Assassin’s Creed Valhalla – Cosa ci piace e cosa ci spaventa

I vichinghi piacciono a tutti

Quando dalla particolarissima formula di reveal del prossimo Assassin’s Creed Valhalla è emerso che sì, finalmente anche la confraternita degli assassini si veste di pelliccia e corna, internet è letteralmente esploso. I vichinghi, del resto, piacciono davvero a tutti. Sarà per il mix culturale che li contraddistingue o per il loro folklore meraviglioso che ha regalato al mondo fantasy centinaia di leggendarie suggestioni. Gli avventurosi esploratori dell’ignoto, che si vocifera avessero scoperto l’America quando Colombo non era nemmeno nato, solleticano le fantasie di più categorie di giocatori insieme: amanti del fantasy, appunto, storici incalliti, adoratori di serie tv alla Game of Thrones, che della mitologia Nordica ha ben più di qualche accenno. Unito sotto al grido potente del protagonista nel finale dello strabiliante trailer cinematico, insomma, il mondo videoludico tutto si è inchinato e prega Odino, o chi per lui, che questa sia la volta buona per il “nuovo” Assassin’s Creed RPG. Perché, se è vero che la serie, dalla conclusione naturale della sua storia avvenuta ormai parecchio tempo fa, vive di alti e bassi (questi ultimi più frequenti) è anche vero che, recentemente, sono pochi i giochi a tema nordico che hanno fallito la loro missione.

Cosa ci è piaciuto?

 

Che il setting vichingo, quindi, sia stato di nostro gradimento non è una sorpresa. Sebbene sia presto per dirlo, la cura riposta nella caratterizzazione dei personaggi presentati durante la diretta su Twitch prima, e il trailer poi, sembrano rendere giustizia al popolo Vichingo. Che, come abbiamo già detto, ha vissuto una recente ribalta in vari titoli celebri dell’ultimo periodo. Su tutti, God of War è l’emblema della rinascita di un brand dalle ceneri più veemente che conosca, passato anche lui attraverso le fredde mani degli inverni norreni. Metti un’accetta vichinga in mano a qualcuno, e ti sembrerà istantaneamente più figo, garantito. Non importa il fisico, il livello di igiene personale o altro: Vichingo è bello. E se Kratos, pure in stile hipster, con la pelata e la barba incolta conservava un’innata forza interiore, motivo per cui il suo successo non sorprende, pensate a Thor di Avengers: Endgame. Superato lo shock iniziale, persino le più integre/integri (siamo all inclusive) hanno dovuto ammettere che in versione armata di ascia, treccine sulla barba e armatura, “Panzathor” non era male. Non era male affatto. Quindi sì, il setting vichingo è uno dei safe bet della generazione attuale, che nelle mani di Ubisoft, ormai esperta in ricreare ambientazioni dettagliatissime ed evocative, siamo sicuri non possa deludere.

Ma passiamo al gameplay. Dando per assodato che Valhalla non differirà troppo, Origin, in Egitto, ha dato il via alle meccaniche da RPG, abbozzando la falsariga su cui la serie avrebbe, da lì in avanti, tirato a campare. Odissey ha alzato la posta, giocato con il concetto di “variazione di genere” (in tutti i sensi), e ha ampliato il ventaglio di possibilità offerto ai giocatori. Tirando fuori dai magazzini Ubisoft meccaniche amatissime come le battaglie Navali, ad esempio; una formula di gioco, insomma, al di fuori delle dinamiche Action (che restavano però centrali).

Dai creatori di Black Flag, che ora sono all’opera su Valhalla se non lo sapeste, ci aspettiamo che la promessa fatta durante alcune interviste venga mantenuta a dovere. Ci riferiamo alle indiscrezioni che vorrebbero, in Assassin’s Creed Valhalla, un gioco nel gioco, che ci porterà a gestire il nostro villaggio vichingo in tutto e per tutto, in pieno stile Age of Empires et similia. Senza Black Flag, del resto, non avremmo avuto le suddette battaglie navali, che hanno fatto assurgere il titolo a uno dei più amati della serie. Una ventata di aria fresca nella contaminazione di generi che trova ormai nella saga Assassin’s Creed, nata come stealth quasi puro, un calderone ribollente di idee e contaminazioni. Per questo il gestionale ci sembra, al netto di un mondo di gioco abbastanza grande da sopportare i cambi di scala, un’idea vincente.

Infine, quando parliamo di setting, non intendiamo solo il mondo di gioco, manco a dirlo già annunciato come “il più grande di ogni Assassin’s Creed”. Ma anche la trama che in esso e di esso vive e respira, sembrerebbe, una nuova aria. Perduta la caratterizzazione dei personaggi “moderni vs antichi”, Assassin’s Creed è diventato una sorta di spin-off di sé stesso, prendendo il meglio delle sue meccaniche action e potenziandole al punto da farne il focus principale al posto dello stealth. Una scelta che se dapprima era apparsa coraggiosa, si è rivelata, due episodi dopo, fin troppo comoda. In special modo perché non c’è stata ancora una componente narrativa tale da valorizzare il cambio di genere a dovere. E si è notato, va detto, anche perché la direzione artistica di AC e Ubisoft si è distinta e si continua a distinguere per una qualità eccezionale.

