Going Under Recensione – L’epopea dello stagista sfruttato

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Going Under Recensione PC | Ci troviamo ora in una fase delicata dell’industria del videogioco: quel periodo che intercorre tra la fine della generazione attuale (simbolicamente chiusa dalla release di Ghost of Tsushima) e l’inizio della nuova, sancito dal lancio di PlayStation 5 e Xbox Series X questo novembre. Con i grandi publisher e sviluppatori fermi in attesa, è il momento perfetto per gli studi indipendenti di provare a emergere e catturare l’interesse dei giocatori che desiderano un modo per ingannare il tempo. Fall Guys è stato un chiarissimo esempio di quanto asserito finora, un vero e proprio fenomeno ludico che ha conquistato il pubblico di tutto il mondo. Coincidenza, quindi, che si sia puntato, in questi giorni, per la pubblicazione del primo gioco del piccolo ma agguerrito team di Aggro Crab? Forse sì, forse no. In ogni caso, Going Under è una più che piacevole sorpresa che spicca in questa fase di stallo. Un titolo divertente, leggero, colmo di amore e di passione, arricchito da un’ironia perfettamente in linea con il delicato panorama a cui i giovani si affacciano tutt’ora: quello del lavoro. Un roguelite, genere che personalmente adoro, che sfrutta dungeon e mostri come pretesto per scherzare (ma non troppo) sulle peripezie e le difficoltà degli stagisti, strappandoci molto più che una risata e contemporaneamente offrendoci ore e ore d’intrattenimento. Ma il tempo è denaro e gli impiegati senza contratto non si sfruttano da soli, quindi andiamo a scoprire quali soprusi ci attendono nella grande famiglia di Fizzle e Cubicle. Disponibile su PC, PlayStation 4, Xbox One e Nintendo Switch a partire dal 24 settembre, questo è Going Under.

Prima di analizzare il lato satirico e spiritoso di Going Under, a mio parere un capolavoro a sé stante, parliamo di ciò che maggiormente contraddistingue un roguelite. Il gameplay del titolo si mischia bene al suo obiettivo, dando vita a un frenetico action game in terza persona dove bisogna effettivamente sfruttare ogni singolo strumento a propria disposizione. Dopo esserci addentrati nei sotterranei della nostra azienda, infestati da startup fallite e impiegati dipendenti da caffeina, dobbiamo farci largo tra ondate di mostri utilizzando come armi ogni singolo oggetto che troviamo in giro, come tastiere, vasi, sedie, penne, scopettoni, picconi di diamante e le temibili pinzatrici. Ciascuno di questi possiede caratteristiche uniche, come moveset diversi, effetti secondari o attacchi particolari. Se pensate però di starvi addentrando in un ambiente tecnico e pieno di dettagli da memorizzare, non preoccupatevi: tutto si riduce a quanto forte colpiscono se scaraventati in testa ai nemici. Un peccato per gli appassionati di ottimizzazione e costruzioni di build, ma non per forza un dramma. Oltre a questo, è possibile schivare, interagire con determinati strumenti o attivare abilit- perdonate, app personalizzate del vostro cellulare.

Going Under
Il giusto modo di liquidare una risorsa.

Il sistema di combattimento e di esplorazione è studiato principalmente per generare caos e mettere alla prova le capacità di adattamento del giocatore. Il motivo per cui sono presenti così tante armi è che, in puro stile Breath of the Wild, bastano pochi colpi per romperle e renderle inutilizzabili. D’altronde, non pretenderete mica che una sedia di plastica rimanga integra dopo averla utilizzata per sfondare il cranio a una risorsa infruttuosa. Ci ritroviamo dunque a dover costantemente afferrare il primo oggetto che ci capita tra le mani, dare due legnate e poi riprendere a guardarci intorno. Sebbene ci siano ovviamente armamenti migliori di altri, nonché più resistenti o più potenti, ogni elemento della stanza ha un suo potenziale uso e lascia spazio alla creatività (e al talento) dei giocatori. Stesso discorso per le applicazioni, abilità consumabili, usa e getta, che appaiono casualmente. Possono essere avviate per ottenere dei bonus e poi vengono automaticamente scartate (abbiate pazienza, è ancora tutto in fase di collaudo).

 

C’è qualcosa di misteriosamente soddisfacente nel rompere vasi in testa ai propri colleghi.

