Curon Recensione | Immaginatevi di ritrovarvi misteriosamente in un bosco. È notte. Tutto ciò che sentite sono delle campane che, dalla lontananza, scandiscono ancora di più la vostra solitudine. Siete alla ricerca di un vostro caro, svanito nel nulla da ore, rifugiatosi chissà dove a Curon, affascinante cittadina dell’Alto Adige. Ebbene, sarà proprio questo l’arduo compito dei due protagonisti della nuova serie italiana Netflix: i gemelli, Mauro (Federico Russo) e Daria (Margherita Morchio), dovranno indagare, in un primo momento, sull’incomprensibile scomparsa della madre. Questo evento però, li spingerà a fare delle importanti scoperte sulla loro famiglia e su tragici avvenimenti che hanno fatto la storia del posto. Chiamata come l’omonima località italiana, Curon sarà disponibile esclusivamente su Netflix a partire dal 10 giugno 2020. Scoprite con noi se ha saputo conquistarci appieno.
Diretto da Fabio Mollo e Lyda Patitucci, questo nuovo prodotto originale Netflix mira a valorizzare la cultura e i territori italiani. Ambientata nella suggestiva Curon, la serie cerca di farsi spazio attraverso la monotonia generale delle location che vengono usate di continuo. Infatti non ci ritroveremo, ancora una volta, tra banchi di scuola o in emblematiche città americane. Bensì, saremo in un paesino dalle mille leggende, che già da solo riesce a dare un tocco di personalità all’opera, rendendola unica. Inoltre, gli sceneggiatori sono riusciti a contestualizzare al meglio l’intera area, dando quel pizzico di mistero ed intrigo in più, utile a catturare gran parte dell’audience moderna. Non mancheranno di certo siparietti amorosi e importanti monologhi sull’evoluzione e il cambiamento, degni di un teen drama che si rispetti. Del resto però, una delle prime note dolenti che salta all’occhio è l’immancabile stereotipizzazione dell’intero contesto.
Curon si presenta originale e ad effetto, ma è realmente così?
Ed è proprio da questo importante fattore che vogliamo partire: Curon è il caposaldo delle stereotipo, sin dal primo frame dell’episodio pilota. Un trasferimento improvviso da una città all’altra, non va per nulla giù ad una coppia di fratelli adolescenti, fortemente contrariati di abbandonare le loro abitudine ed amicizie. Un po’ come le migliori commedie americane però, presto cambieranno idea, rimanendo colpiti dai nativi del posto. Scattano le prime scintille amorose e duri scontri nel cortile scolastico, per non dimenticare le classiche feste proibite a base di alcol e droghe. Il tutto accade durante la prima puntata. E nel trambusto generale, gli scrittori sono stati capaci di inserire nei dialoghi anche qualche citazione storica. Il che potrebbe anche stimolare lo spettatore a prestare una particolare attenzione alle conversazioni. Ma questa sensazione viene affossata subito dopo, a causa di una dialettica povera e scontata perfino per un gruppo di giovani.
Sebbene la trama risulti accattivante, presentando anche interessanti spunti di riflessione, si va a perdere inesorabilmente in un’infinità di lagune stilistiche e tecniche. Il metodo di regia utilizzato, affiancato da un cast giovane e immaturo, non riesce a mantenere testa al tipo di storia scelto. Sebbene ci siano personalità già avviate nel settore cinematografico, come Federico Russo (Mimmo de I Cesaroni, Don Matteo), la recitazione è povera di carisma e di identità, rasentando talvolta il trash televisivo. Il tutto viene amplificato dalla scelta delle tracce musicali, totalmente incoerenti con le sequenze che vengono mostrate a schermo. Non a caso, sarà la causa di molteplici momenti rovinati, che fino all’attimo prima erano riusciti a catturare la preziosa attenzione dello spettatore.
Il tutto si presenta inizialmente come confusionario e fuori luogo, ma la situazione è destinata a migliorare.
Sebbene all’inizio ci sia risultato davvero arduo resistere ai primi episodi, la situazione migliora con il cambio di regia. Infatti, la seconda parte della serie è diretta da Lyda Patitucci, che è riuscita a risollevare, in parte, Curon. Partendo dai dialoghi, fino ad arrivare alla fotografia, il contesto cambia e migliora a vista d’occhio. Per non parlare di una tentata ricercatezza di simmetrie e simbolismi. Simbolismi che, alla lunga, stancheranno e non poco, perdendo di significato. Per fortuna però, ci saranno diverse sottotrame che sapranno affascinare e non poco. Inoltre vedremo, fortunatamente, il tanto desiderato crollo di stereotipi, che erano stati utilizzai nella prima puntata per attirare diversi tipi di community. Dunque si è rivelato vitale questo cambio di regia? La nostra risposta è sì.
In definitiva, Curon riesce a dimostrare al meglio il coraggio di produzioni nostrane che puntano a cambiare le carte in tavola, con storie e ambientazioni diverse dal solito. Sebbene prenda profondamente spunto da opere straniere, perlopiù americane, lo stampo italiano c’è e si vede. Intrighi amorosi, storie al limite della realtà e colpi di scena inaspettati, sono gli assi nella manica del cinema nazionale. Sentiamo di consigliare questo prodotto ad un pubblico giovane, che senza troppe pretese ha voglia di passare un pomeriggio alternativo. Ci auguriamo che Netflix prenda come esempio Curon per riservarci altri progetti simili in futuro, ma che riescano a colpire davvero lo spettatore.