Un deck control, nell’accezione comune del termine, in qualunque gioco di carte, è un mazzo che tende a preferire un puntuale controllo sulla board, sul campo, sul terreno di gioco. Un deck control deve avere le risposte per contrastare l’avversario sempre e comunque, bloccarne le strategie sul nascere, portarlo a sprecare le sue risorse più rapidamente di quanto noi impieghiamo le nostre. E alla fine trionfare, a volte per sfinimento, quando l’avversario non sa più che pesci pigliare. Hearthstone ha da sempre garantito una buona varietà di strategie a disposizione dei giocatori, che salvo particolari meta non hanno mai dovuto preferire per forza strategie più aggro (aggressive, dirette) a quelle control. Ma allora, complici effetti delle carte e potenza dei minion sempre più elevate, i control hanno cessato di esistere? O forse, hanno solo smesso di essere competitivi? Fatto sta che è lecito chiedersi, con la release dell’espansione Accademia di Scholomance: esistono ancora i deck control?
Il “nuovo” control
La risposta, ovvia, è che sì, esistono ancora i deck control. Solo che non sono più gli stessi e il concetto, almeno su Hearthstone, è leggermente cambiato. Certo, di classe in classe alcuni sopravvissuti dell’epoca d’oro ci sono ancora, su tutti il Mago, ostinato castratore di magie e freeze, incallito disturbatore di strategie. Ma che dire del Sacerdote, del Druido, dello Sciamano? Del Paladino e del Ladro, del Guerriero e dello Stregone, due delle classi che con i control ci hanno costruito una reputazione da difendere. Il modo in cui hanno deciso di controllare la Board non è più di magia in magia, ma piuttosto… di creatura in creatura. Di Buff in buff, di combo in combo, ogni classe ha avuto modo di controllare le partite e gli avversari semplicemente mettendo in campo giocate (e minion) alle quali gli aggro convenzionali non hanno risposte. O alle quali, se le avessero, seguirebbero altre giocate ancora più importanti, in una cascata inesorabile alla quale non si può porre argine.
Basti pensare all’eruzione di Discepoli evocati dal Sacerdote, che lento lento costruisce un muro di taunt 2 / 6 che se muoiono distruggono una delle nostre creature. E li buffano, li evocano, li sacrificano e li rendono quasi immortali, finché non ce la fai più, e il tasto “resa” ti chiama come il riposo dei giusti dopo una lunga, lunghissima giornata ti chiama il tuo letto. Ma no, non è il Sacerdote il maestro delle board affollate e spaventose. Quel titolo spetta al Druido. Le Guardiane Alate intargettabili con reborn che mette in campo una dopo l’altra, duplicandole, buffandole, le molteplici carte che pesca una dopo l’altra, un torrente di value, meglio se subito dopo aver messo con Ysera 9 portali nel deck, ognuno dei quali evoca un drago casuale sulla sua board. E quando pensi sia finita, la legge del più forte rende quella board un ammasso di 10, 12, 15 indistruttibile: un incubo.
E la coppia Guerriero / Stregone? Che fine ha fatto? Lo Stregone ha dismesso i panni da control poco dopo essersi accorto che sciamare con archetipi zoo era decisamente più redditizio. Anche perché il Galakrond dello stregone pare davvero essere stato inventato per dire a Gul’Dan “dai, ora basta, il cube warlock non esiste più in Standard”. Ma se vai in Wild la situazione peggiora, con evocazioni dal deck, dalla mano, dal cimitero, dal deck dell’avversario né da quello di tuo cugino in america (quello che ha già la PS5 per intenderci). Lasciamo perdere il wild: lì control e aggro semplicemente non esistono.
Il Guerriero, stratega silenzioso, si barrica ancora, in versione control, dietro quintali di armatura argentata. Ma è capitolato anche lui. Per vincere gli bastano un paio di combo con Grommash Malogrido giocato al momento giusto, copiato e ricopiato e ricopiato in un verde e arrabbiatissimo esercito di minion con 10 attacco e carica. “Sì ma ha ancora tante carte con danno AOE vero?” Mi chiedete. Certo che le ha. Ma non gli servono più.