In Valhalla, Ubisoft ha scelto di raccontare di una guerra inedita per il mondo videoludico: quella tra Vichinghi e Inghilterra. Un’Inghilterra medievale, beninteso, non aspettatevi “steampunkerie” varie, perché non ne troverete. Proseguendo sulla striscia delle citazioni nobili (nemmeno troppo in realtà in questo caso) il trailer strizzava l’occhio con forza a For Honor, è evidente. Ma non solo. L’espressività e la caratterizzazione di base che abbiamo dedotto del protagonista ne ha istantaneamente fatto un personaggio da tenere d’occhio, specialmente nella sua versione maschile. Quella femminile… ci sarebbe di cui parlare, soprattutto per le scelte fatte in fase di design. Ma è davvero così difficile per Ubisoft fare un personaggio femminile forte e al contempo aggraziato? O quantomeno, seguendo la falsariga del genere RPG, consentire di gestire i parametri base del nostro PG, per ottenere una fisicità rispondente ai gusti di ognuno? Staremo a vedere.

Assassin's Creed Valhalla

Cosa ci spaventa?

 

Anzitutto, ci spaventa la next-gen. Lo strapotere tecnico apparentemente illimitato fornito agli sviluppatori dalle nuovissime console di fine 2020, potrà diventare facilmente un’arma a doppio taglio per le prime release. Sapete, quelle che escono sia su old che su next gen. I rischi, principalmente, sono due. Il primo è che le versioni per console “datate” vengano trascurate in favore delle nuove, costringendo al salto generazionale con il meccanismo classico dell’obsolescenza programmata. Il secondo rischio, più subdolo, è che nella smania di ottenere uno strabuzzamento oculare quanto più pronunciato possibile nei fruitori del gioco, si mettano da parte le meccaniche di gameplay. Riproponendo, riciclando ancora una volta gli stessi errori e facilonerie che hanno impedito a Origin e Odissey di essere veri e indiscussi capolavori alla Breath of the Wild.

Ma probabilmente il nostro timore più grande è che Assassin’s Creed Valhalla possa diventare la classica goccia che fa traboccare il vaso vichingo. Un mero sfruttatore della popolarità dei guerrieri del nord, che inserisca a forza fra i loro armamenti e nella loro storia centenaria tasselli estranei come la marmellata sulla cacio e pepe, o le lame celate nel polsino di pelliccia di un ferale combattente accetta-dotato. Per quanto, infatti, scenografica sia la scena in cui la lama celata risolleva le sorti di uno scontro apparentemente già finito, a chi fosse leggermente più smaliziato il contesto generale potrebbe essere apparso un attimino estraneo ai canoni tipici del vichingo medio.

In ultimo, consentiteci di essere un po’ “average player” e di affermare senza timore che ci spaventano i downgrade grafici a cui Ubisoft ci ha abituati nel corso degli anni. Perché se, come abbiamo già specificato, uno dei punti di forza degli ultimi AC e degli ultimi titoli della casa è senza alcun dubbio il colpo d’occhio e la cura tecnico-grafica, è pur vero che tale colpo d’occhio è stato SEMPRE ottenuto attraverso fortissime limature della build iniziale mostrata nei primi trailer gameplay. Ora, con Assassin’s Creed Valhalla non abbiamo di che lamentarci, visto che non ci hanno mostrato altro se non filmati prerenderizzati (di ottima fattura). Ma ehi, Vichingo avvisato, mezzo salvato.

Noterete che, almeno per il momento, il paragrafo dedicato a ciò che ci fa paura in vista della release è meno lungo di quello che esprime le potenzialità del nuovissimo Assassin’s Creed Valhalla. Ma lo abbiamo detto in apertura: i vichinghi piacciono a tutti. Almeno per ora. Ci teniamo a specificare, infine, di aver inserito nella lista di “cose che ci piacciono/che non ci piacciono solo le più rilevanti, e quelle su cui avevamo più elementi (frutto di dichiarazioni dirette o di esperienza pregressa) a sostegno. Avrebbe meritato una menzione in parte positiva e in parte negativa il confermato sistema di multiplayer, ad esempio. Ma abbiamo ritenuto fosse troppo presto per citarlo dall’una o dall’altra parte della barricata. Dalla Bucket List dei giocatori di Assassin’s Creed, comunque, possiamo ufficialmente depennare l’ambientazione norrena, e in buona misura anche quella “Romana”, visto che avremo probabilmente a che fare con un’Inghilterra immersa nel Sacro Romano Impero, o giù di lì. Mancano ancora solo il Giappone feudale, e il futuro lontanissimo con le lame celate laser. E poi siamo a posto. Almeno, fino al prossimo periodo storico di tendenza, è ovvio.