Ai miei tempi, Terminator non era solo un film. Era un sogno, un’utopia, una visione distorta ed affascinante di un futuro post-apocalittico assolutamente credibile e, non per questo, meno terrorizzante. Arnold Schwarzenegger non era un semplice un attore sul set di un film, era una presenza mastodontica, inamovibile, capace di incutere un timore quasi reverenziale. Era IL Terminator. Anni dopo, più precisamente con l’uscita di T2: Judgement Day, il timore divenne adrenalina, con quello che ad oggi può essere considerato con tutta tranquillità come uno degli action movie più belli di sempre. Forse, una delle poche pellicole d’azione capaci di avvicinarsi realmente alla perfezione, considerato il maestoso lavoro di regia, effetti speciali (assolutamente avveniristici per l’epoca) e colonna sonora impeccabili. E ancora oggi, quel finale è da lacrime agli occhi.
Purtroppo, però, con gli anni la magia non si è più ripetuta: due sfortunati sequel e una serie TV non propriamente brillante (per non dire oscena) hanno confuso le idee negli occhi e nel cuore di tutti quei ragazzi cresciuti col mito del T-800, del giubbotto di pelle ed occhiali neri. Da li in poi, il buio. Sino ad oggi, giorno in cui Terminator torna nelle sale cinematografiche di tutto il mondo con un’operazione commerciale atta a rilanciare il brand non tradendo lo spirito originale. Una sorta di riavvio/sequel, atto a mescolare le carte in tavola e creare così un nuovo filone di successo. Questo, perlomeno nelle intenzioni. La trama del film, a tal proposito, è chiara: nel 2029 John Connor è ancora il capo della resistenza umana nella guerra contro le macchine. Una volta giunti al conflitto finale, Skynet si prepara a giocare la sua carta finale spedendo nel passato un Terminator con il compito di uccidere la madre di John prima del suo concepimento.
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Ancora oggi, il finale di Terminator 2 è da lacrime agli occhi
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In risposta, Connor manda a sua volta il suo fido luogotenente Kyle Reese indietro nel tempo per salvare la vita di sua madre e garantire così la propria esistenza e quella della razza umana. Qualcosa tuttavia va storto, e una volta tornato nel 1984 Kyle scopre che il passato originale è cambiato: un primo Terminator era già stato inviato indietro nel tempo per difendere Sarah Connor da bambina, crescendola ed addestrandola ad affrontare il suo destino. Come faranno ora i futuri leader della resistenza ad eliminare la minaccia di Skynet, ora che il futuro è improvvisamente divenuto un’incognita?
Detta così la storia dietro Terminator Genisys sembra quantomeno interessante, ma è il suo sviluppo a lasciare perplessi: oltre alla presenza di buchi di sceneggiatura atti a giustificare eventuali sequel, il film si divide in una prima parte che altri non è che un continuo copia-incolla di tutte le più celebri sequenze dei film originali, a cui si lega una seconda parte talmente ridonante nel proporre esplosioni, scazzottate e inseguimenti da risultare assolutamente inadeguata. E poi c’è Schwarzy: capisco che il rapporto uomo-macchina nella serie di James Cameron ha da spesso dato il via a siparietti ironici (basti pensare alle celebri sequenze che vedevano John Connor ragazzino interagire col T-800 a suon di “Hasta la Vista, baby”), ma qui rasentiamo il confine tra comicità involontaria e stupidità forzosa. Schwarzenegger è davvero diventato la parodia di se stesso? Assolutamente sì.
Terminator Genisys è un’opera di restyling di una serie che ormai sente oltre 30 anni di peso sulle spalle, ma è anche un modo edulcorato e poco ragionato di proporre alle nuove generazioni una saga culto come quella di Terminator. I fan irriducibili si sentiranno offesi nel vedere trattata con sufficienza un’icona di questa portata, mentre gli adolescenti di oggi non entreranno mai empaticamente in sintonia col Terminator-Arnold come accadde con le vecchie generazioni. Se questo è il futuro del cinema d’azione, quasi mi auguro che il Giorno del Giudizio non tardi ad arrivare.