Ratched Recensione | Le infermiere. Angeli caritatevoli che accudiscono i pazienti fino al momento del loro rilascio o della loro dipartita. Donne con l’unico obiettivo di alleviare le sofferenze dei feriti. O forse no? In un periodo caldo come il 1947, con tutte le problematiche derivanti da una Seconda Guerra Mondiale appena conclusa, anche in America era difficile sopravvivere. Se da una parte erano morti giovani ragazzi che avevano risposto alla “chiamata”, dall’altra gli studi riguardanti la psiche umana si stavano pian piano evolvendo. Dottori che prestavano il proprio intelletto per innovazioni ancora non testate e inservienti che seguivano i pazienti durante i loro momenti più cupi e incomprensibili. Un continuo e procedurale studio sulla mente umana si stava espandendo in tutto il mondo. E, persino i criminali stavano iniziando a ricevere un trattamento differente per comprendere le loro azioni. Ratched, nuova serie tv di Netflix, diretta da Ryan Murphy, racconta proprio di questo. In uscita il 18 settembre sulla piattaforma globale, ripercorre la vita dell’infermiera di Qualcuno volò sul nido del cuculo, approfondendone e infittendone le trame prima degli eventi del libro e del film. Un tributo ad una donna forte e quasi inflessibile che qui viene approcciata e mostrata tramite un nuovo punto di vista. Noi di VMAG abbiamo avuto il piacere di guardare tutti gli 8 episodi in anteprima. E oggi è arrivato il momento di dirvi la nostra riguardo questo intrigante, tetro e misterioso show, prima del suo approdo in streaming.
Stratificata da una trama ingarbugliata, proprio come un gomitolo di lana, Ratched viene presentata immediatamente come una serie tv non adatta alle persone altamente sensibili. Composta da un susseguirsi di eventi inverosimili, al limite del bizzarro e del dark humor, riflette in maniera romanzata un periodo cupo della nostra storia. Ambientata in America, California, durante la fine degli anni ‘40, racconta le vicende antecedenti il libro Qualcuno volò sul nido del cuculo, di cui abbiamo una trasposizione cinematografica grazie al regista Miloš Forman. Incentrata sulla vita e sul passato di Mildred Ratched, inizialmente lo show tenta un approccio, ben calibrato, che mira all’equilibrio tra intrigo e menzogna, tra verità celate e segreti indescrivibili, alimentando il climax fino a raggiungere livelli davvero alti.
Ratched è inganno, verità celate e atti riprovevoli.
Seguendo, quindi, la storia dell’infermiera più odiata nella storia del cinema, vedremo ogni sua sfaccettatura che per i primi episodi tenta di nascondere anche a noi la sua vera natura. Bugiarda persino con sé stessa, questa donna riuscirà a insinuarsi in un fitto sistema e distruggerlo dall’interno per raggiungere il proprio obiettivo. Ovviamente, la visione necessita di una concentrazione costante che non può disperdersi nemmeno per qualche secondo, perché ogni scena richiede un’attenzione tale da diventare piacevole solo a lungo andare. Essendo composta da 8 episodi, Ratched è uno di quei titoli che va gustato proprio come un buon vino, a piccole dosi da quasi 1 ora ciascuna. Non ne abusate troppo, perché l’attesa viene sì ricompensata ma obbliga a dare molto, soprattutto durante la prima metà delle puntate. Il nostro suggerimento, quindi, è quello di mantenere l’interesse durante i momenti più lunghi ed elaborati, per poi apprezzarli in seguito. Questo compito, l’unico potremmo dire da dover adempire, non è una limitazione bensì il cuore stesso di Ratched, che va accolto e sentito battere.