Gli intramontabili
Gli ultimi baluardi della difesa del control sono gli infidi e sfuggenti Ladro e Mago. Mentre, infatti, lo Sciamano si diverte ad evocare un milione di totem con 0 attacco solo per buffarli in massa e scatenarvi contro l’ira dell’aggro, il Mago fa sue le conoscenze paludose delle streghe dell’Orda e si pavoneggia da dietro le sue magie con danno AOE, i suoi freeze, i suoi segreti, tutti votati al temporeggiamento. L’essenza di Jaina non si è fatta corrompere dalle facili lusinghe della stagione passata, tutta giganti, elementali, evocazioni. O meglio, si è fatta corrompere così tanto da venir costretta a ritrovare, oggi, la sua identità con lo Spell Mage, e adesso con l’OTK Mozaki. Quest’ultimo in particolare è il ritrovamento della quint’essenza control della classe mago, che temporeggia fin quando ogni tassello non si trova al suo giusto posto, e con i danni magici incrementali di Mozaki, leggendaria di Scholomance, pone fine al tormento dell’avversario.
Dall’ombra, intanto, il Ladro non ha mai smesso di studiare i suoi avversari, e oggi è un esperto di segreti e, più del cacciatore e del mago, ruba le carte altrui meglio del sacerdote, e cavalca il temibile Galakrond. Le sue strategie sono ancora le stesse di una volta, solo più raffinate. Per lui la parola Combo significa temibili effetti aggiuntivi, e i rantoli di morte importano solo quando sono quelli dell’avversario agonizzante. “Ne resterà uno solo” può gridare a gran voce, dato che i deck Highlander sono il suo pane quotidiano. E con Accademia di Scholomance guadagna carte come Passaggio Segreto, che gli fa pescare 5 carte dal mazzo che dureranno solo un turno nella mano. Sembra poca cosa, ma a costo 1… non lo è affatto.
Una nuova speranza
Infine, ci sono loro. Due classi strabilianti che non si sono mai davvero inquadrate nel control o nell’aggro, proponendo versioni efficaci per entrambi gli schieramenti, facendo pensare che sì, possiamo fare quello che vogliamo. “Sono come tu mi vuoi” sussurrava languido il Cacciatore di Demoni appena rilasciato insieme a Ceneri delle Terre Esterne. Una promessa da marinaio, dato che di nerf in nerf Blizzard ha tentato di inquadrarlo nell’archetipo più conveniente, quello che avrebbe garantito il massimo divertimento con il minimo sforzo a tutti,. E ora? Tutto quel che resta di una delle classi più divertenti, la nuova classe, la classe del futuro, è una macchietta sforna-demoni che può attaccare a ogni turno, bon, tutti a casa. Non abbastanza veloce da essere efficiente come face, non sufficientemente sciamante da poter sperare in uno zoo. E la versione control? Persa nel vento dei nerf, probabilmente per sempre. Accademia di Scholomance, infatti, non aiuta il povero dimenticato fratello di Malfurion. Che attende, ancora, di scoprire chi sia davvero.
Il Paladino, “so easily forgotten”, così spesso dimenticato, splendente nella sua armatura, possente dopo i buff delle carte di Ceneri delle terre Esterne prima, e di Accademia di Scholomance poi, sa quel che deve fare, ma non ha ancora il coraggio di provarci. Eppure un control Libram è pronto lì, sul suo comodino. Il ritorno del Paladino stratega, del valoroso generale che buffa un po’ qui, che riduce la salute là, che aspetta il momento giusto per urlare OTK. Eppure quel comodino è solo nella stanza del Paladino. Che ha preso residenza fissa nelle paludi dei Murloc, e non sembra, ancora, volerne uscire. E perché dovrebbe? L’aggro e la sua potenza sono così invitanti…
In conclusione: i mazzi aggro la fanno ancora da padrone. L’afflusso costante di nuovi player fa sì che ai livelli più bassi soprattutto, ma anche più in alto nella classifica, i deck aggressivi e veloci, facili da comprendere e privi di complesse strategie non manchino mai. E solo qualche temerario avventore della locanda spera di poter essere il prossimo che fa legend con un control. Senza usare il mago o il ladro, nossignore. Non smettete di sperare: il control non è morto. Sta solo dormendo. E quando si sveglierà, perché lo farà, non risparmierà nessuno.