As Far As The Eye è il secondo titolo realizzato da Unexpected Studio. Il gioco è un ibrido di diversi generi che difficilmente si potrebbero accostare l’uno con l’altro: RPG, city-builder e rogue-like. La software house ha di certo voluto rischiare, credendo in un progetto sicuramente unico, ma l’impegno sarà bastato? Scopriamolo!
La storia di As Far As The Eye racconta le vicissitudini di piccole tribù composte da esserini chiamati Pupil, i quali si ritroveranno a dover affrontare un lungo e pericoloso viaggio alla ricerca della salvezza da un terribile cataclisma che rischia di distruggerli tutti. Il gioco è principalmente un city-builder a turni nel quale sarà di vitale importanza raccogliere risorse e costruire infrastrutture, ma proseguendo nell’avventura verranno fuori anche meccaniche tipiche degli RPG, come il potenziamento o sblocco delle abilità. L’esperienza potrebbe però essere definita come rogue-like, possedendo tutte le caratteristiche che definiscono il genere, ma rimanendo comunque diverso e ben distinguibile da altre produzioni dello stesso tipo. Il titolo si divide in due parti: la prima composta dalla campagna principale, che include il tutorial e illustra il contesto; la seconda è Play (gioco in italiano) la quale vi getta immediatamente nell’azione. Chi non segue la prima modalità avrà difficoltà anche solo a iniziare la partita, a causa della poca intuibilità delle meccaniche di gioco.
La mappa è composta da esagoni, ogni spostamento da una piattaforma all’altra consuma MP (punti movimento) e ciascuna di essere potrebbe contenere un tipo di risorsa. A ogni nuova partita la loro posizione cambia e non solo, infatti con l’avvicinarsi del cataclisma potrebbero piombare diverse catastrofi sulle nostre creaturine o sull’ambiente circostante, come ad esempio un fulmine che colpisce un albero mandando a fuoco una foresta, non permettendoci quindi di recuperarne il prezioso legname. Di vitale importanza è anche il dover prestare costantemente attenzione alla timeline posta nella parte inferiore dello schermo, che mostra il punto in cui si verifica l’inevitabile evento fatale. Per raccogliere le diverse risorse e nutrire il nostro popolo, bisogna mandare alcuni membri del clan in giro per la mappa ad accumulare materiali, utili a costruire diverse strutture ognuna con il proprio scopo. Ogni azione deve essere ben pensata: due Pupil non possono trovarsi nello stesso esagono e bisogna gestire i turni in modo da non perdere troppo tempo, magari creando una linea rifornimenti o simili.
Avanzando nell’avventura, ogni creaturina ha la possibilità di apprendere o potenziare diverse abilità, visibili attraverso una ruota dedicata. Ogni personaggio possiede una propria specializzazione, ad esempio un falegname è più propenso a raccogliere materiali all’interno di foresta rispetto adì un minatore. L’evoluzione dei vari membri del clan deve deciderla il giocatore, ma possono anche arrivare nuove reclute con un percorso evolutivo già avanzato, apparentemente intenzionati a unirsi a noi ma che potrebbero poi preferire un altro gruppo nel caso in cui non avessimo alloggi a sufficienza. All’interno della mappa sono presenti dei luoghi sacri, facilmente raggiungibili, che ci aiutano nello svolgere determinati compiti se abbiamo delle offerte. Anche il Caravan (centro nevralgico delle nostre attività) può essere migliorato offrendoci come premio notevoli potenziamenti. Ogni zona ha un obbiettivo che, una volta raggiunto, ci permette di passare alla mappa successiva. Possiamo tuttavia portare con noi solo una determinata quantità di risorse, da scegliere con attenzione. Il nostro clan è composto da membri di diverse tribù, ognuna con le proprie credenze, psicologia, vantaggi e svantaggi, costringendoci a fare molta attenzione a chi accogliere.
As Far As The Eye è un’avventura come poche altre, che miscela sapientemente diversi generi creando qualcosa di completamente nuovo.
La produzione, sotto il profilo meramente grafico, non fa gridare al miracolo: i modelli 3D non sono particolarmente dettagliati o definiti e le ambientazioni tendono ad assomigliarsi tutte l’una con l’altra, senza avere nulla che realmente le caratterizzi. Fortunatamente non si sono riscontrati cali di frame rate, bug e problemi di altro tipo, il che rende il titolo tecnicamente solido. La direzione artistica è accattivante e studiata, e i Pupil sono creature splendide e adorabili, gli alberi e la vegetazione in generale sono uno spettacolo, il tutto è purtroppo penalizzato dall’eccessiva monocromia delle zone. Le musiche e l’intera colonna sonora sono senza alcun dubbio la parte più riuscita: numerose tracce e ben diversificate riescono a trasmettere tranquillità e serenità, il che è abbastanza ironico vista la costante minaccia che i nostri personaggi si ritrovano a dover affrontare.
In definitiva il titolo si presenta al pubblico come un ibrido di più generi, i quali riescono magicamente a funzionare in modo più che armonioso: meccaniche RPG grazie alle quali si potranno personalizzare le proprie creature come meglio si crede; una serie scelte gestionali non opprimenti ma con cui bisogna prendere la mano; sistema di eventi casuali che rendono unica ogni partita, anche se alla lunga rischia di essere ripetitivo. Peccato che il tutto sia contornato da un’ambientazione poco ispirata, compensata dal design dei Pupil e dalla straordinaria soundtrack.
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