Interpretata da un’ineguagliabile Sarah Paulson, Miss. Ratched viene presentata come una donna bella, intrigante e dall’incomprensibile espressione. Un lavoro magistrale che è stato portato a termine con successo dalla stessa attrice. A nostro parere impossibile da rimpiazzare. Il cast stesso è stato studiato minuziosamente per essere perfettamente in equilibrio con ogni ruolo e storyline presente. L’intreccio, infatti, non proviene unicamente dall’insieme di azioni e doppigiochi presenti in ogni frangente, ma anche dal background che ogni personaggio porta con sé. Ognuno è stato pensato per un momento cardine che riceverà prima o poi nel corso delle puntate, con il “giusto” trattamento. Un nostro consiglio è quello di non affezionarsi a nessuno, e di rimanere distaccati il più possibile dalle vicende trasmesse. Ma, vuoi per la scrittura della trama, vuoi per le doti attoriali, risulta davvero difficile non empatizzare con nessuno.
Impossibile non innamorarsi di Ratched, sia come donna che come show.
Essendo poi ambientato in una clinica per persone con disturbi mentali, Ratched fa dei vizi e dei difetti il suo cavallo di battaglia. Impossibile, quindi, non apprezzare persino la peggiore delle canaglie o non simpatizzare con chi è affetto da problemi psichici che, all’epoca, potevano comprendere anche solo l’orientamento sessuale o la depressione (chiamata allora melanconia). Il problema dietro questa umanità risalta anche a causa di ciò che viene mostrato. Sono infatti presenti scene davvero crude e al limite del possibile, con lobotomie in pubblico e omicidi a sangue freddo. Privilegiato poi da un generoso minutaggio, lo show inizia aprendo le porte a varie sottotrame che vanno poi a districarsi e ingigantirsi sempre di più. Il tutto controllato dall’occhio vigile e dalla bellissima mente di Mildred Ratched stessa: un’abile tessitrice, una donna capace di mentire persino a sé stessa pur di ricoprire il ruolo della perfetta infermiera.
Il sesso è donna. Con questa frase Ratched gioca sin dall’inizio e ne alimenta il potere riservandosi un migliore e più corposo cast, proprio per il genere femminile. Menti forti, audaci e intelligenti a cui vengono tarpate le ali a causa di una società ancora troppo chiusa e cieca, per certi versi. Una volta appurato il personaggio di Mildred Ratched, si passano in rassegna anche le altre donne dello show, con sempre un uomo davanti o sopra di loro a limitarle. Seppure questa scelta vada a risaltare quello che all’epoca, e anche oggi, è un sistema prettamente maschile, forse alcune frasi potevano essere accantonate per lasciare spazio a ciò che veniva mostrato, senza l’utilizzo di commenti forzati per marcare avvenimenti che già parlavano da sé. Altro fattore che si lega sempre alla frase detta in precedenza, la sessualità e l’orientamento risultano fondamentali in Ratched, sia per spiegare e sviscerare maggiormente la protagonista che per comprendere le azioni più importanti e meno studiate di altri personaggi. D’altronde l’amore può far compiere azioni azzardate. E anche qui, la regola resta ferrea.
Il sesso e la donna sono sempre al centro della scena in Ratched e mutano a seconda nel momento per diventare vittima o carnefice.
E, mentre si assiste a queste scene, sia violente che altamente sensuali, non si può far altro che domandarsi se posseggano un senso intrinseco. A nostro parere sì, ma nel giusto modo che muta man mano che si prosegue con la visione. Se inizialmente il sesso e la donna venivano mostrati più come una pesca da dover addentare, successivamente si cambia atteggiamento. La figura femminile viene accudita in modo diverso e non è più solo un’arma per le donne soggiogatrici o un oggetto per gli uomini sfruttatori; ma muta e si trasforma addolcendosi. Forse troppo. Infatti, a nostro avviso, questo addolcimento sul finale fa perdere un po’ quell’identità che aveva mostrato Ratched nei primi episodi e che ne dimostrava una maturità più ricercata e meno banale. Un vero e proprio peccato che, se da una parte ci permette di vedere entrambe le facce della medaglia, dall’altra ricorda amaramente che nessuno può essere indistruttibile.
