Tannenberg Recensione PS4 | Il mondo dei videogiochi, in particolare degli sparatutto, ha fatto della guerra un tema portante interpretato da ogni titolo a suo modo e siamo onesti, a tratti scadendo nel banale. Ciò che però vediamo oggi, è un panorama di giochi che ha fatto dell’azione frenetica il suo punto di forza, allontanandosi notevolmente dal ritmo ben più ponderato dei reali conflitti bellici, per venire incontro alle richieste dell’utenza. E se decidessimo per un attimo di lasciarci alle spalle doppi salti, jetpack, quickscope e tutte quelle dinamiche action che mastichiamo quotidianamente ogni volta che entriamo in partita, il risultato quale sarebbe? M2H e Blackmill Games hanno già risposto a questa domanda nel 2015 con Verdun, portandoci sul fronte occidentale della Prima Guerra Mondiale, ma è sul fronte orientale che si ambienta Tannenberg, espansione standalone del primo gioco, in uscita su console dopo circa un anno da PC. Saranno riusciti a perfezionare il gameplay interessante, ma a tratti macchinoso che caratterizzava il primo capitolo? Indossate l’uniforme, imbracciate il fucile e preparatevi ad imponenti battaglie campali tra neve e fango.
Come suggerito dal nome, Tannenberg si ispira all’omonima battaglia del 1914, che ha dato il via allo scontro sul fronte orientale durante la Prima Guerra Mondiale. Gli schieramenti vedono da una parte le forze dell’Intesa e dall’altra le Potenze Centrali, con gli eserciti tedeschi e russi a fare da protagonisti, ma con l’aggiunta di alcuni personaggi minori come Romania, Lettonia e i plotoni austro-ungarici. Sebbene le tematiche possano rimandare alla mente Battlefield 1, il gameplay si caratterizza per un approccio controcorrente rispetto al genere, puntando su un estremo realismo in ogni gesto. Quindi, non aspettatevi momenti spettacolari o scenografici: ogni azione è quanto più simulativa possibile, dalla ricarica delle armi alla morte per un colpo singolo (due nei casi fortunati). Le modalità disponibili sono tre: Logoramento e Scontro con i Fucili si traducono rispettivamente in un deathmatch a squadre e in un deathmatch singolo, restituendo un feeling che trovereste in un qualsiasi altro sparatutto in prima persona, ma la vera chicca la troviamo nella modalità Manovra. Si tratta di un’enorme battaglia campale che vede impegnati 40 giocatori a contendersi dei punti di controllo sparsi per la mappa, ognuno dei quali fornirà un bonus alla squadra che ne entra in possesso, oltre a consumare i Punti Risorsa avversari nel caso una fazione ne possegga la maggior parte. La vittoria viene assegnata proprio se questi ultimi arrivano a zero, o nel caso una fazione riesca a fare breccia nel quartier generale nemico.
La comunicazione con il plotone è essenziale… ma se fosse composto da bot?
Non sempre questa affermazione risulta vera, ma al momento della scrittura di questa recensione (il che significa nei giorni di lancio del titolo), i server del gioco risultavano quasi deserti, con le due modalità Logoramento e Scontro con i Fucili totalmente prive di giocatori per la maggior parte della giornata. Quando ciò accade, il sistema assegna alle squadre una serie di bot per colmare i posti vuoti, ma la cui intelligenza artificiale è talmente carente da rendere alcuni momenti davvero frustranti. Tutto questo, unito all’azione pesantemente simulativa, potrebbero suscitare nel giocatore una sensazione di inutilità , trovandosi a vagare per la mappa per decine di minuti senza mai sparare un colpo o compiere altre azioni oltre la cattura dei punti di controllo. Qualora doveste incappare in una lobby piena però, le cose si faranno più interessanti. Ogni fazione avrà a disposizione determinati plotoni, ognuno composto da 4 giocatori che occuperanno altrettanti ruoli con le proprie caratteristiche. Passeremo dal Granatiere, unica “classe” in possesso di esplosivi, al Comandante in grado di attivare delle abilità a supporto dell’intera squadra, fino allo Scout da ricognizione dotato spesso di una pistola anziché di un fucile. Se è vero che la coordinazione tra i membri del plotone risulta cruciale per espugnare questa o l’altra trincea controllata dal nemico, nella pratica, le differenze tra queste pseudo-classi sono davvero minime, sostituendo un fucile con un altro dalle statistiche pressoché identiche, riuscendo difficilmente a creare la sinergia che sulla carta gli sviluppatori avevano ideato.
Dove il titolo veramente brilla è nel design dei campi di battaglia. Ognuno di essi è vasto, spettacolarmente dettagliato ed incredibilmente funzionale. È importante precisare che ogni sacco di sabbia, buco nel terreno o foro di un edificio, è utilizzabile in battaglia in maniera ottimale per fornirvi copertura o darvi una posizione di vantaggio tattico. Da questo punto di vista, Tannenberg regala delle ambientazioni che vi faranno sentire davvero su quel fronte orientale del 1914, comodamente seduti sul divano di casa vostra. Questi ampi spazi saranno non solo teatro di scontri a fuoco, ma spesso e volentieri anche ricolmi di gas tossico rilasciato dalla squadra avversaria tramite delle abilità specifiche, e che sarà possibile oltrepassare solo indossando l’apposita maschera. Nonostante i difetti elencati prima, con i giusti commilitoni (ancora meglio se un affiatato gruppo di amici) la modalità Manovra vi farà vivere un’esperienza strategica e immersiva che difficilmente troverete in altri sparatutto, giustificando da sola l’acquisto del gioco.
L’accuratezza storica di Tannenberg è davvero lodevole; dalle uniformi dell’Intesa e delle Potenze Centrali ricreate fedelmente nei minimi particolari, alle armi perfettamente riprodotte, non c’è che dire: l’opera di ricerca degli sviluppatori ha dato i suoi frutti, facendo brillare gli occhi agli appassionati di storia e mostrando un’immagine accurata dei campi di battaglia dell’epoca. Se il gameplay ha i suoi pregi e difetti, il comparto tecnico appare senza infamia e senza lode, da una grafica che non entusiasma ma non cala sotto gli standard, ad un sonoro apprezzabile ma privo di qualsivoglia memorabilità . Unica pecca visibile, l’interfaccia risulta spesso e volentieri poco snella e piena di descrizioni fin troppo prolisse, ma nulla che vada ad inficiare pesantemente l’esperienza generale. Nel complesso, M2H e Blackmill Games hanno confezionato un titolo con delle solide basi e con buoni passi avanti rispetto a Verdun, ma con ancora un po’ di strada da fare per poter esprimere al meglio il suo pieno potenziale.