Predator: Hunting Grounds Recensione PS4 | Predator, sicuramente uno dei franchise più famosi in assoluto nella nostra cultura, soprattutto quella del cinema. Il film, infatti, ha ricevuto nel corso degli anni diversi seguiti, spin-off e collaborazioni con brand altrettanto famosi, come Alien. Ciò che sappiamo, inoltre, è anche la sfortunata combinazione che videogiochi e film hanno nel loro passato, molto probabilmente dovuto alla loro natura d’intrattenimento troppo differente, oppure, semplicemente, non si è mai avuta un’idea dirompente. Anche in questo caso, malauguratamente, ci siamo ritrovati difronte a quella creazione che è Predator: Hunting Grounds, titolo esclusivamente multiplayer, disponibile per PS4 e PC, il quale ci permette di affrontare missioni nei panni del fireteam o del predatore stesso. Non c’è una storia, o meglio, ogni missione è a sé e non ha una vera e propria trama, se non a fini di gameplay. In questa recensione, noi di VMAG abbiamo avuto la possibilità di giocare al titolo sviluppato da IllFonic, autori di Friday the 13th: The Game.
Erano anni che non uscivano giochi di pessimo gusto basati su film di successo, dopo i grandissimi episodi della serie di Batman Arkham e Marvel’s Spider-Man, ormai il pubblico si era abituato a produzioni di alto livello che derivavano da frutti dell’industria cinematografica. Eppure, gli ideatori di Predator: Hunting Grounds hanno deciso di spezzare questa catena di successi con il debutto della loro creazione. Ma cos’è che è andato storto? Assolutamente tutto. Partendo dal fatto che, molto probabilmente questa è un’opera incompleta, ma non nel senso che manchi qualcosa, semplicemente non è stato fatto un lavoro di riparazione, soprattutto dopo i feedback della beta. Iniziando dal tutorial, le voci dei nostri nemici sono inaudibili, però sono in realtà presenti. Su circa dieci voice lines, abbiamo avuto l’onore di poterne ascoltare solo due, uguali. In uno stealth è essenziale capire da dove arrivino i rumori, altrimenti non potremo mai sapere come agire di conseguenza, mantenendo le distanze.
Bug a parte, la versione console presenta una resa grafica nettamente inferiore a ciò che è stato pubblicato nei trailer ufficiali. Siamo piuttosto certi che il video render è sull’80%, ciò vuol dire che l’immagine viene presentata sgranata e poco chiara. Vabbè dai, almeno non avremo cali di frame, e invece, ci sono anche quelli. Creato con Unreal Engine 4, per cui anche un software piuttosto datato, ma che mostra ancora le sue potenzialità (es: Valorant), non capiamo come sia possibile andare al di sotto dei 30 FPS, quando in uno shooter è essenziale disporre di un’azione fluida. Lo stesso shooting ha numerosi problemi: non importa il tipo di arma che utilizzerete, non esiste il rinculo. Inoltre, l’intelligenza artificiale lascia il tempo che trova, per cui è molto semplice andare a media distanza con un fucile a pompa e terminare i bot con un singolo colpo. Perché si sa, gli shotgun sono famosi per infliggere ingenti danni a media distanza.
Come abbiamo già anticipato nell’introduzione, potremo giocare sia come membro del fireteam, ossia dei soldati di cui non ci è dato sapere cosa facciano e a quale organizzazione appartengano, ma crediamo che compiano quotidianamente azioni diversamente legali. Oppure il Predator. Peccato, però, che trovare una partita da cacciatore sia quasi impossibile, infatti, al day one, abbiamo dovuto aspettare la bellezza di circa sei minuti per delle missioni che in media ne durano altrettanto. Ogni fazione è personalizzabile esteticamente, grazie a crediti che richiederanno acquisti in-game e all’equipaggiamento, salendo di livello. Ora, non apprezziamo particolarmente l’idea di dover aspettare per avere tutte le armi a disposizione, tantomeno il sistema di lootbox e crediti acquistabili con denaro. Questo perché, con un gameplay del genere, l’intelletto ed il gioco di squadra dovrebbero farla da padrone, e non invece ciò che si utilizza. Ma capiamo la scelta di design, dato che non ci sono ranked. In ogni caso, giocare da soldato è una spina nel fianco poiché il predatore, oltre ad essere un poco più divertente, è anche molto più forte. Ragion per cui, la maggior parte delle partite termina con la sconfitta di quasi tutto il team di guerrieri con uno che “se l’è data a gambe” (facendoci però vincere) oppure con la sconfitta dell’intero party.
L’ambientazione è accattivante e godibile, tuttavia, è la stessa per ogni missione, o quantomeno estremamente simile. Il fogliame la fa da padrone, fin troppo. La vegetazione sarà solamente un punto a favore dell’alieno, mentre i soldati, ancora una volta, sono danneggiati a causa della scarsa visibilità per le proprie armi. Non vogliamo, inoltre, considerare l’effetto di scarsa visibilità dato dalla mappa e la scarsa ottimizzazione in combo con l’abilità che rende il cacciatore invisibile, altrimenti potremmo incappare in flashback indesiderati. La grande verticalità offerta, però, è probabilmente l’unica lancia a favore che può essere spezzata per l’opera. Questa scelta di game design, oltre a farci muovere nelle più svariate maniere come Predator, aumenta ulteriormente la difficoltà del fireteam, che dovrà guardarsi le spalle e anche il cielo. Per cui, nemmeno a farlo apposta, ecco un altro punto a sfavore per i commilitoni.
Non dobbiamo aggiungere altro per farvi capire quanto ogni opzione offertaci dall’opera sia a favore del giocatore singolo. Ricordiamo anche che Predator: Hunting Grounds dovrebbe essere uno stealth. Non abbiamo fatto una partita in cui la tattica e la furtività siano servite, nel caso in cui siate nel gruppo di cinque persone. Se ci provate, vi ritroverete tagliati a fette dal vostro inseguitore, nettamente più agile e veloce di voi. Per cui ogni obiettivo proposto nelle missioni è un “corri e spara” che dura all’incirca cinque minuti. Già, considerando anche le parti secondarie, una partita non dura più di dieci minuti. Infatti, ci sarà un timer che si trasformerà in un game-over al suo zero. Il numero di nemici controllati dall’IA è ridotto all’osso e anche la loro intelligenza stessa è alquanto discutibile. L’abbiamo già anticipato prima, ma nello specifico, il target primario dei bot sono i soldati, ciò è causato dal fatto che il non umano è sempre nascosto e, grazie alle sue abilità furtive, riesce sempre a scamparsela. Infine, vorremmo fare un plauso per chi gioca ancora nei panni del fireteam: non è da tutti continuare questa ardua impresa e fronteggiare un assassino proveniente da un altro pianeta, altri soldati e, da non sottovalutare, i vostri alleati che riusciranno sempre a sorprendervi, in un modo o nell’altro.
Noi di VMAG, sfortunatamente, non abbiamo particolarmente gradito Predator: Hunting Grounds, a causa di suoi problemi di natura tecnica, grafica e di game design. Oltre al sistema di lootbox e acquisto di crediti in-game, che stonano molto e ci danno l’idea di essere davanti ad un prodotto, e non ad un videogioco. Se siete fan del franchise, crediamo che potrete apprezzare le vostre partite nella fazione dei predatori, unico pregio del gioco. La vasta verticalità e skill che vengono messe a vostra disposizione, sicuramente potranno farvi gola. Per tutti gli altri, invece, lasciamo a voi l’ardua sentenza.