Dopo Hollywood, sempre diretta dallo stesso regista, la ricostruzione del mondo di Ratched appare perfettamente in sintonia con il comparto artistico. Fotografia e scenografia si fondono per garantire un’immersione tale da restare affascinati per qualsiasi cosa venga mostrata. Auto d’epoca, motel origlianti, corridoi bianchi e asettici, ville d’oro, abiti lussuosi: tutto funziona per riportare la mente nel 1947. Dal più piccolo oggetto, come un tagliacarte, una radio, un registratore, fino ad arrivare a quadri, teatri, bar e interi appartamenti; non si avrà mai l’idea che qualcosa non sia proprio posto. Dalla ricerca della simmetria in alcune inquadrature all’interessamento della camera su un determinato soggetto, la minuziosità per i vari particolari sgorga da ogni scena, garantendo spettacoli visivi piuttosto ricercati. Ma anche l’orecchio vuole la sua parte, ed è proprio qui che entrano in scena le trombe, gli archi con arpeggi e pizzicato che donano un ritmo ancor più incalzante per i momenti leggeri e tetro o rumoroso in quelli più concisi.
Ratched è un intrico di colori ben studiato e con un proprio significato nascosto.
Anche in Ratched, ovviamente, i colori racchiudono un significato apparente e uno più profondo. Partendo dal verde più acceso, che rappresenta una visione distorta, un desiderio o una menzogna, fino ad arrivare al rosso sangue, perfetto accompagnatore dell’omicidio, del rimorso e dell’amore. Passando poi ad altri dettagli più delicati, ogni abito rappresenta un determinato momento, nell’episodio e nella trama stessa, che impone ulteriori quesiti. Con un giallo ocra che simboleggia il pericolo, un rosa più brillante quando si è raggiunto il proprio obiettivo, fin ad arrivare al classico camice azzurro per simboleggiare l’armonia e la carità espressa dalle infermiere e dall’ambiente ospedaliero stesso. I classici cappelli per le signore, gli abiti lunghi con i bottoni in pendant con scarpe col tacco e pochette, rappresentano stilisticamente il ceto sociale di appartenenza, ma anche il grado di attenzione da dover rivolgere al personaggio stesso.
Sfortunatamente, nonostante abbiamo apprezzato davvero molto Ratched, ci sono alcune cose da dover chiarire che, a nostro malincuore, ne hanno abbassato il valore complessivo. Prima di tutto possiamo pensare a questa serie tv come ad un film che va diviso in due parti principali. La prima, che chiameremo “Infiltrazione“, racchiude tutto l’intrigo, il mistero e le bugie che rappresentano appieno lo show e ne contraddistinguono le doti rispetto ad altri titoli simili. Premettendo che il genere di appartenenza rivela la drammaticità della storia raccontata, possiamo dire, senza troppi giri di parole, che Ratched ne racchiude e ne mostra il vero potenziale solo per i primi episodi. Proprio come accadeva in Hollywood infatti, il climax, la sensazione di terrore e la pesantezza dei temi trattati vengono pian piano meno e restano solo le loro sembianze.
Ratched è un buon vino che a fine calice viene allungato con dell’acqua, cambiandone il sapore.
Nella seconda parte, che potremmo definire come “Rammarico“, si nota maggiormente un ritmo più frenetico, composto solo da violenza e dialoghi meno complessi ma più umani. Ciò è dovuto forse dalla lunghezza della serie tv. Se avesse ricevuto un episodio in più o fosse stata tolta una parte della trama, quindi diminuendo le puntate, la storia si sarebbe forse “annacquata” di meno. Quindi, il nostro parere resta sempre lo stesso: Ratched è un buon vino che va gustato in tranquillità, ma che a fine calice viene allungato con dell’acqua, per proseguire un altro po’. Questo dettaglio, riguardante la scissione della serie tv in due parti, può essere visto in due modi: il primo ne giustifica la presenza tramite l’evoluzione dei personaggi e della storia; il secondo, invece, lo condanna a causa di un cambiamento, forse troppo repentino, di alcuni atteggiamenti.
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