 

Assieme però a questi strumenti, Going Under sfrutta un sistema di potenziamento del personaggio basato su due fattori: le skill passive e i mentori. Le prime si trovano su ogni piano dei dungeon e offrono diversi effetti, come più danni agli attacchi o una conveniente scarica elettrica ogni volta che si viene colpiti – e perché no, anche bombe quando si schiva. La morte equivale alla perdita di questi bonus e alla necessità di ricominciare l’intero dungeon da capo (come ogni buon roguelite), ma equipaggiare più volte la stessa abilità ci fa guadagnare la possibilità di sponsorizzarla, ovvero sbloccarla fin da subito nella successiva corsa. Approfondendo invece il rapporto con i nostri colleghi, facendo favori per loro e conversando frequentemente, possiamo sceglierli come mentore e avere accesso a potenti benefici – come la condivisione dell’account premium o lattine di bibita frizzante in omaggio. C’è una grande quantità di questi potenziamenti da ottenere e migliorare, facendo sì che ogni run nei dungeon, anche se fallimentare, rende le successive più facili e variegate.

Going Under
Ci sentiamo un po’ tutti così, il lunedì mattina.

In linea generale, ricapitolando, il gameplay di Going Under è strutturato per essere in costante e fluido cambiamento, senza decisioni giuste o sbagliate – solo, appunto, decisioni. I giocatori meno avvezzi possono così divertirsi ad afferrare ogni singolo oggetto e vedere quanto male fa ai mostri, mentre i veterani hanno la chance di studiare moveset ed effetti per costruire una build ottimizzata ed efficiente – sebbene non sia possibile realizzare nulla di eclatante. Diversi espedienti riescono a rendere poco frustrante anche la sconfitta, che normalmente è l’elemento più difficile da digerire ai non amanti della difficoltà. Perdere si tramuta in un miglioramento delle abilità, un incremento dell’affiatamento con i colleghi e soprattutto un avanzamento della storia, che procede in base al numero di partite iniziate e non richiede sempre una vittoria – tranne chiaramente in alcuni determinati momenti.

 

Non serve un contratto per farvi innamorare di Fizzle e del suo ambiente vivace e rumoroso.

 

Ulteriori pregi, che rendono Going Under una perla adatta a tutti, sono il comparto grafico e quello sonoro. Come si può evincere da immagini e trailer, il titolo di Aggro Crab presenta la stessa estetica buffa e cartoonesca che ha sancito il successo di opere come Fortnite e Fall Guys, uno stile di cui ci si può veramente innamorare. Qualcosa di così lontano dal realismo, a parte rinforzare la spiritosaggine del gioco, aiuta anche nel gameplay, in quanto gli elementi fondamentali come le armi e le abilità sono sempre ben visibili e sotto i riflettori, in contrasto con gli sfondi privi di distrazioni. C’è contemporaneamente un grande sforzo nel differenziare ogni singolo dungeon, che possiede una propria ambientazione ed elementi differenti da tutti gli altri, oltre che un’ottima varietà di nemici e strumenti. La colonna sonora, dal canto suo, si fa notare per melodie azzeccate e orecchiabili, un degno accompagnamento per le nostre avventure. Purtroppo, nessuna delle musiche grida “capolavoro” ma, d’altro canto, non ci si può affatto lamentare del risultato complessivo.

Going Under
Anche io, amico, anche io.

Come preannunciato, nonostante finora abbiamo parlato solo di gameplay, questo non è l’unica nota distintiva di Going Under. Ciò che fa veramente apprezzare il gioco e lo rende una vera perla dell’industria è il suo approccio spiritoso e satirico al mondo del lavoro. La trama ruota intorno a Jackie, una stagista che, grazie alla gigantesca rete distopica creata da Cubicle, viene assunta in un’azienda di bibite frizzanti. Il suo compito dovrebbe essere quello di occuparsi del marketing ma, come capita purtroppo tante volte oggigiorno, la sua posizione fa sì che chiunque, dal grande capo al suo responsabile, le assegnino ingrati compiti di pulizia di dungeon e uccisione di mostri – ovviamente pagandola in visibilità, perché se si vuole far carriera non si può pretendere di avere fin da subito dei diritti umani. Tramite dialoghi di un’ilarità sorprendente, nomenclature azzeccate e riferimenti all’attuale panorama del lavoro, Going Under riflette come molto spesso, stagisti e dipendenti siano visti come semplici risorse da spremere e scartare quando non servono più. Nascosta da battute e situazioni comiche che chiunque può facilmente identificare, vi è una rappresentazione sorprendentemente realistica e accurata dei lati peggiori dell’industria e una satira che mai risulta essere fuori luogo od offensiva nei confronti di chiunque. Un così geniale comparto narrativo, tanto scherzoso quanto canzonatorio, non può che essere lodato.

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