Ted 2: la recensione di VMAG

Ted รจ un orso di peluche e ha visto giorni migliori. Lo avevamo lasciato spassarsela insieme al suo โ€œthunder buddyโ€ John (Mark Whalberg) tra festini, alcol, droga e scherzi idioti.ย Mentre John ora รจ scapolo, Ted convola a nozze con Tami-Lynn, la bionda esplosiva e volgarottaย di cui si รจ innamorato nel primo film. Ma le liti continue cominciano aย ledere la serenitร  coniugale, cosรฌ la coppia decide di avere un figlio per salvare il matrimonio. Leย loro speranze vengono perรฒ schiacciate quando il Commonwealth del Massachusetts dichiara cheย Ted non รจ un essere umano, ma un bene, e quindi la sua domanda di adozione viene respinta.ย Inoltre, viene licenziato e informato che il suo matrimonio รจ stato annullato.ย Decide quindi di citare in giudizio lo Stato per far valere i suoiย diritti e dimostrare di non essere un giocattolo. Il caso รจ affidato a un giovane avvocato appassionatoย dโ€™erba di nome Samantha L. Jackson (Amanda Seyfried). Quando Ted perde la suaย causa, i tre decidono di avventurarsi in un viaggio a New York nellโ€™ultimo disperato tentativo diย convincere il leggendario avvocato per i diritti civili Patrick Meighan (Morgan Freeman) aย difenderlo in appello.

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Nel cinema ci sono modi piรน o meno facili e piรน o meno intelligenti di far leva sullโ€™ironia umana.ย Per esempio, uno รจ essere Seth Rogen. Un altro รจ essere Seth MacFarlane. Insomma, se sei un regista e ti chiami Seth stai a cavallo. Fare un film in cui il fratello indegno di Winnie the Pooh incontra Clerks e I Griffin, perรฒ, puรฒ aiutare.
Ora, se siete dei bacchettoni puritani anti-liberal o se avete superato i quaranta, รจ altamente probabile che, se per sbaglio avete visto Ted,ย non vedrete Ted 2, oย che non lo capirete. Almeno non fino in fondo.
Questo perchรฉ siamo davanti a un prodotto della moderna televisione, postmoderna potremmo dire, un film che trova sicuri progenitori negli show animati “per grandi” per sovrabbondanza di situazioni paradossali e dialoghi fitti di uno humour nero e dissacrante. Ma, ovviamente, anche perchรฉ cโ€™รจ tantissima marijuana.

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MacFarlane non ha solo il merito di aver dato agli spettatori quello che mai sapevano di volere: un teddybear compagno di sbronze, scostumato, nerd e fattone, pronto ad assecondare ogni stupidaggine. Il padre deiย Griffin, American Dad et similia scrive, dirige e interpreta (cโ€™รจ lui dietro al doppiaggio di Ted) gag note come se fossero nuove, ravvivando sia la tradizione piรน ovvia della slapstick comedy, che quella piรน moderna da lui perfezionata, fondata sul gioco di rimandi con la cultura pop, le abitudine giovanilistiche e le celebrities.
Privo della forza sentimentale e metaforica del primo film, a Ted 2 non interessa portare ancora avanti il discorso sulla sindrome di Peter Pan, ma preferisce virare sul terreno del surreale puro, per cercare le sole risate dello spettatore, molto lieto di fare un giro nellโ€™enorme megastore dellโ€™immaginario contemporaneo in cui sguazza benissimo.
Accanto a un cast principale che funziona e si incastra alla perfezione, molti dei personaggi compaiono per non ritornare mai piรน, ma la loro presenza fa parte del progetto macfarlaniano di far breccia nel cuore di tutti. Ne รจ la prova il cameo di John Slattery, il Roger Sterling di Mad Men, la cui apparizione ha fatto uscire di testa la sottoscritta, per esempio. Molto in stile Griffin, invece, il cameo di Liam Neeson al supermercato, ossessionato che la scatola dei cereali Trix sia solo per bambini, e la scena, ironicissima, in cui Ted in versione Paddington Bear e John entrano nella camera da letto del quarterback dei Patriots Tom Brady per rubare il suo sperma.

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Ancor prima della battaglia per i diritti civili e dei valori come la perseveranza e lโ€™amicizia, ci sono Instagram, Facebook, le sorelle Kardashian, i mega minipony, i talk show americani con il loro fare opinionista e parodistico. C’รจ Jurassic Park e c’รจ 50 sfumature di grigio. Il tutto, sapientemente dosato e mescolato, fa gridare alla genialata.
Non mancano le battute al vetriolo, che non risparmiano nessuno, nemmeno Robin Williams, lโ€™11 settembre e Charlie Hebdo (qui troviamo la prima battuta del cinema sulla strage), e che fannoย comicitร  proprio sullโ€™intoccabilitร  di certi argomenti. Ci si potrebbe indignare, ma il livello di perfezionismo stilistico e il glamour dei personaggi rendono queste battute piรน che accettabili.

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Artefatto culturale tutto americano, รจ indubbioย che sia il primo che il secondo Ted siano le opere moderne che meglio mostrano, criticano e raccontano spirito, idiozia e sogni del target ad oggi prediletto dallโ€™industria mediatica. Pronti a masturbare un eroe del football, e infastiditi davanti aย chi non distingue Star Wars da Star Trek o non ha visto Il Signore degli Anelli, John e Ted sono lโ€™evoluzione naturale dei Clerks di Kevin Smith. Mentre negli anni novanta gli indolenti commessi in bianco e nero spianavano il terreno a questo genere raccontando la realtร  con dialoghi destinati a divenire memorabili, i due improbabili amici fattoni di MacFarlane santificano quel tipo di cultura e di atteggiamento demenziale verso la vita, mettendo in scena non solo il proprio pubblico, ma soprattutto il simulacro di esso che gli studios hollywoodiani hanno in testa: quello che alla fine raggiungono e a cui si congiungono al Comic-Con, microcosmoย di personaggi e storie che sono patrimonio condiviso e tradizione “temporanea” per milioni di persone.

Quella di Ted รจ una favola moderna che, carambolando fra piccoli drammi e inconvenienti, tra alti e (pochi) bassi, giunge al lieto fine senza diventare mai patetica nรฉ pedante. Facendo dellโ€™idiozia buonista e del nonsense lโ€™artificio in cui si specchia e si vede stravolta una modernitร  delirante, piena di assurditร  e contraddizioni. Una modernitร  di cui, comunque vada, la commedia avrร  sempre bisogno.

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