L’hotel è diviso in 4 piani, di cui uno sotterraneo. Essendo parecchio rovinato a causa della poca cura che ne aveva Leonard, il padre della protagonista, negli ultimi 10 anni questo posto è cambiato radicalmente diventando un vero e proprio fantasma vivente, con muri incrinati, assi di legno e pavimenti scricchiolanti, finestre rotte che sussurrano, luci a intermittenza e telefoni che suonano inspiegabilmente. Ogni stanza, scala e spazio in questo posto sembra essere vivo e sembra volerci attaccare da un momento all’altro. Per questo, come già detto, a livello di coinvolgimento The Suicide of Rachel Foster riesce a suscitare emozioni discordanti e un malessere generale che invoglia il giocatore a proseguire, ma anche ad avere paura di scoprire cosa si cela in quei freddi bui corridoi. Oltre all’ambiente, che a livello grafico risulta stupendo e decadente allo stesso tempo, anche l’orecchio viene sopraffatto dalla bellezza delle tracce musicali drammatiche e dai rumori assordanti e inquietanti dell’hotel. Tutto funziona alla perfezione per catturare il giocatore, ma allora dov’è il problema?
The Suicide of Rachel Foster funziona a livello artistico, ma non a livello narrativo.
Il problema arriva, oltre che tramite qualche crash improvviso e qualche pop-up di texture (che significano poco quando tutto il resto funziona), quando non c’è molto da fare a livello di gameplay e soprattutto quando i dialoghi e la narrazione iniziano a perdersi in un bicchiere d’acqua. Avremmo preferito di gran lunga se, per tutta la durata del gioco, Nicole non avesse parlato o almeno non lo avesse fatto con quel sarcasmo e quelle battute che non smorzano la tensione, la uccidono proprio. Queste conversazioni non riescono a lasciare molto nel giocatore e risultano fin troppo presenti anche in momenti in cui il silenzio sarebbe risultato un alleato più forte per contribuire al climax generale. Se si pensa poi che a livello di sfida non c’è nulla che possa invogliare i giocatori a permanere di più nell’hotel, l’intera struttura del titolo perde di importanza e cede sotto un comparto narrativo inefficace che, invece, sarebbe dovuto essere il cuore dell’opera.
In conclusione, abbiamo amato e odiato allo stesso tempo The Suicide of Rachel Foster, questo perché, se a livello artistico è un horror a tutti gli effetti, senza jumpscare, scene gore o esageratamente pompate, il vero problema risiede in una trama ed un messaggio che, a detta nostra, sono abbastanza difficili da capire. Difficili non perché siano spiegati frettolosamente, ma perché sembra che ad un certo punto il gioco stesso voglia cambiare strada e dare una spiegazione e finale più positivi di quanto invece non doveva. Quindi ci sentiamo comunque di fare un grande applauso a ONE-O-ONE GAMES per il coraggio e la voglia di mettersi in gioco nel mercato videoludico globale con un titolo del genere. Ci aspettiamo molto anche per le loro prossime opere e speriamo di avere la possibilità di provarle in futuro.